CATANIA – Anno dopo anno in italia si registra un minimo storico di nuovi nati. Un trend in atto da diverso tempo, certificato dall’Istat. La diminuzione delle nascite nel 2018 è di oltre 18 mila unità rispetto al 2017 pari al -4%: sono stati iscritti in
anagrafe per nascita solo 439.747 bambini. Dimuzione che riguarda amche la Sicilia, regione che in passato ha tenuto alta la media. Spesso il calo è stato attribuito alla congiuntura economica sfavorevole. Ma chi l’ha detto che il calo delle nascite è da attribuire principalmente alla crisi finanziaria economica che spinge sempre più coppie a rimandare il primo figlio? Forse ci si dimentica volutamente – perché non conviene a molti aprire un serio dibattito – che, al contrario, una buona percentuale di queste “culle vuote” è dovuta all’inquinamento. A quello che mangiamo, quello che respiriamo e all’acqua che beviamo che, alla distanza, provoca nell’apparato riproduttivo dell’uomo disfunzioni erettili e un calo vertiginoso del numero degli spermatozoi e della loro motilità. Nelle donne, invece, gli agenti esterni causano una diminuzione della “riserva ovarica”. Insomma oggi, nell’era moderna, soprattutto le popolazioni economicamente più ricche stanno vivendo il dramma della riduzione delle coppie che fanno figli, con dati allarmanti.
Del quadro che riguarda anche aree della Sicilia dove c’è un’alta percentuale di siti industriali di raffinazione, se n’è parlato nel corso di un convegno organizzato da Confsal, U.Di.Con Catania e centro medico “Le Zagare”. Lo scenario preoccupante è stato tracciato in particolare dal dott. Luigi Montano, uroandrologo napoletano che vive nella “Terra dei fuochi”, una delle zone più inquinate d’Italia. Montano ha illustrato il progetto che sta conducendo in collaborazione col ministero della Salute, per invertire la percentuale allarmante di giovani vicini alla infertilità che in alcune aree riguarda il 60% dei soggetti in età procreativa, partendo dal presupposto che, in attesa dei tempi lunghi del risanamento delle aree inquinate, è necessaria l’introduzione di misure di compensazione e di contrasto del danno di inquinamento chimico e fisico. Ora, secondo il medico capofila del progetto, ciò è possibile attraverso il cambiamento degli stili di vita e soprattutto della corretta alimentazione con alimenti vegetali bio e nutraceutici utili nella detossicazione: «Negli ultimi 40 anni – ha detto il medico – abbiamo riscontrato un calo della concentrazione degli spermatozoi nel 60% nella popolazione in età procreativa e l’uomo è molto più sensibile agli agenti inquinanti rispetto alla donna. Il liquido seminale è più facilmente studiabile e misurabile. Quindo lo abbiamo utilizzato come marcatore dello stato di salute dell’individuo perché è molto più sensibile del sangue nel valutare l’impatto degli agenti inquinanti».
Montano ha aggiunto che è quindi partito un progetto in tre aree sensibili della penisola per invertire questa tendenza negativa. Al nord è stato preso a campione un gruppo di ragazzi di Brescia, città altamente inquinata, al centro la valle del Sacco nel Frusinate e al sud la “Terra dei fuochi”. «Attraverso lo studio che ha previsto anche l’esame del livello nel corpo dei metalli pesanti è stato appurato che giovani sottoposti a una corretta alimentazione bio e all’utilizzo di nutraceutici registravano un miglioramento importante in termini di numero e motilità degli spermatozoi. Ed è quindi da questa base che bisogna ripartire». Montano ha aggiunto che presto lo studio riguarderà anche le aree inquinate della Sicilia: Priolo-Melilli, Gela e Milazzo.
Il Sicilia i dati preoccupanti riguardano anche la scarsa capacità delle donne a procreare a causa di una riduzione della “riserva ovarica”. «Abbiamo appurato – spiega il dott. Maurizio Di Noto, ginecologo e direttore sanitario del centro medico “Le Zagare” – che gli agenti inquinanti hanno una correlazione strettissima. In particolare la riduzione degli ovociti è causata anche dalle polveri Pm10, Pm 250 e dal Biossido di azoto. Queste sostanze vanno ad intaccare la fertilità della donna riducendo in maniera indiretta la quantità di “Amh”, un ormone utilizzato per capire se quella donna ha ancora follicoli riproduttivi o no. Recentemente in alcuni gruppi di lavoratrici che lavorano in fabbrica circa il 60% aveva questa ridotta fertilità. Il rischio, in definitiva, è quello che col passare degli anni avremo sempre più coppie che faticano ad avere un figlio».
Anche in Sicilia i pochi studi effettuati tracciano un quadro desolante. «I risultati che abbiamo in nostro possesso – spiega il dott. Giuseppe Sidoti, andrologo ed endocrinologo del Garibaldi centro – riguardano uno studio che ha analizzato i parametri seminali in tre differenti aree: quella industriale di Melilli, l’area rurale di Regalbuto e infine la città di Catania. Quella industriale di Melilli è risultata altamente tossica soprattutto per metalli pesanti e Pcb (gli idrocarburi aromatici). Alla fine è stato osservato che soprattutto i soggetti che vivono in questa aree industriale presentano alterazioni nel liquido seminale mentre a Regalbuto, invece, non abbiamo riscontrato questa percentuale». Anche a Catania i dati non sono confortanti. «Ci sono determinate categorie di lavoratori che stanno a contatto con le polveri sottili che hanno una consistente riduzione degli spermatozoi. Quello che abbiamo appurato è che nei soggetti che vivono nelle aree inquinate c’è una riduzione del tempo di gravidanza. Cioè si fa maggiormente fatica a procreare».
Anche i pesticidi hanno una forte responsabilità nel calo delle nascite. «Abbiamo riscontrato in un’altra ricerca di qualche anno fa che ha preso in esame Vittoria – spiega sempre il dott. Sidoti – che i serricoltori sottoposti all’utilizzo di pesticidi in maniera non conforme alla normativa, presentavano importanti modificazioni in alcune funzioni fondamentali della fertilità».
Il convegno ha preso in esame anche l’influenza dell’aria inquinata nell’aumento delle malattie respiratorie. Per il dott. Giuseppe Cannaò, pneumologo in pensione del Garibaldi centro «a Catania oltre agli agenti inquinanti ci sono le polveri e l’emissione dell’anidrite solforosa dall’Etna che irrita le vie aeree. Anche la temperatura elevata e la mancanza delle piogge poi fanno il resto».