Liste d’attesa, la Regione accelera con 11 milioni per laboratori e cliniche. Al Garibaldi «recall dei pazienti per indirizzarli ai privati»

Di Mario Barresi / 13 Novembre 2023

Questa dovrebbe essere la settimana decisiva per il “travaso” delle prestazioni mediche dal settore pubblico a quello privato. Mercoledì prossimo, infatti, è in programma un incontro che nell’ambiente della sanità siciliana viene definito «decisivo». Stavolta, dopo limature e riconteggi dare-avere, dovrebbe essere partorito il decreto dell’assessorato regionale alla Salute per la distribuzione della prima tranche del tesoretto di fondi per ambulatori privati e laboratori d’analisi. In tutto 11 milioni di euro, con la possibilità di utilizzare altri 6 milioni di risorse statali. Sul piatto, secondo il piano del governo regionale, ci sono 50 milioni, di cui la metà da assegnare ai privati.

Lo scopo del governo regionale, più volte esternata da Renato Schifani che ha voluto seguire di persona le fasi più delicate del dossier, è ridurre l’ingolfamento delle liste d’attesa di ospedali e Asp. Secondo i dati aggiornati a fine estate, infatti, sono circa 40mila i pazienti siciliani che risultano in attesa di un intervento e oltre 240mila quelli che aspettano una visita nella sanità pubblica . Di questi le Asp, secondo il piano stanno verificando quanti hanno ancora bisogno. Secondo le stime iniziali della Regione sarebbero tra il 20 e il 50%.

Adesso l’assessorato regionale alla Salute stringe i tempi. Con nota dello scorso 31 ottobre, infatti, comunica ai manager sanitari «la possibilità di ridurre i tempi di esecuzione delle prestazioni afferenti all’anno 2023 che superino i tempi di garanzia, con le risorse stanziate per i Piani di recupero regionali» e indica «l’opportunità di veicolare verso altre strutture i pazienti per i quali, clinicamente, non si rilevi carattere d’urgenza». E così le aziende ospedaliere si adeguano, ognuna con i propri tempi e modi.

Le aziende ospedaliere

Fra le più reattive e allineate c’è di certo l’Arnas Garibaldi di Catania. Con una nota firmata lo scorso 8 novembre dal commissario straordinario Fabrizio De Nicola e dai direttori sanitario e amministrativo, rispettivamente Giuseppe Giammanco e Giovanni Annino, si chiedono «aggiornamenti e adempimenti sul recupero delle liste di attesa “correnti”». I destinatari sono i referenti della Rete aziendale per il recupero delle prestazioni (Arp), le direzioni mediche di presidio, ma soprattutto i direttori delle Unità operative chirurgiche. Ai quali si chiede «la conferma delle prestazioni residue del 2022 entro i tempi previsti», ma anche di effettuare «altresì attività di recall per i pazienti inseriti in lista a partire dal 01/01/2023 ed ancora in lista, al fine di acquisire eventuale disponibilità ad eseguire l’intervento presso operatori privati».

Passaggio indigesto

Ed è quest’ultimo passaggio a risultare indigesto ad alcuni primari del Garibaldi. Certo, si tratta di una direttiva in applicazione del piano aziendale di recupero delle prestazioni inserite in lista entro il 31 dicembre 2022 (e da smaltire entro la fine dell’anno), ma a tutto c’è un limite. «Noi dovremmo metterci a chiamare le persone e invitarle ad andare presso strutture private?», si chiede qualcuno dei camici bianchi più prestigiosi dell’ospedale. La risposta – col sistema sanitario che arranca, fra il SovraCup, l’app costata tre milioni lanciata due anni fa in pompa magna e mai entrata in funzione e le inchieste del Nas dei carabinieri sui lati più oscuri delle liste d’attesa – è affermativa. Al Garibaldi così come in tutte le altre Asp e aziende ospedaliere siciliane. Proprio come se, a un certo punto, i direttori degli uffici postali fossero costretti a chiamare i clienti per dire loro di utilizzare i corrieri privati per le spedizioni.

Ma tant’è. Il percorso di avvicinamento al piano di riparto delle prestazioni arriva al dunque. Il direttore della Pianificazione strategica regionale, Salvatore Iacolino, incontrerà fra 48 ore i vertici delle associazioni della sanità privata. Sul tavolo, come rivelato negli scorsi giorni dal Giornale di Sicilia, gli accantonamenti delle risorse pubbliche destinate a tutto il settore per l’anno 2022, pari a 11 milioni, derivanti dal comparto dell’emodialisi. Una ripartizione che gli specialisti reclamano da tempo, fino a minacciare, ai primi di ottobre, la chiusura di tutte le attività. Con questi fondi, secondo le associazioni di categoria, «si coprirebbe parte delle prestazioni convenzionate prenotate nel 2021 e 2022 e poi slittate al 2023, ma soprattutto «si può accelerare su quelli previsti per gennaio e febbraio 2024, richiamando i pazienti e anticipando le visite». Da Piazza Ottavio Ziino trapela serenità. Stavolta la partita con i privati potrebbe essere davvero chiusa. Due, sostanzialmente, i nodi ancora aperti: la riduzione degli 11 milioni a 9, per recuperarne 2 per gli interessi maturati dall’emodialisi; le risorse non verrebbero ridistribuite a tutti i settori, ma soltanto alla patologia clinica (branca più in ritardo circa le prestazioni in extra budget) e alla fisioterapia.

Piccole strutture

E resta caldo il fronte delle proteste per la crisi delle piccole strutture pubbliche di provincia. Dopo le rassicurazioni del governatore Schifani sugli ospedali di Sciacca e Petralia («non chiuderanno»), il deputato regionale della Lega, Salvo Geraci, apre un altro fronte: «I tre ortopedici in servizio al Cimimo di Termini attualmente sono stati trasferiti presso il Cto di Villa Sofia di Palermo. Mi farò carico di richiedere un’audizione immediata in sesta commissione Ars del commissario dell’Asp di Palermo, Daniela Faraoni, affinché vengano presi impegni, senza ulteriori rinvii, per il reclutamento del personale di cui hanno necessità gli ospedali di Termini Imerese e Petralia Sottana». Geraci, che è anche sindaco di Cerda, tocca un nervo scoperto, sviscerato dall’inchiesta sulla fuga dalla sanità pubblica pubblicata ieri su La Sicilia: «Credo sia giunto il momento che quando un medico viene assunto nel servizio pubblico non possa, almeno per 10 anni, richiedere aspettativa se è finalizzata a svolgere la professione nella sanità privata, per di più non convenzionata. Il vero male della sanità siciliana è proprio questo». Come dargli torto?

m.barresi@lasicilia.it

Pubblicato da:
Alfredo Zermo