Roma, 22 apr. (AdnKronos Salute) – Con l’avvio della Settimana mondiale delle vaccinazioni (24-30 aprile), l’Unicef sottolinea che “circa i due terzi dei bambini che non hanno ricevuto vaccinazioni di base vivono in Paesi che sono parzialmente o interamente colpiti da conflitti”. Tra i Paesi in conflitto, il Sud Sudan ha la più alta percentuale di bambini non vaccinati, con il 61% di minorenni che non hanno ricevuto la maggior parte dei vaccini durante l’infanzia, seguito da Somalia (58%) e Siria (57%). Le aree colpite dal conflitto in Pakistan e Afghanistan sono le roccaforti del poliovirus, ora eliminato dal resto del mondo. In Siria i livelli di vaccinazione sono crollati da oltre l’80% nel 2010, prima del conflitto, al 43% nel 2014. La polio è ricomparsa nel Paese nel 2013, dopo 14 anni. Nella Repubblica Democratica del Congo, nel 2016 sono già stati registrati oltre 2.000 casi sospetti di morbillo, con 17 morti, molte delle quali erano bambini sotto i 5 anni.
“I conflitti creano un ambiente ideale per lo scoppio di malattie”, dichiara Robin Nandy, responsabile Unicef per le vaccinazioni. “I bambini non ricevono vaccini a causa dell’interruzione – e talvolta della deliberata distruzione – dei servizi sanitari vitali. Anche quando i servizi sanitari sono disponibili, le scarse condizioni di sicurezza nelle aree spesso fanno in modo che i bambini non li possano raggiungere”, aggiunge.
Morbillo, diarrea, infezioni respiratorie e malnutrizione – elenca l’Unicef – sono le cause principali di malattie e morte infantili, in situazioni di conflitto e nelle emergenze e i loro effetti possono essere terribili. Quando un bambino è colpito da morbillo in zone in cui non sono presenti conflitti ha meno dell’1% di possibilità di morire. Nelle aree sovraffollate e in cui la malnutrizione è all’ordine del giorno, come i campi per rifugiati, fino al 30% dei bambini può morire a causa di morbillo. Il sovraffollamento e bisogni di base come cibo, acqua e rifugi rendono i piccoli ancora più vulnerabili alle malattie. Nelle aree in conflitto, inoltre, spesso anche gli operatori sanitari vengono uccisi e le strutture sanitarie vengono distrutte insieme a scorte e equipaggiamenti. Tutto ciò ha effetti disastrosi sulla salute dei bambini.
Le vaccinazioni, in particolar modo contro il morbillo che ha più elevato contagio, hanno la priorità nelle emergenze umanitarie e sono parte centrale della risposta dell’Unicef per proteggere la salute dei bambini in contesti di questo tipo. In Siria, una campagna di vaccinazioni che inizierà il 24 aprile avrà l’obiettivo di raggiungere i bambini piccoli che non hanno ricevuto le vaccinazioni di routine, soprattutto quelli nelle aree sotto assedio e più difficili da raggiungere. Molti di questi bimbi, nati da quando è iniziato il conflitto, non sono mai stati vaccinati. In Yemen, nonostante i violenti combattimenti in tutto il Paese, la campagna di vaccinazioni supportata dall’Unicef a gennaio ha raggiunto 2,4 milioni di bambini con vaccini contro morbillo e rosolia, e 4,6 milioni di bambini contro la polio ad aprile 2016.
In Libia, la prima campagna di vaccinazione contro la polio a livello nazionale dopo due anni è stata completata ad aprile. All’inizio di questo mese l’Unicef ha consegnato 1,5 milioni di dosi di vaccino a Tripoli. In Pakistan, oltre 36 milioni di bambini saranno raggiunti con vaccinazioni contro la polio. Nel Paese, i casi di polio sono diminuiti del 65% dal 2015. Tra il 2014 e il 2015, l’Unicef ha supportato campagne di vaccinazione di emergenza contro il morbillo per oltre 23 milioni di bambini in Iraq, Siria e Yemen.
Durante i conflitti e nelle emergenze, l’Unicef lavora con i suoi partner per riparare la catena del freddo per i vaccini e altri rifornimenti medici di base, reinserire squadre mediche laddove non erano più presenti e formare operatori sanitari per garantire vaccinazioni, controlli nutrizionali, supplementi con vitamina A e trattamenti medici per donne e bambini. Le vaccinazioni nei conflitti servono a garantire altri servizi sanitari necessari. Per esempio, nelle aree colpite dal conflitto in Iraq, Siria e Yemen, gli operatori sanitari offrono anche servizi sanitari e nutrizionali, come cure per malattie per l’infanzia, alle popolazioni che arrivano in risposta alle campagne di vaccinazione. “I bambini colpiti dal conflitto sono lanciati in una spirale di deprivazione che toglie loro la salute e il futuro. La vaccinazioni possono aiutare a rompere questo circolo vizioso – conclude Nandy – Le vaccinazioni sono un servizio vitale necessario e richiedono protezione da tutte le parti in un conflitto”.