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Non sono mutati ma 'deregolati', alcuni dei farmaci del futuro esistono già

Tumori: il cancro ha 50 ‘talloni d’Achille’, Ieo svela nuovi geni bersaglio

Di Redazione |

Milano, 9 giu. (AdnKronos Salute) – Il cancro è più fragile grazie a uno studio dell’Istituto europeo di oncologia di Milano. In un lavoro condotto su casi di melanoma metastatico, pubblicato su ‘Cancer Discovery’ e sostenuto da Airc (Associazione italiana per la ricerca sul cancro) e ministero della Salute, gli scienziati dell’Irccs fondato da Umberto Veronesi hanno scoperto che il tumore cresce per effetto della deregolazione di oltre 50 geni e può quindi essere attaccato da più parti. Cinquanta ‘talloni d’Achille’ da bersagliare con nuovi farmaci, alcuni dei quali già disponibili. Luisa Lanfrancone, direttore dell’Unità di ricerca Ieo ‘Target identification and validation’, insieme ai ricercatori della sua équipe Daniela Bossi e Angelo Cicalese, ha dimostrato che “sono circa 50 i geni responsabili della crescita di ciascun tumore, e per la maggior parte sono specifici del paziente”. Si tratta di “un’ottima notizia per i malati – assicura Lanfrancone – perché significa che il cancro è più fragile e attaccabile di quanto abbiamo finora ipotizzato. E’ più fragile perché i geni da cui dipende la sua crescita sono più numerosi di quanto pensassimo; è più attaccabile perché è sufficiente eliminarne uno solo per bloccarne la crescita”. Per la scienziata c’è anche una seconda buona notizia, e cioè che “si aprono nuove prospettive per le terapie antitumorali. Abbiamo infatti scoperto un nuovo gruppo di geni importanti per la crescita del tumore, molto numerosi, specifici di ogni singolo paziente e soprattutto non mutati, a differenza di ciò che si è sempre pensato”. Finora, ricorda Lanfrancone, “la ricerca si è concentrata sull’identificazione dei geni che hanno subito una mutazione dando così origine al processo di formazione del tumore, e sulla costruzione di farmaci molecolari in grado di correggerla. Le terapie personalizzate di cui oggi facciamo uso sono dirette contro geni mutati nei tumori”, secondo il principio che “ogni tumore ha la sua specifica mutazione e quindi il suo specifico farmaco”. Ma non è sempre vero e questo spiega “l’inefficacia di molte terapie molecolari”, precisano dall’Ieo. “I geni che abbiamo identificato non sono mutati – puntualizza la studiosa – Sono parte di percorsi molecolari finemente regolati all’interno delle cellule, la cui deregolazione contribuisce allo sviluppo del tumore”. E “per alcuni di questi geni già esistono farmaci specifici”: la terza buona notizia. I ricercatori Ieo, riporta una nota dall’Istituto di via Ripamonti, hanno utilizzato una piattaforma di screening in vivo. In altre parole, hanno studiato il comportamento e l’evoluzione di cellule di melanoma avanzato del paziente, trapiantate in animali di laboratorio. Agendo su questi tumori indotti hanno disattivato un gruppo di 236 geni regolatori della cromatina, già noti per avere un ruolo nel cancro, selezionati in base alla cosiddetta ‘druggability’, ossia la possibilità di trovare farmaci molecolari in grado di bloccarli o interferire con la loro funzione. “Studiando l’effetto dello spegnimento di ogni singolo gene – riferisce Lanfrancone – abbiamo identificato quelli che hanno un ruolo nella crescita del tumore in vivo nell’animale, trovando che ciascun gene è deregolato in modo diverso da paziente a paziente. E’ stato un lavoro molto impegnativo, durato 4 anni”. “Da domani – annuncia la ricercatrice – inizieremo nuovi screening con altri gruppi di geni per identificare quelli essenziali e potenzialmente attaccabili dai farmaci nel melanoma e in altri tumori, a partire da quello del seno. Vorremmo anche mettere a punto dei semplici test che consentano di traslare in vitro la piattaforma di screening con le cellule del paziente, in modo da identificare ancora più rapidamente i geni essenziali per la crescita tumorale e verificare la loro sensibilità ai farmaci”.

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