Ospedali e Pronto soccorso sotto stress in questi primi giorni del nuovo anno, ma a preoccupare è ora soprattutto l’influenza: i ricoveri da Covid, infatti, continuano a calare mentre si assiste ad un aumento delle forme influenzali più gravi accompagnate da polmoniti anche tra i soggetti più giovani. Maggiormente a rischio, per entrambe le infezioni, restano però gli anziani ed i fragili, che affollano le strutture di emergenza spesso in attesa di un ricovero. E’ il quadro che emerge dai dati degli ospedali sentinella della Federazione delle aziende sanitarie (Fiaso) e che spinge gli infettivologi a ribadire l’importanza delle vaccinazioni anche in questa fase.
Si conferma dunque in calo, rileva la Fiaso, l’indice dei ricoveri Covid con un complessivo -16% nell’ultima settimana del 2023. Ed i numeri restano bassi nelle terapie intensive, anche se si registra un sensibile incremento dovuto alle ricadute a lungo termine dell’andamento dei contagi tra la popolazione delle ultime settimane. I pazienti hanno un’età media di 68 anni e nel 93% dei casi sono già affetti da altre patologie. Ancora stabile, inoltre, la situazione negli ospedali pediatrici, con una netta prevalenza dei bambini ricoverati Per Covid, ovvero con sindromi respiratorie riconducibili all’infezione da SarsCov2, che ha portato un bambino in terapia intensiva.
Il Covid in questa fase «sta lasciando il posto all’influenza – spiega il presidente Fiaso, Giovanni Migliore -. I virus influenzali stanno avendo un impatto in termini assoluti maggiore, soprattutto sulla popolazione di anziani e fragili che per affrontare le conseguenze di scompensi respiratori affolla i Pronto soccorso».
Ma ad allarmare gli esperti è anche il maggiore impatto di forme influenzali pesanti sulla popolazione più giovane. L’influenza quest’anno «sembra infatti avere una patogenicità superiore rispetto agli altri anni e stiamo osservando più ricoveri per polmonite in pazienti sani e giovani. Alcuni di questi pazienti hanno bisogno del ricovero e in alcuni casi anche del ricorso alla terapia intensiva», spiega Marco Falcone, direttore del reparto di Malattie infettive all’Azienda ospedaliero-universitaria pisana. Le polmoniti causate dall’influenza, inoltre, «tendono a complicarsi più frequentemente con sovrainfezioni batteriche, come quelle causate da Staphylococcus aureus o Pneumococco».
Ancora non è chiaro se queste forme particolarmente severe siano dovute a un calo dell’immunità verso i virus dell’influenza dopo due anni di pandemia o a varianti virali più aggressive. Tra le complicanze dell’influenza, poi, i medici stanno osservando anche una forma di spossatezza che si protrae per diverso tempo dopo l’infezione, simile al long-Covid.
Oggi il problema – secondo Matteo Bassetti, direttore della Clinica di Malattie infettive del Policlinico San Martino di Genova – è certamente quello dei virus dell’influenza, H1N1 e H3N2 in particolare, «che si somma al virus respiratorio sinciziale (Rsv) e a un’elevata circolazione anche di infezioni batteriche, cioè di polmoniti tradizionali, infezioni da pneumococco. Di nuovo all’orizzonte non c’è la tipologia delle infezioni, ma la quantità, perché una crescita così imperiosa delle infezioni respiratorie non si era vista negli ultimi 15 anni, a livello di report, e probabilmente anche prima».
«Il Covid – puntualizza – non ha nella realtà rappresentato mai un problema negli ultimi 3 mesi, lo era solo per chi voleva rappresentarlo così. Come abbiamo detto tante volte, l’80% dei ricoveri anche nel mese di novembre e di dicembre nella realtà non era a causa dell’infezione legata al Covid, ma di gente che entrava in ospedale per altre ragioni e poi aveva incidentalmente il tampone positivo per Covid».
Oggi, ribadisce dunque Bassetti, il problema è l’influenza e l’exploit delle infezioni respiratorie in generale: «E questa grossa epidemia influenzale in corso, così imponente, farà danni per chissà quanto tempo a livello di batteri resistenti agli antibiotici». Bassetti teme un impatto sui “super bug: «Si stanno utilizzando quantità enormi di antibiotici – segnala – Mi risulta che purtroppo sono prescritti dopo due giorni di febbre o vengono utilizzati in “autoprescrizione”», senza cioè consultarsi con il proprio medico, «e per questo ritengo che vedremo i danni per i prossimi mesi o addirittura anni».