Coronavirus, test rapido in un’ora sarà disponibile entro marzo

Di Redazione / 10 Marzo 2020

ROMA – Un test veloce che riconosce la presenza del coronavirus SarsCoV2 in un’ora, anziché nelle 5-7 oggi necessarie, e oltre 20 progetti di vaccini basati su strategie diverse allo studio in tutto il mondo, Italia compresa: è scattata la corsa per mettere a punto armi capaci di contrastare il virus, anche se per i vaccini l’attesa è ancora lunga, quasi un anno, considerando i tempi necessari per la sperimentazione su animali e uomo e poi per la produzione.


Il test rapido per la diagnosi messo a punto dall’azienda Diasorin di Saluggia (Vercelli), sperimentato nell’istituto Spallanzani di Roma e nel Policlinico San Matteo di Pavia, dove sarà disponibile entro marzo. Il test si basa sulle sequenze genetiche del coronoravirus depositate nelle banche dati internazionali e riconosce tutte le varianti finora note. L’Italia è in buona posizione anche nella ricerca sul vaccino. Potrebbe arrivare entro marzo il via libera ai test sugli animali del vaccino progettato dalla Takis. E’ un vaccino costruito al computer, ottenuto clonando un frammento dell’informazione genetica del virus nei filamenti circolari di Dna presenti nei batteri; il pacchetto così ottenuto viene iniettato nel muscolo e poi una breve scossa elettrica fa entrate il vaccino nella cellula, che comincia a produrre la sostanza (antigene) riconosciuta dal sistema immunitario. Un’altra azienda italiana, la ReiThera, attende in aprile il via libera per i test sugli animali del vaccino basato su un adenovirus degli scimpanzé reso inoffensivo e trasformato in una navetta che trasporta la sequenza genetica della proteina spike, ossia l’arma che il coronavirus utilizza per invadere le cellule del sistema respiratorio umano. Iniettato per via intramuscolare, il vaccino stimolerebbe la produzione di anticorpi e l’attività delle cellule immunitarie. Sempre in Italia, la Irbm, si prepara a produrre il vaccino progettato dall’Istituto Jenner dell’università di Oxford nel suo laboratorio Gmp (Good Manufacturing Practices) per preparare le dosi necessarie ai test sugli animali, che saranno condotti in Gran Bretagna.
Nel mondo sono una ventina i progetti di vaccino allo studio, basati su tre approcci: virus intero, frammenti del virus e materiale genetico. Sulla prima tecnologia stanno lavorando, per esempio, la Janssen (Johnson & Johnson) e la Codagenix e l’Istituto sierologico indiano.


Utilizzano invece parti del vaccino l’Università australiana del Queensland in collaborazione con la Coalion for Epidemic Preparedness Innovation (Cepi), il Baylor College of Medicine, l’università cinese Fudan University, New York Blood Center, e l’università del Texas; sono impegnate in questo approccio anche le aziende Novavax, Clover Bipharmaceuticals e Vaxart. Si basano infine sul materiale genetico del coronavirus i vaccini progettati da Inovio, Beijing Advaccine Biotechnology e Cepi, Moderna, in collaborazione con i National Institutes oh Health (Nih) degli Stati Uniti e Cepi e infine CureVac e Cepi.

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