Nel febbraio del 1917, esattamente un secolo fa, veniva registrato dal siciliano Nick La Rocca quello che è considerato il primo disco jazz della storia. Cento anni dopo capiamo quanto ancora ci sia molto da scoprire intorno alle origini di questo genere, che appassiona vecchie e nuove generazioni, grazie all’intricante racconto del professore Francesco Martinelli, che pone nuove questioni. Docente di Storia del Jazz e Direttore dell’Archivio Arrigo Pollilo presso Siena Jazz, Martinelli ha tenuto una conferenza presso il monastero dei Benedettini voluta dall’associazione Catania Jazz riguardante una vicenda poco nota, quella di alcuni catanesi divenuti marines americani.
Nel febbraio del 1917, esattamente un secolo fa, veniva registrato dal siciliano Nick La Rocca quello che è considerato il primo disco jazz della storia. Cento anni dopo capiamo quanto ancora ci sia molto da scoprire intorno alle origini di questo genere, che appassiona vecchie e nuove generazioni, grazie all’intricante racconto del professore Francesco Martinelli, che pone nuove questioni. Docente di Storia del Jazz e Direttore dell’Archivio Arrigo Pollilo presso Siena Jazz, Martinelli ha tenuto una conferenza presso il monastero dei Benedettini voluta dall’associazione Catania Jazz riguardante una vicenda poco nota, quella di alcuni catanesi divenuti marines americani.
L’ANTEFATTO. La storia ha inizio il 4 luglio 1776 quando 13 stati approvano la Dichiarazione d’indipendenza degli Stati Uniti d’America. La nuova entità statale presto si dota di un corpo di marina militare comprendente una banda, il Fife and Drum Corp, caratterizzato dagli strumenti tradizionalmente presenti nei corpi militari europei, ovvero piffero maggiore, pifferi e tamburi. Thomas Jefferson, padre della nascente nazione americana e terzo presidente degli Stati Uniti, non è però soddisfatto da quella musica militare che gli appare decisamente rozza a fronte del repertorio europeo e italiano, che ama particolarmente. Decide così di inviare il capitano John Hall nella patria di Bellini e arruolare nuovi marines tra i musicisti più capaci. Intanto, nei mari imperversa la guerra berbera: gli Stati Americani, ormai autonomi, non sono più tutelati dai trattati commerciali inglesi, sicché le loro navi sono spesso fatte prigioniere dalle popolazioni nord – africane. Chiedono quindi sostegno al Regno delle due Sicilie e lo ottengono, potendo fruire dei porti di Palermo e Siracusa.
L’ARRUOLAMENTO. Proprio sul territorio isolano il capitano John Hall troverà i musicisti che fanno al caso suo, non senza difficoltà. In una lettera del 28 febbraio 1805 Hall scrive: «sono stato obbligato a dare al capo 50 dollari e al resto 10 dollari di premio e come risarcimento 8 dollari alle mogli, altrimenti non sarei riuscito ad ingaggiare nessuno». I musicisti in questione sono Gaetano Carusi, direttore d’orchestra, tre dei suoi figli Samuele 10 anni, Ignazio 9 e Gaetano 8), Francesco e Felice Pulizzi coi figli Venerando e Giacomo, Giacomo, Michele e Gaetano Sardo, Ignazio Di Mauro, Domenico Guarnaccia, Salvatore Lauria, Pasquale Lauria, Giuseppe Papa, Antonio Paternò e Corrado Signorello; nelle fonti ufficiali non compare il nome di Filippa, moglie di Gaetano Carusi, che pare facesse però parte del gruppo come forse altre consorti. Non solo musicisti, perché essendo ingaggiati con marines a pieno titolo, oltre a dover firmare giuramenti ufficiali, si trovano anche a combattere.
L’ARRIVO A WASHINGTON. Nel settembre del 1805 i siciliani arrivano a Washington e si trovano dinnanzi una realtà ben diversa da quella dell’odierna capitale, una città in costruzione. La situazione è resa più difficile dal cambiamento avvenuto frattanto tra le autorità militari: un nuovo comandante è stato nominato e questi rifiuta di riconoscere a Carusi il ruolo di direttore della banda. Gli altri musicisti cadono nello sconforto per le difficili condizioni di vita, sicché solo un numero esiguo manterrà il giuramento dei tre anni di servizio previsti da contratto,molti abbandoneranno presto e altri faranno addirittura ritorno in Sicilia.
LA VICENDA DI CARUSI. Il maestro Gaetano Carusi, ha spiegato ancora Martinelli, abbandona immediatamente la banda non accettando altro ruolo se non quello di direttore, tenta di tornare in Sicilia ma per varie peripezie dovrà tornare a Washington, dove con la famiglia trasformerà un vecchio teatro nel “Carusi saloon”, centro della vita culturale della città e luogo di balli per inaugurare nuove presidenze. I fratelli Caruso sono, come il padre, concertisti, musicisti, arrangiatori e insegnanti di danza e il loro repertorio è quello della musica da salotto del ‘700. Tra i tre giovani ad acquisire grande celebrità per uno scandalo è Samuel, accusato di aver violato il copyright. Siamo tra il 1830 e il 1840 e in America è molto diffusa la musica popolare pre- jazz, di cui ancora oggi alcuni brani sono celebri come“Oh! Susanna” di Stephen Foster; Samuel arrangia parole di una poesia preesistente ad una colonna sonora composta da un altro musicista, la canzone si intitola “Old arm chair” ed è subito denuncia per plagio.
UNA SCUOLA DI MUSICA PER CATANIA. Prendendo le mosse dagli studi del prof. Martinelli, le associazioni “Catania Jazz” e “Cesm” hanno avviato una campagna di crowdfounding per la realizzazione nel quartiere popolare di Picanello a Catania di una scuola di musica intitolata a John Hall e Venerando Pulizzi.