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Crescono partnership pubblico-privato per superare gap investimenti

Sanità: report Cergas, spending review ha colpito duro risorse e hi-tech

Di Redazione |

Roma, 6 giu. (AdnKronos Salute) – “Le politiche di contenimento sono state particolarmente dure sul lato delle risorse per gli investimenti e per il rinnovo infrastrutturale e tecnologico, proprio per cercare di salvaguardare il più possibile i livelli storici di spesa corrente. Questo ha determinato, oltre a una decrescita progressiva della spesa annua per investimenti da parte delle aziende del Servizio sanitario nazionale, un robusto aumento della quota autofinanziata per investimenti per le aziende del Ssn, con una media del 40% sul totale, pur con l’onere di doverle ammortizzare al 100% in un anno”. Lo sottolinea il rapporto Oasi 2015, Osservatorio sulle aziende e sul sistema sanitario italiano, realizzato dal Cergas dell’Università Bocconi di Milano e presentato oggi a Roma all’Inmi Spallanzani. “Le aziende del Sud dimostrano minore capacità imprenditoriale sul piano amministrativo e minore solidità economico-finanziaria – prosegue il report – non riuscendo a finanziare quote di investimenti e quindi riducendo ancora più significativamente i medesimi. Questo determina un aumento dell’obsolescenza media del parco tecnologico del Ssn, che è oggi pari al 75% relativamente al periodo 2008-13. Per ovviare a questo ‘gap’ di risorse per investimenti, le Regioni più forti hanno utilizzato estensivamente forme di partnership pubblico-privato (Ppp)”. “La metà dei grandi investimenti di rinnovo o sviluppo infrastrutturale ospedaliero nel Ssn sono avvenute con il metodo Ppp. Tuttavia – osservano gli esperti – forme di partnership sono concentrate in quattro regioni (Lombardia, Veneto, Toscana ed Emilia Romagna), mentre le restanti hanno fatto ricorso al tradizionale strumento dell’appalto”. Secondo quanto emerge dal rapporto Cergas, le esperienze di partnership pubblico-privato “hanno avuto il merito di riuscire rapidamente a raggiungere gli obiettivi infrastrutturali predefiniti. Hanno comportato, però, maggiori oneri finanziari rispetto a forme tradizionali di accesso al credito. Inoltre, hanno determinato contratti di servizio per funzioni non core dal pesante strascico negativo: costi eccessivi, scarsa flessibilità, scarsa marginalità per gli erogatori dei servizi; questi ultimi, quindi, hanno difficoltà a rivedere i contratti per soddisfare le esigenze emergenti delle aziende sanitarie pubbliche”. “Forse alcune lezioni sono state ora apprese, come l’esigenza di partnership con oggetti più chiari e definiti – si evidenzia nell’indagine – Inoltre, è necessario migliorare l’interscambio informativo tra le parti. Tuttavia, il tempo impiegato dal Servizio sanitario nazionale a stratificare queste competenze è stato eccessivo per un sistema che dovrebbe essere integrato e apprendere rapidamente dai contesti regionali. Anche in questo caso, è mancata una rete di centri di competenza che fungesse da accumulatore e diffusore di esperienze e saperi tecnici in maniera organica e strutturata per conto del Ssn”.

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