La classifica dei migliori ospedali d’Italia: 2 pubblici sul podio insieme con Humanitas e 3 siciliani in grado di offrire cure tempestive

Di Redazione / 29 Ottobre 2024

«L’Humanitas di Rozzano e due strutture pubbliche, ovvero l’ospedale di Ancona e il Careggi di Firenze, sono risultati essere i tre migliori ospedali italiani». Lo ha detto Domenico Mantoan, direttore generale
dell’Agenzia nazionale per i servizi sanitari regionali (Agenas), a margine della presentazione del Programma nazionale esiti. L’obiettivo, precisa Mantoan, «non è dare premi o penalità ma spingere verso il miglioramento dell’assistenza».

Il report ha valutato le performance di ospedali pubblici e privati, in sette aree cliniche principali: cardiocircolatorio, nervoso, respiratorio, chirurgia generale, chirurgia oncologica, nefrologia, gravidanza e parto, osteomuscolare.

«L’Humanitas, per il terzo anno consecutivo – ha precisato – si conferma ospedale di eccellenza e otto aree su quelle monitorate hanno livelli altissimi, questo mostra l’impegno costante di questa struttura».

Sul podio, assegnato in base alla valutazione effettuata con il sistema del treemap, ci sono due ospedali pubblici: “L’azienda ospedaliera di Ancona che era tra i migliori anche lo scorso anno e ha fatto un balzo ulteriore migliorando ancora di più il risultato, con 7 aree di eccellenza. La sorpresa è un altro ospedale pubblico, che ha fatto un grande investimento, l’azienda ospedaliera universitaria Careggi di Firenze», che raggiunge l’eccellenza in tutte e 8 le aree considerate.

La classifica

Sono undici e si trovano quasi tutti al Centro-Nord (quattro in Lombardia, uno rispettivamente in Toscana, Marche, Veneto, Piemonte, Abruzzo, Emilia-Romagna e Sicilia) i migliori ospedali italiani, ovvero quelli che, secondo l’elaborazione di dati realizzata dai tecnici dell’Agenas, presentano pieni voti in tutte le aree cliniche considerate.

Si tratta dell’Azienda ospedaliero universitaria Careggi di Firenze, l’Istituto clinico Humanitas di Rozzano (Mi), l’ospedale Umberto I Lancisi di Ancona, l’ospedale Maggiore di Lodi, la casa di cura Mater Domini a Castellanza (Va), l’ospedale Borgo Roma di Verona, il presidio sanitario Gradenigo a Torino, l’Humanitas Gavazzeni di Bergamo, la casa di cura Villa Serena di Città Sant’Angelo (Pe), l’ospedale Bellaria di Bologna e la Casa di cura Orestano a Palermo.

Il report ha valutato le performance di ospedali pubblici e privati, in otto aree cliniche principali: cardiocircolatorio, nervoso, respiratorio, chirurgia generale, chirurgia oncologica, nefrologia, gravidanza e parto, osteomuscolare. Ma solo pochi ospedali le presentano tutte e otto. Nei primi 11 rientrano tutte le strutture che raggiungono l’eccellenza valutate in almeno quattro aree e risultate eccellenti in tutte.

La fotografia

La fotografia scattata dal Programma nazionale esiti, presentato oggi da Agenas, evidenzia come dopo lo shock della pandemia, che aveva ridotto al minimo l’attività ospedaliera, siano tornati a salire a salire i ricoveri in Italia. Nel 2023 sono stati quasi 8 milioni, ovvero 312mila in più rispetto al 2022, tornando in linea con i valori del pre Covid. Dal punto di vista delle prestazioni, nella maggior parte degli ospedali «convivono aree di qualità alta o molto alta con aree di qualità bassa». Ancora per gli interventi oncologici resta una frammentazione in strutture con volumi di attività troppo bassi per garantire le migliori esperienze e tecnologie, in particolare per il tumore del pancreas. E lo stesso vale per l’area materno infantile, con un punto nascita su tre che non supera la soglia di 500 parti l’anno, considerato lo standard minimo di sicurezza.

Il report ha valutato le performance di 1.363 ospedali pubblici e privati, in base a 205 indicatori. Paradigmatico è il caso delle fratture del femore operate entro le 48 ore, cosa che permette al paziente di recuperare l’autonomia, riducendo il rischio di complicanze, allettamento e infezioni. I pazienti operati per frattura del femore nel 2023 sono stati 95.808 (1.200 in più rispetto al 2022) e quelli operati tempestivamente passano dal 53% al 59%. Quasi tutti gli ospedali però sono sotto la soglia del 60%, in particolare in Calabria, Liguria, Basilicata, Umbria. Molise e Sardegna. Ma nel Centro-Sud si trovano anche 4 tra le 5 delle strutture migliori: l’Ospedale Umberto I a Siracusa, il Monopoli (Ba), il Pertini di Roma e il San Giovanni di Dio di Agrigento, che si aggiungono all’Humanitas Gavazzeni di Bergamo.

Uno degli interventi più frequenti è quello per colecistectomia in laparoscopia: nel 2023 sono stati 101.700 (9mila in più del 2022) e aumentano i pazienti che dopo l’operazione restano ricoverati per meno di tre giorni, dall’86% nel 2022 all’88% del 2023. Mentre si riduce la variabilità di performance tra le strutture, «segno di un miglioramento diffuso della sicurezza».

Il balzo in avanti

«Il sistema sanitario si è lasciato alle spalle gli effetti della pandemia», diminuisce il divario tra Nord e Sud, mentre Calabria e Sicilia, per anni maglia nera «fanno un balzo in avanti» dal punto di vista del miglioramento dell’assistenza ai pazienti. Lo ha detto Domenico Mantoan, direttore generale dell’Agenzia nazionale per i servizi sanitari regionali (Agenas), commentando i risultati del Programma nazionale esiti.

La velocità nell’intervento in molte aree mediche, evidenzia il Programma nazionale Esiti pubblicato dall’Agenzia nazionale per i servizi sanitari regionali, è spesso sintomo di maggior possibilità di sopravvivenza e minori complicanze. Da questo punto di vista, per l’operazione in caso di frattura del femore in pazienti sopra i 65 anni, nella classifica delle 14 migliori strutture, ce ne sono tre della Sicilia che hanno garantito la prestazione tempestiva (entro 48 dall’arrivo in ospedale) in tre anni consecutivi ad almeno il 75% dei pazienti: l’ospedale san Giovanni di Dio di Agrigento, l’ospedale di Trigona a Noto e l’ospedale Guzzardi a Vittoria.

L’angioplastica coronarica con impianto di Stent eseguita entro 90 minuti dall’arrivo in ospedale, mostra valori positivi (ovvero viene effettuata in almeno il 60% dei pazienti che ne hanno bisogno) negli ultimi tre anni in 35 strutture, tra cui un ospedale della Calabria, il Mater Domini di Catanzaro, e in cinque della Sicilia: San Giovanni di Dio di Agrigento, Giovanni Paolo II di Ragusa, Barone Romeo a Patti (Messina), Sant’Antonio Abate di Trapani e il Civico di Palermo.

Condividi
Pubblicato da:
Alfredo Zermo