«Spesso sembra che noi Italiani dimentichiamo quale straordinario strumento abbiamo ereditato dai nostri antenati: abbiamo delegato ad altri popoli il compito di formulare nuove lingue e strumenti in grado di connettere il mondo, perdendo la consapevolezza della nostra identità, fondata sulla bellezza». Costantino D’Orazio, lo storico dell’arte che conduce la rubrica culturale AR su RaiNews24 e autore di svariati saggi, introduce così il suo il suo nuovo testo intitolato “Mercanti di Bellezza”, edito da Rai-Eri. D'Orazio affronta una tematica tanto vicina alla nostra identità culturale: il mecenatismo. Viene messo in evidenza, infatti, come tanti personaggi, più o meno celebri, nel corso dei secoli abbiano mutato il volto dell’Italia grazie alla loro passione per l’arte e la cultura. Adesso domandiamoci: anche la Sicilia ha avuto la sua parte in questo processo di ricerca del bello?
MECENATISMO. Tra i capitoli più significativi del saggio “Mercanti di Bellezza”, quanto meno per noi Siciliani, spicca senza dubbio quello dedicato ad Ignazio Paternò Castello. Tuttavia, prima di addentrarci nei meandri della vita di un uomo tanto straordinario cerchiamo di comprendere il significato del termine “mecenatismo”. Detto in poche parole, non è altro che il sostegno rivolto ad attività artistiche e culturali ed, in particolare, ai loro esponenti. Sia che fosse per fini di prestigio, o solo per mero edonismo, fatto sta che questa tendenza, che caratterizza la nostra Penisola da secoli, ha influenzato notevolmente il nostro modo di essere e ci ha permesso di ricevere in eredità tesori preziosissimi provenienti dalle menti più fini che il genere umano abbia mai concepito. Come dicevamo, anche la Sicilia non fu da meno e possiamo affermare con orgoglio che anche in questo caso la vera protagonista è la nostra Catania.
DAL PALAZZO AL TEATRO ROMANO. «[…] l’esterno di Palazzo Biscari è solamente un invito, la promessa che al suo interno saranno ancora più numerose le opere degne del più sincero stupore». Tutto ha inizio lì, nel palazzo di famiglia, il più elevato esempio del Barocco catanese tra le dimore nobiliari. Ignazio Paternò Castello, Principe di Biscari, fu un uomo delle prospettive evolute. Rese la residenza ereditata dal padre un gioiello agli occhi dei concittadini e degli ospiti stranieri e, cosa ancora più grande, esternò la sua passione per l’archeologia e per la sua città, la nostra Catania, in un’opera davvero straordinaria. Costantino D’Orazio ci ricorda, infatti, che: «La massima soddisfazione giunge nel 1770, quando Ignazio Paternò Biscari ottiene finalmente l’autorizzazione per scavare nel capoluogo etneo. La campagna archeologica si conclude con un successo: la scoperta di parte del teatro romano che, insieme all’anfiteatro e agli stabilimenti termali, rappresenta il tesoro principale del patrimonio archeologico catanese. Un evento eccezionale, che si deve totalmente all’intraprendenza, alla cura e alla determinazione del principe».
UN UOMO ILLUMINATO. Il Principe di Biscari non si fermò di certo a rendere la città di Catania un cantiere. Raccolse il frutto delle sue ricerche nel primo Museo delle Antichità che il capoluogo etneo abbia mai avuto, da lui stesso fondato. In seguito, si dedicò alla trasformazione in orto botanico di Villa Labirinto, meglio conosciuta al giorno d’oggi come Villa Bellini, fece parlare di sé in ambito editoriale per alcune sue pubblicazioni dedicate alle tecniche agricole siciliane, e sugli allevamenti dei bachi da seta, e «fu intensa, inoltre, la sua attività di studioso e benefattore, a cominciare dai moltissimi artisti coinvolti nella lunga gestazione di casa sua, che qui trovano un ambiente favorevole per esprimere il proprio talento, oltre che un lavoro sicuro e durevole e un committente coltissimo, rispettoso e pieno di idee». In definitiva, un personaggio eclettico, amante del bello e desideroso di offrire ai suoi concittadini un esempio di virtù. A noi che ancora oggi godiamo della sua opera, non resta che ringraziare Costantino D’Orazio per questo prezioso viaggio nel tempo alla scoperta delle nostre origini.