Psicologia: l’indagine, 6 italiani su 10 non parlano con i vicini di casa

Di Redazione / 12 Aprile 2016

Roma, 12 apr. (AdnKronos Salute) – Perfetti sconosciuti a pochi passi dalla porta di casa. Oggi la frenesia della routine quotidiana (73%) e la mancanza di tempo per socializzare (68%) hanno fatto sì che i vicini siano visti con crescente fastidio e distacco da oltre 6 italiani su 10 (61%). Siamo dunque ai ‘condomini asociali’, dove si conosce a malapena il nome dei dirimpettai, evitati o salutati a fatica sui pianerottoli. Un fenomeno più marcato nelle grandi città del Nord, come emerge da un’indagine promossa da Nescafé che porta alla luce una problematica raccontata anche dal video-esperimento sociale ‘The Nextdoor Hello’ (su YouTube).
Lo studio da cui ha preso spunto l’esperimento è stato condotto con metodologia Woa (Web Opinion Analysis) su circa 1800 italiani, uomini e donne tra i 18 e i 65 anni, attraverso un monitoraggio online sui principali social network, blog e forum per capire come sono cambiati nel tempo i rapporti nei condomini italiani tra vicini di casa. Ma perché questa diffidenza è sempre più marcata? Secondo gli italiani il motivo principale sta nella frenesia della routine quotidiana (73%), che impedisce di approfondire qualsiasi rapporto che non riguardi il nucleo famigliare, le amicizie più strette o il lavoro. Di conseguenza si ha poco tempo per socializzare (68%), scoraggiati dall’aumentata percezione di micro-criminalità attraverso i media (39%). Quasi un italiano su due (49%) poi teme di essere ignorato dal vicino, mentre il 32% ha paura di risultare invadente e il 29% sostiene di essere troppo timido.
“Gli impegni lavorativi possono far vivere la propria abitazione soprattutto come luogo di riposo e rifugio – afferma Marco Costa del dipartimento di Psicologia dell’Università degli Studi di Bologna – proprio perché l’attività sociale viene già coltivata in altri ambienti, come il luogo di lavoro. Di conseguenza quando si è a casa si cerca anzitutto un nido in cui vivere la privacy, la riservatezza e il riposo. In secondo luogo, nella società sta aumentando la mobilità e diminuisce il senso di attaccamento al luogo e anche al vicinato”.
Spesso però il contatto con i vicini è inevitabile. Ma come cercano di divincolarsi gli italiani ‘allergici’ ai condomini? Ben 8 su 10 fanno finta di niente (79%), abbassando lo sguardo o smanettando sullo smartphone. Ma si ricorre anche alla frase ‘Scusa ma sono di fretta’ (68%), seguita da ‘Sono in ritardo’ (64%). Addirittura il 45% evita l’ascensore se è occupato dai vicini, mentre il 39% si assicura che sulle scale non ci sia nessuno quando esce di casa. Praticamente una fuga quotidiana.
“La prossimità spaziale tra vicini di casa non porta automaticamente all’interazione e alla solidarietà – spiega Giandomenico Amendola, professore di Sociologia Urbana nella Facoltà di Architettura dell’Università di Firenze – Essa non determina una spinta all’interazione e, men che meno, alla costituzione di solidi rapporti interpersonali. A maggior ragione in un palazzo abitato da lavoratori, le occasioni di incontro sono inevitabilmente sporadiche ed in genere molto rapide e formali. Andando ad analizzare i fattori che agiscono sui rapporti di vicinato, i principali sono l’omogeneità sociale-culturale e il tempo di residenza”.
Ma qual è l’identikit del ‘coinquilino asociale’? Sono principalmente gli uomini a essere diffidenti nei confronti dei vicini (69%), contro il 53% delle donne. La fascia di età più ‘asociale’ è quella tra i 31 e i 50 anni (71%), mentre scende al 60% tra gli over 50 e al 51% tra gli under 30. Il fenomeno poi è molto più forte tra gli abitanti delle grandi città del Centro-Nord come Milano (69%), Torino (68%), Venezia (66%) e Bologna (64%). Si verifica ugualmente, ma con minore intensità, a Roma (57%), Napoli (55%) e Palermo (52%). Tra le categorie più ‘asociali col vicinato’ ci sono i manager (68%), i liberi professionisti (65%), gli avvocati (64%), i banchieri (63%) e gli impiegati (62%).
“Per abbattere questi muri la ricetta è molto semplice – conclude lo psicologo Costa – Basta creare attività comuni come pulizia dei luoghi condivisi o feste di condominio, momenti in cui i condomini possono riconoscersi. Piccoli gesti come l’offrire un caffè o del cibo costituiscono anche attività che permettono d’incontrare gli altri senza la preoccupazione di dover interagire in modo personale, mitigando l’ansia di un contatto personale”.

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