Roma, 11 apr. (AdnKronos Salute) – Ogni anno circa 250 mila donne si ammalano di tumore ovarico nel mondo, quasi 5 mila solo in Italia. Un ‘killer silenzioso’ che provoca più di 140 mila morti l’anno e che nel nostro Paese rientra tra le prime 5 cause di morte per cancro tra le donne fino ai 70 anni. La mutazione del gene Brca, di cui è affetta anche Angelina Jolie, si stima sia presente nel 15-25% delle pazienti con tumore ovarico e aumenta vertiginosamente le chance di ammalarsi e la gravità della patologia. Anche sull’esempio della ‘signora Pitt’, sono ormai diversi anni che la medicina ha sancito l’importanza dei test genetici per prevenire e contrastare molti tumori, incluso quello ovarico.
“Va ribadito – evidenzia Nicoletta Cerana, presidente Acto onlus, Alleanza contro il tumore ovarico – che i test genetici sono fondamentali per identificare precocemente il tumore e modificare la prognosi della malattia. Non solo permettono alle pazienti di accedere a terapie personalizzate e mirate, ma hanno anche un valore diagnostico importante, consentendo a ogni donna di adottare strategie di riduzione del rischio adeguate”.
“Per questo, investire nella diffusione dei test molecolari su tutto il territorio nazionale, per quanto inizialmente costoso – dichiara la senatrice Fabiola Anitori, componente della commissione Sanità – deve essere una priorità per lo Stato. Finalmente essendo passati dalla medicina generica a quella personalizzata, nell’affrontare e curare un tumore non si ragiona più in termini di speranza di vita, ma di qualità di vita del paziente. È diritto di tutti curarsi, anche se la propria patologia è rara. Da qui nasce la volontà del legislatore di incoraggiare, anche con incentivi quali ‘scientific advice’ gratuito o ‘protocol assistance’, lo sviluppo di farmaci per malattie rare”.
Ma perché il tumore ovarico è un killer silenzioso? Perché ancora oggi i sintomi vengono spesso ignorati e scambiati per disturbi minori. Risultato: il 75% dei casi è diagnosticato in stadio avanzato, con un conseguente peggioramento della prognosi. Una diagnosi precoce porterebbe invece a un aumento delle possibilità di sopravvivenza.
Quando il tumore è diagnosticato in uno stadio iniziale ed è ancora confinato alle ovaie, infatti, il 90% delle pazienti ha probabilità di sopravvivere per più di cinque anni. Se la diagnosi viene fatta in stadio avanzato, le possibilità diminuiscono drasticamente, riducendosi fino al 27%. E’ in arrivo in Italia uno nuovo farmaco (olaparib), presentato oggi a Roma, la prima target therapy approvata per il trattamento di mantenimento delle pazienti con tumore ovarico in stadio avanzato positivo alla mutazione Brca.
“Da sempre Acto onlus si impegna affinché tutte le donne con tumore ovarico possano avere un accesso tempestivo alle cure di cui hanno bisogno – conclude Cerana – l’arrivo in Italia di olaparib è l’occasione per riflettere ancora una volta sull’importanza dei test molecolari, il cui accesso in Italia non è ancora omogeneo in tutte le Regioni”.