Roma, 18 feb. (AdnKronos Salute) – La depressione, malattia riconosciuta dall’Organizzazione mondiale della sanità (Oms) come prima causa di disabilità a livello globale, riguarda circa 3 milioni di italiani, di cui circa 1 milione di persone soffrono della forma più grave, la depressione maggiore. “Considerando solo il Lazio, dai dati Istat si stima che circa 112.000 laziali soffrano di depressione maggiore, di cui circa 11.000 non rispondono ai trattamenti”. E’ la fotografia scattata dalla rielaborazione su base regionale dei dati dello studio epidemiologico italiano ‘Dory’, ricordato da Fondazione Onda (Osservatorio nazionale sulla salute della donna e di genere) durante la presentazione a Roma del progetto di sensibilizzazione per combattere la malattia.
“In generale, la depressione riguarda in misura maggiore le donne e i disoccupati – ha spiegato Roberta Di Turi, Commissione regionale farmaci della Regione Lazio – Guardando i dati per genere, il tasso di depressione femminile è quasi doppio rispetto a quello maschile (9,1% contro 4,8%). Una malattia quindi in aumento, che va adeguatamente considerata Dai dati Osmed emerge peraltro che tra i trattati è frequente riscontrare una bassa aderenza (40,1% dei trattati) e bassa persistenza (a 96 giorni il 50% dei soggetti mediamente interrompe il trattamento). La mancata aderenza e persistenza rendono il trattamento inefficace, con gravi ripercussioni sulla qualità della vita dei pazienti stessi e dei loro familiari. Basti pensare alla depressione post-partum per immaginare le gravi conseguenze che possano derivarne. Occorre quindi porre in campo tutte le iniziative possibili per ovviare al problema sia di tipo sociale-culturale che clinico-farmacologico”.
In tale contesto, istituzioni e rappresentati locali a livello medico, assistenziale e sociale si sono incontrati in Campidoglio per confrontarsi su come affrontare più efficacemente la malattia, superare lo stigma associato alla depressione, facilitare l’accesso alla diagnosi e alle cure più appropriate. Questa rappresenta una delle otto tavole rotonde organizzate da Fondazione Onda, che fanno parte del percorso di sensibilizzazione ‘Uscire dall’ombra della depressione’, patrocinato da Regione, Società italiana di psichiatria e Società italiana di neuropsicofarmacologia, Cittadinanzattiva e Progetto Itaca, e sostenuto grazie al contributo incondizionato di Janssen Italia.
“La moderna ricerca clinica sottolinea che in generale circa la metà dei pazienti va incontro a problemi di resistenza al trattamento, con conseguente rischio di cronicizzazione – ha affermato Alberto Siracusano, Uoc Psichiatria e Psicologia clinica, Policlinico Tor Vergata Roma – I modelli psicopatologici e neurobiologici più aggiornati evidenziano l’emergere di nuove forme depressive, da quelle di genere a quelle in età evolutiva. La depressione è un quadro multidimensionale e complesso, esistono almeno un centinaio di predittori di esito-markers neurobiologici e diversi livelli multi-staging di decorso e trattamento. Pertanto, è necessario implementare le risorse destinate alla ricerca clinica sulla depressione. Da non sottovalutare anche il costo sociale della depressione, che è in crescente aumento sia in termini di ore lavorative perse (oltre 4 miliardi di euro l’anno) sia in termini di spesa sanitaria per ciascun paziente (oltre 4.062 euro l’anno)”.
Questo disturbo psichiatrico, infatti, ha un forte impatto sulla qualità della vita e sui costi sanitari e sociali, che risultano molto elevati. “I costi diretti non sono l’unico tassello da tenere in considerazione se si vuole cogliere appieno il peso economico e sociale di questa patologia. I costi indiretti (sociali e previdenziali) la fanno da padrone, rappresentando il 70% del totale dei costi della malattia – ha osservato Francesco Saverio Mennini, professore di Economia sanitaria e direttore del Eehta del Ceis dell’Università degli Studi di Roma Tor Vergata – Basti pensare ai costi previdenziali legati all’elevato numero di giorni di assenza dal lavoro causato dalla depressione maggiore, alla perdita di produttività legata al presenteismo”.
“Janssen è impegnata da oltre 60 anni nel campo della salute mentale – ha ricordato – ha ricordato Massimo Scaccabarozzi, presidente e amministratore delegato dell’azienda che ha sostenuto l’iniziativa – In questi decenni, abbiamo sviluppato ben due molecole ritenute fondamentali dall’Oms per il trattamento della schizofrenia e abbiamo lavorato sul fronte della ricerca e sviluppo per mettere a disposizione soluzioni farmacologiche sempre più innovative per molte patologie mentali tra cui la depressione La nostra presenza qui oggi rappresenta il segnale concreto del nostro impegno nel supportare momenti di confronto costruttivo tra tutti gli attori coinvolti. Un impegno passato presente e futuro, accanto alle persone che soffrono di depressione e ai loro familiari”.