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Coronavirus, il medico catanese sopravvissuto ad Ebola: «Rivivo sensazione di allarme»

Di Barbara Di Chiara |

Catania – «Io non ho avuto più problemi. Certo, è stato necessario un periodo di recupero. Ma ora sto bene. Quello che provo oggi di fronte all’epidemia di coronavirus è una sensazione di allarme, perché è un’emergenza che potenzialmente interessa tutta la collettività. Mentre Ebola non arriverà mai a provocare una epidemia in Occidente: è una malattia “africana”, che si trasmette esclusivamente per contatto e non per via aerea. E proprio questo la rende paradossalmente più virulenta, ma meno contagiosa di un coronavirus». A parlare con l’AdnKronos Salute è Fabrizio Pulvirenti, il medico infettivologo catanese che venne colpito dal virus Ebola in Sierra Leone, dove lavorava come volontario.

La notizia di un primo possibile caso italiano di Ebola arrivò il 24 novembre 2014 quando Emergency annunciò, senza rivelarne il nome, che un suo operatore in Sierra Leone aveva i sintomi della malattia. Era Pulvirenti, che fu trasferito in Italia e curato allo Spallanzani di Roma. I bollettini medici emessi dall’ospedale evidenziavano febbre molto alta e altre complicazioni polmonari causate dal virus. Solo il 2 gennaio 2015 i medici annunciarono la guarigione di Pulvirenti, dopo 39 giorni di ricovero.

Allo stesso modo fu salvato Stefano Marongiu, infermiere di Emergency secondo malato italiano di Ebola, ricoverato il 13 maggio 2015 e dimesso un mese dopo. I loro due casi sono stati persino pubblicati sulla rivista “Bmc Infectious Diseases”, con un articolo che ripercorre l’impegno per la gestione della polmonite interstiziale, l’analisi critica delle situazioni, la lista di tutte le persone e le istituzioni coinvolte. «Ebola – ricorda ancora Pulvirenti – è stata più preoccupante per altri aspetti, diciamo anche più per gli effetti mediatici che per quelli epidemiologici seri, perché è improbabile che possa raggiungere l’Occidente. Contro il nuovo coronavirus vanno intensificati i controlli alle frontiere, ma per le persone adulte e sane non credo ci siano grandi pericoli. Ben più rischiosa la situazione di pazienti già provati da malattie croniche, o anziani, o ancora per i bambini», conclude il medico catanese.

L’allarme mondiale sul coronavirus «è però una situazione completamente diversa – evidenzia l’ex “paziente zero”, che parla anche da esperto infettivologo in forza a Enna – che desta però una certa preoccupazione perché, anche se Ebola è il più delle volte letale, è circoscritta ad alcuni Paesi dell’Africa. Mentre il coronavirus può migrare in tutto il mondo. Questi due virus si trasmettono per vie diverse e hanno anche “bersagli” diversi – ricorda Pulvirenti – perché se Ebola è una patologia tipicamente africana e, seppur spaventosa e quasi sempre letale, si trasmette solo per contatto, un passeggero di un volo proveniente dalla Cina che è infetto e che arriva in un Paese libero dall’infezione potrebbe potenzialmente impiantare un focolaio di coronavirus. In Italia, comunque abbiamo messo in pratica il giusto sistema di prevenzione, anche negli aeroporti».COPYRIGHT LASICILIA.IT © RIPRODUZIONE RISERVATA


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