Roma, 8 giu. (Adnkronos Salute) – Non vi sono controindicazioni ai vaccini anti-Covid per i pazienti con malattie autoimmuni/autoinfiammatorie o immunodeficienze. E’ unanime l’opinione di immunologi clinici, virologi, reumatologi, pneumologi, medici di medicina interna, nero su bianco nel nuovo documento sulle vaccinazioni anti-Covid della task force della Società italiana di allergologia, asma e immunologia clinica (Siaaic), che invita a non interrompere i trattamenti. Solo per alcuni farmaci specifici, spiegano, la cura va modificata o la somministrazione posticipata rispetto al trattamento farmacologico. Per non avere alcun problema e poter andare incontro anche al richiamo in tutta tranquillità – sottolineano – è sufficiente seguire le poche e semplici indicazioni delle nuove linee di indirizzo sulle vaccinazioni anti-Covid-19 .
“I pazienti italiani con malattie autoimmuni/autoinfiammatorie – ricorda Enrico Maggi, coordinatore assieme a Raffaele D’Amelio della task force Siiac – sono stati inseriti dal ministero della Salute nella categoria dei pazienti fragili e prioritari per la vaccinazione anti-Covid, per cui è auspicabile che tutti abbiano già ricevuto almeno la prima dose di un vaccino a mRna (Pfizer e Moderna), indicati come preferenziali rispetto a quelli a vettore virale non replicante (AstraZeneca e Johnson & Johnson)”.
“Lo stesso si può ipotizzare per i circa 10.000 italiani con un’immunodeficienza primitiva, ovvero con una delle circa 200 malattie rare in cui il sistema immunitario non è adeguatamente efficiente o è del tutto deficitario nella risposta. Più difficile stabilire – sottolinea Maggi – se i pazienti con immunodeficienze secondarie ad altre patologie o condizioni, per esempio chi ha infezioni virali croniche o neoplasie ematiche o tumori solidi ovvero le donne in gravidanza o chi soffre di malnutrizione, si sia già vaccinato: chi non lo avesse fatto deve provvedere, perché – sottolinea – anche se il vaccino probabilmente induce una risposta inferiore rispetto alla popolazione generale, offre comunque un buon livello di protezione”.
Il nuovo documento della task force specifica che i pazienti con patologie autoimmuni/autoinfiammatorie e immunodeficienze primitive/secondarie devono essere in fase stabile da almeno un mese, altrimenti la patologia potrebbe peggiorare; anche se le malattie si associano a una riduzione delle piastrine (es. piastrinopenie autoimmuni) o ad alterazioni della coagulazione (es. sindrome da anticorpi anti-fosfolipidi primaria o secondaria) si può fare il vaccino solo se si è raggiunta una stabilità clinica. Comunque, non occorre eseguire esami specifici prima o dopo il vaccino.
“Qualsiasi infezione intercorrente sconsiglia l’uso del vaccino fino alla sua risoluzione – precisa Maggi – Chi invece è in terapia con farmaci immunosoppressori può vaccinarsi e il documento indica quali farmaci immunosoppressori possono essere assunti durante la vaccinazione e quali devono essere ridotti di dosaggio. Solo per alcuni, per esempio gli anticorpi monoclonali anti-Cd20 o Rituximab, è opportuno ritardare la somministrazione del farmaco rispetto al vaccino mentre per altri, come gli inibitori delle Jak chinasi o Abatacept, la decisione viene demandata allo specialista. Queste indicazioni – conclude Maggi – valgono sia per la prima che per le successive dosi di vaccino: è importante che questi pazienti, particolarmente fragili, vi si attengano ma non abbiano timore a sottoporsi al vaccino”.