Firenze, 12 mag. (Dall’inviata dell’AdnKronos Salute Lucia Scopelliti) – Si può finire nella spirale della violenza anche a pochi mesi dalla nascita, con gravi ripercussioni per lo sviluppo fisico e mentale. Oppure rimetterci la vita come è successo alla piccola Fortuna Loffredo, morta a 6 anni nel Parco Verde di Caivano (Napoli) il 24 giugno 2014. L’inchiesta sul caso ha delineato uno scenario di abusi consumati nel silenzio che ha sconvolto l’Italia. Ma di storie di infanzia violata, in mille modi diversi e con diversi gradi di consapevolezza, ce ne sono tante – avvertono gli esperti – anche se non finiscono tutte alla ribalta della cronaca. E i ‘ladri’ di serenità e salute hanno quasi sempre i volti delle persone più amate e vicine.
Nella Penisola, secondo dati che arrivano dalla letteratura scientifica in assenza di una banca dati che permetta un monitoraggio su scala nazionale, si stima che siano fino a 80 mila ogni anno i bambini e gli adolescenti che subiscono violenze, abusi psicologici, fisici e sessuali, “ma potrebbe essere solo la punta dell’iceberg”. Per ogni caso che viene a galla, “magari 10 restano nell’ombra, avvolti nel silenzio”, dicono i medici. Ed è proprio per tentare di far emergere il sommerso che in Italia 15 mila pediatri e medici di base vestiranno i panni di ‘sentinelle’ anti-abusi.
Prima circa mille camici bianchi saranno adeguatamente ‘addestrati’ a riconoscere e intercettare eventuali segnali di allarme, tracce di violenza e maltrattamento, ma soprattutto disagi inespressi. E diventeranno punto di riferimento per gli altri. Insieme saranno ‘angeli custodi’ al fianco dei bimbi più indifesi. Il progetto – realizzato in collaborazione con Telefono Azzurro e coinvolgendo Società italiana di pediatria (Sip), Federazione italiana medici pediatri (Fimp) e Associazione ospedali pediatrici italiani (Aopi) – è stato presentato ieri sera a Firenze. Il messaggio è forte e chiaro: “Mai più casi Fortuna”, dicono i pediatri coinvolti.
Mai più in silenzio e con gli occhi chiusi davanti alle sofferenze dei bambini e a “storie di violenza che non vorremmo mai sentire”, sottolineano Lucia e Alberto Giovanni Aleotti, presidente e vice presidente del Gruppo Menarini. L’impegno preso dall’azienda italiana nasce da un incontro con l’International Center for Missing and Exploited Children (Icmec). “I loro dati su bimbi scomparsi, maltrattati, sfruttati, abusati in tutti i modi possibili, ci hanno lasciato increduli”, racconta Lucia Aleotti. “Come Menarini ci siamo chiesti cosa potevamo fare per andare oltre la semplice donazione e dare una mano a costruire una maggiore consapevolezza di questa emergenza sociale. E la risposta è stata che possiamo lanciare e sostenere un progetto educazionale rivolto ai pediatri italiani, unico a livello mondiale”.
Il pediatra, fa notare Pietro Ferrara, responsabile del progetto per la Sip, “è al centro di un sistema inadeguato ad affrontare e riconoscere i segnali dell’abuso”. La chiave è “la conoscenza”, spiega. Conoscenza che “non c’è, visto che si esce da anni di università e scuole di specializzazione preparati su patologie rare che non vedremo mai, ma senza aver mai trattato un tema così presente a livello sociale”.
Non lontano, ma vicino a chiunque di noi. L’Italia ha un indice di prevalenza di abusi e maltrattamenti del 9,5 per mille: questo significa che, in una scuola di mille bambini, ce ne saranno 10 che potenzialmente sono vittime. Un pediatra, che in alcune zone può arrivare ad avere in carico anche mille assistiti, ne avrà altrettanti fra i suoi pazienti.
Due le fasi del progetto: la prima, già avviata, è il ‘train the trainers’ per dare il via alla formazione di mille pediatri che, attraverso 23 corsi intensivi in tutte le regioni italiane, saranno ‘allenati’ a riconoscere segni che potrebbero nascondere situazioni di difficoltà, messaggi ‘in codice’ dei piccoli, Sos inascoltati. Grazie a questo primo pool di sentinelle potranno poi essere supportati i circa 15 mila pediatri e medici di base (che si trovano in carico i ragazzi dopo i 14 anni). I 13 principali ospedali pediatrici saranno coinvolti come sede dei corsi di formazione, punti di riferimento dei pediatri del territorio e centri dove poter affrontare l’emergenza e la fase di recupero successiva all’intervento per proteggere i bambini dalle violenze.
“Nella carta di Roma del 2011, documento operativo per la tutela dell’infanzia, uno dei punti era quello di coinvolgere l’industria – spiega Ernesto Caffo, presidente di Telefono Azzurro – Il programma è andato avanti con difficoltà salvo nel percorso italiano. E durante un incontro a New York il nostro è stato definito un progetto pilota”. Un progetto di prevenzione, per fermare gli abusi il prima possibile. “La storia che arriva da Napoli ci mostra il silenzio e la difficoltà di intervenire. I pediatri – prosegue Caffo – seguono i bambini fin dai primi momenti di vita e possono far emergere quei casi in cui la famiglia non funziona, segnalandoli o aiutando i genitori a uscirne”.
Da qui la necessità di “una rete di supporto che colleghi la realtà ospedaliera alla pediatria locale, coinvolgendo se necessario forze dell’ordine, magistratura, servizi sociali e comunità di accoglienza”, spiega Luigi Nigri, responsabile del progetto per Fimp. Il progetto, concludono Lucia e Alberto Giovanni Aleotti, “rappresenta un esempio per tutti gli altri Paesi e il punto di partenza di un programma internazionale promosso dall’Icmec. Contribuirà anche a un salto di qualità di tutto il sistema sanitario italiano a salvaguardia dei diritti dell’infanzia e dell’adolescenza”.