Fegato e pancreas i bersagli preferiti. Allarme Sid, tema negletto e poca prevenzione
Per proteggersi dieta, sport, screening su misura e farmaci ‘scudo’ Una ‘relazione pericolosa’ nutrita da zuccheri e insulina nel sangue
Rimini, 4 mag. (AdnKronos Salute) – “Sugar feeds cancer”, dicono gli americani, a indicare che “lo zucchero nutre i tumori. Funziona da benzina, alimentando la crescita delle cellule impazzite”. Ed ecco perché il diabete – malattia del sangue dolce – si può considerare “un carburante che sostiene in modo esplosivo la proliferazione cellulare tipica del cancro”, aumentando il rischio di morte di circa un quarto e anche oltre in caso di tumori a fegato e pancras. Un legame, quello fra diabete e neoplasie, “ormai accertato ma purtroppo ancora negletto: poco considerato e poco divulgato”, a discapito delle attività di prevenzione. Lo spiega all’AdnKronos Salute Riccardo Vigneri, professore emerito di endocrinologia all’università di Catania, che proprio su questo tema modera a Rimini un minisimposio del 26esimo Congresso nazionale della Società italiana di diabetologia (Sid). “Gli studi usciti negli ultimi 10 anni non lasciano dubbi: il rischio di tumori è una vera e propria complicanza del diabete – afferma l’esperto – Un lavoro condotto su centinaia di migliaia di persone, pubblicato sul ‘New England Journal of Medicine’, calcola che nel paziente diabetico la probabilità di morire per un cancro cresce del 20-25%. Un incremento importante, con una prognosi infausta che per alcune forme tumorali è del 10-20% più probabile, ma per altre come i carcinomi a fegato e pancreas arriva a essere del 50-60% maggiore”. Rispetto al rischio di morte per tumore, il pericolo di decesso cardiovascolare nelle persone con diabete è certamente superiore, “intorno al +80% e cioè vicino al raddoppio”. Tuttavia, osserva il presidente della Sid Enzo Bonora, “mentre di diabete e malattie di cuore e vasi si parla sempre, di diabete e cancro si parla troppo poco. Con il risultato che nel diabetico crolla l’adesione agli screening: meno mammografie, meno Pap test, meno ricerca di sangue occulto nelle feci”. Un grave errore, perché se è vero che in caso di diabete i bersagli preferiti dal tumore sono fegato e pancreas, “sono più frequenti anche le neoplasie di colon-retto, endometrio (utero) e seno – elenca Vigneri – Meno diffuso invece il cancro del polmone, perché in media i diabetici tendono a evitare il fumo per via del pericolo cardiovascolare. Come pure quello alla prostata, legato alla stimolazione operata dal testosterone, i cui livelli sono ridotti in presenza di diabete”. I diabetici, dunque, muoiono di più di cancro e “questo può dipendere da due ragioni”, analizza lo specialista dell’università etnea. “Da un lato la persona con diabete è un paziente fragile, spesso colpita da insufficienza cardiaca e renale, e questa fragilità la porta più facilmente al decesso in presenza di un’ulteriore complicanza grave come il tumore. Dall’altro lato, di fronte a un paziente di per sé a rischio come un diabetico, i medici tendono a trattarlo con dosi di terapie anticancro più basse per non rischiare di peggiorare funzioni cardiache e renali magari già compromesse”. Ma i diabetici, avverte Vigneri, “muoiono di più di cancro anche perché si ammalano di più. Dire di quanto sale l’incidenza è impossibile, perché diabete e tumori sono entrambe patologie talmente eterogenee che generalizzare è difficile e sbagliato. Però è scientificamente dimostrato che il diabete aumenta il cancro al di là di ogni fattore confondente”. Anche in questo caso “le ragioni sono di due tipi: fattori generali e fattori sito-specifici”, illustra l’esperto che parte dai secondi: “Il diabete alza l’incidenza di cancro al fegato perché causa steatoepatite e più rischi di epatite virale, anche C, condizioni che predispongono al carcinoma epatico. Quanto all’incremento del cancro al pancreas, può dipendere dal fatto che nelle fasi più gravi di diabete l’organo si esaurisce, mostrando alterazioni degenerative e infiammatorie che potrebbero aprire la porta al tumore”. E i fattori generali? “Uno è l’iperglicemia, livelli elevati di zucchero nel sangue che danno al tumore un’iniezione di energia per proliferare. Lo provano sia i test condotti in vitro su cellule tumorali in coltura, sia il fatto che il rischio cancro aumenta con valori alti emoglobina glicata, ‘spia’ di un cattivo compenso glicemico”, ricorda Vigneri. “Il secondo elemento è l’iperinsulinemia che si produce nei diabetici di tipo 2 (il 90% del totale) per effetto dell’insulino-resistenza che li caratterizza. Innanzitutto l’insulina, oltre a essere un fattore metabolico che controlla le concentrazioni di nutrienti, è anche un fattore di crescita simile all’IGF-1 che alimenta il cancro. Inoltre, sulle cellule tumorali i recettori per l’insulina sono presenti in numero molto maggiore e soprattutto in un’isoforma che media la crescita cellulare”. Il che significa che se c’è tanta insulina in circolo, il cancro ne ‘capta’ di più e prolifera. E “in presenza di micro-carcinomi silenti, frequenti specie in età avanzata, l’insulina può contribuire a svegliarli scatenando la malattia”. Come fare, allora, per evitare che al diabete si aggiunga il cancro? “Innanzitutto ci sono delle cose che i medici devono sapere e fare”, risponde Vigneri: “Soprattutto in presenza di un paziente diabetico obeso o sovrappeso, condizione che riguarda oltre l’80% dei casi di diabete 2, devono farlo dimagrire con dieta e attività fisica. Inoltre devono valutare la storia familiare dei propri assistiti con diabete, in modo da disporre un programma di screening personalizzato e commisurato al rischio”. Infine, “a meno che non sia strettamente necessario – avverte l’endocrinologo – nel diabete di tipo 2 bisognerebbe evitare di somministrare insulina ad alte dosi come terapia cronica. Va infatti tenuto presente che mentre l’insulina endogena naturalmente prodotta dal pancreas passa dal fegato che ne distrugge il 40%, quella esogena iniettata in periferia arriva in dosi uguali al fegato e agli organi, con rischi maggiori”. Via libera invece a “dosi piene di metformina. Non solo perché le linee guida la indicano come il farmaco di prima linea per il diabete di tipo 2, ma anche perché è un sensibilizzatore di insulina: riduce l’insulino-resistenza e con essa i livelli di insulina e il rischio cancro, come hanno suggerito vari studi”. Un’azione ‘scudo’ al vaglio anche nei non diabetici: “L’Istituto nazionale tumori di Milano sta testando con successo la metformina contro il cancro al seno in donne non diabetiche”. L’ultimo messaggio Vigneri lo rivolge alla politica: “Deve sostenere la ricerca, sempre. Ricordiamoci che, storicamente, in Italia l’investimento è fra i più bassi d’Europa. E’ assolutamente necessario invertire la rotta”, anche per fare più luce sulla ‘relazione pericolosa’ tra diabete e tumori.