Aumentano i casi Covid, ma l’infettivologo Montineri invita a non lasciarsi prendere dal panico: «Siamo fuori da un discorso epidemico». I casi di Covid-19 sono tornati a crescere a luglio. Secondo il bollettino dell’Istituto superiore di Sanità, tra il 27 giugno e il 3 luglio in Italia i nuovi casi sono stati 3.855, un aumento di 1.350 rispetto alla settimana precedente, quanto i casi erano stati 2.505. L’aumento è concentrato soprattutto in Lazio, che da solo conta 813 nuovi casi. Proporzioni ben inferiori in Sicilia, dove i nuovi casi sono stati 97, in aumento del 30% rispetto ai 74 della settimana dal 20 al 26 giugno. I dati sono in leggera discesa nella settimana dal 4 al 10 luglio, con 75 nell’Isola. E restano numeri ben lontani dagli allarmi della pandemia. Quella del Covid è del resto ormai «una situazione endemica». Lo afferma Arturo Montineri, direttore dell’Unità operativa di Malattie infettive del Policlinico Rodolico-San Marco di Catania. «Attualmente – spiega – abbiamo qui in reparto tre pazienti ricoverati, i primi dopo quasi quattro mesi in cui non ce n’era stato nessuno». L’aumento dei casi non è nemmeno legato alle ultime varianti individuate del virus Sars-Cov2, quelle denominate Jn.1, Ba.2.86 e kp3. «Siamo fuori dal discorso epidemico, e in questo momento non ci sono varianti particolarmente aggressive o contagiose», ribadisce l’infettivologo.
L’attuale periodo di maggior diffusione, con i sintomi noti come febbre alta, mal di gola, tosse e dolori muscolari, fino ad arrivare alle problematiche respiratorie, non sono da ricondurre a una possibile nuova epidemia. «A differenza dell’influenza, la diffusione del Covid non è legata alla stagionalità. Parliamo come detto di un livello endemico di trasmissione, che ha però il vantaggio di mantenere comunque una copertura immunitaria minima nella popolazione», spiega.
A riprova, il numero delle ospedalizzazioni per Covid in questo periodo «si è ribilanciato rispetto a casi di patologie respiratorie anche abbastanza intense. Stiamo vedendo delle forme molto importanti dovute al virus respiratorio sinciziale e altri patogeni intracellulari. Questi durante la pandemia del Covid non si sono visti grazie alle attenzioni alla pulizia delle mani, ai minori contatti e l’uso della mascherina ci hanno protetto anche da quelli. Comportamenti virtuosi che forse non sarebbe male recuperare».
Fare una valutazione sulla diffusione extraospedaliera è, però, più complesso. «Rispetto a quel periodo non c’è più la reportistica completa sui tamponi, ma solo le segnalazioni inviate nei casi riscontrati». Nel corso del 2024, il reparto di Malattie infettive del Policlinico-San Marco ha visto un solo decesso legato al Covid. Ma i rischi restano sempre, non per la popolazione nel suo complesso ma «per i pazienti immunodepressi e gli anziani, a cui la presenza del Covid può portare a conseguenze su altre cure, come quelle chemioterapiche e oncologiche. Quello che a me preoccupa – conclude – è questa sorta di rigetto nei confronti della vaccinazione che è stata completamente, a mio parere, messa da parte. Mi auguro che quando ripartirà la campagna vaccinale per l’influenza la gente si vorrà vaccinare anche per il Covid».