Se fosse possibile effettuare una classifica degli elementi di cui è composta Catania che rendono particolarmente orgogliosi i suoi cittadini, certamente, un posto d’onore sarebbe riservato all’Etna e alle sue colate laviche. Non è un mistero che pochissime città nel Mondo possano godere di una tale ricchezza: la commistione tra il mare e il vulcano è qualcosa di davvero affasciante e i catanesi sono pronti a ricordarlo a chiunque, parlando della propria città. Tuttavia, ai giorni nostri, la valorizzazione di questo patrimonio si muove entro confini ben definiti. I blocchi di pietra nera sono al massimo utilizzati, laddove possibile, per creare manufatti che vengono venduti nella maggior parte dei negozi di souvenir. Tutto il resto si ammira così com’è. Eppure, nel ‘700 un ricco e nobile signore catanese sfidò la cultura dell’epoca per creare qualcosa di mai visto: una villa monumentale, i cui elementi architettonici erano costituiti proprio da blocchi di pietra lavica. Stiamo parlando della Villa Scabrosa.
IL PRINCIPE DI BISCARI. Il periodo storico di maggior rilancio culturale della città di Catania è, a pieno titolo, il XVIII Secolo. Autore di questa grande rinascita fu un nobile che fece dell’arte e del buon gusto gli elementi chiave della sua biografia. Si tratta di Ignazio Paternò Castello, V Principe di Biscari. Lo si può definire un “archeologo” e tale effettivamente fu, se si considera che la maggior parte dei monumenti che ancora oggi ammiriamo, come l’anfiteatro romano di Piazza Stesicoro, furono riscoperti grazie alla sua opera. L’amore per la sua città spinse il principe, intorno al 1754, a valorizzare un’area del capoluogo etneo, situata al di là del Castello Ursino, vicino al mare, che era stata completamente devasta dall’imponente colata lavica del 1669. Fece realizzare prima una strada pubblica, e successivamente, acquistato il terreno circostante e richiesti i relativi permessi all’amministrazione comunale, fece avviare la costruzione di una villa che, come riportano i cronisti dell’epoca, avrebbe avuto la funzione di “rinnovare le antiche delizie de’ Catanesi”.
OASI NEL DESERTO. Villa Scabrosa era il risultato di un’idea davvero unica nel suo genere. Il complesso era, infatti, costituito dall’insieme delle rocce laviche presenti sul territorio che il principe decise di mantenere vista la particolarità delle forme. All’interno di quest’area furono poi impiantati svariati alberi e, dopo aver modificato l’afflusso del fiume Amenano, la villa fu dotata anche di due piccoli laghetti che furono riempiti di pesci. Non mancarono naturalmente anche delle costruzioni adibite ad appartamenti per garantire al meglio il ristoro dei visitatori. In definitiva un paesaggio bucolico e romantico che non faceva altro che attirare turisti e artisti provenienti da tutto il Mondo, i quali ben presto sentirono parlare di questa monumentale opera. Non mancarono anche le critiche, soprattutto di quella parte di concittadini che nell’acqua stagnante dei laghetti vedevano la fonte di numerose malattie.
UNA LEGGENDA. Il sogno di Ignazio Paternò Castello, purtroppo, non durò molto. Ancora oggi nei libri di storia si parla dell’ingegno di questo nobile signore, ma poco si sa relativamente ai suoi debiti. Tale fu la portata di questo disavanzo, che alla sua morte gli eredi preferirono smantellare gradualmente l’intero complesso e vendere i relativi terreni. Della Villa Scabrosa non rimase dunque nulla. La mastodontica opera che fu immortalata in dipinti e stampe di artisti provenienti da tutta Europa, nell’arco di pochi anni divenne solo un cumulo di macerie. Oggi di questo “sogno” rimane traccia solo nella toponomastica cittadina. Nei pressi della Plaja si trova, infatti, la Via Villa Scabrosa, molto probabilmente situata nell’area dove un tempo sorgeva il complesso architettonico. Si sa, le cose belle durano poco. Forse, per questo motivo, la storia della villa che nacque come un’oasi sul deserto della devastazione lavica, più che un ricordo potrebbe definirsi una dolce e gloriosa leggenda.