salute
Al Policlinico di Catania il primo intervento con l’Angiovac: a cosa serve e come si usa
Asportati una serie di trombi formatisi nell’atrio destro del cuore di una donna settantenne, a seguito dell’infezione di cavi legati al pace maker per l’elettrostimolazione cardiaca
Il nuovo sistema di drenaggio venoso Angiovac è stato utilizzato per la prima volta con successo nell’Unità Operativa Complessa di Cardiochirurgia dell’AOU del Policlinico “Rodolico – San Marco” di Catania diretta da Salvatore Lentini.Un delicato intervento con l’utilizzo della procedura al suo debutto, in particolare, è stato eseguito in una delle moderne sale operatorie del presidio “Rodolico” di via Santa Sofia, per l’asportazione di una grossa “vegetazione fungina endocardiaca dalla valvola tricuspide”, vale a dire una serie di trombi formatisi nell’atrio destro del cuore di una donna settantenne, a seguito dell’infezione di cavi legati al pace maker per l’elettrostimolazione cardiaca.
La metodica AngioVac, estremamente mininvasiva, in questo caso ha incluso una cannula di aspirazione, inserita da una vena giugulare, dotata alla sua estremità di una struttura espandibile a forma di ventaglio così da poter catturare e aspirare agilmente la massa fungina.
L’équipe multidisciplinare che ha effettuato l’intervento eseguito in circolazione extracorporea, coordinata dal direttore Lentini, era composta da altri cardiochirurghi, cardiologi e anestesisti oltre al personale infermieristico. Questa prima procedura Angiovac, durata appena tre ore consentirà d’ora in poi, per alcune patologie, di evitare tecniche chirurgiche più complesse e soprattutto più invasive, riducendo notevolmente il rischio di eventi avversi e accorciando altresì i tempi di ripresa del paziente.In questo caso, la donna sottoposta all’intervento era stata precedentemente operata alla valvola mitrale mentre già conviveva da oltre vent’anni con i cavi per l’elettrostimolazione del cuore sui quali si è sviluppata l’infezione e la crescita di una grossa vegetazione fungina.
La difficile operazione a cuore aperto era stata subito esclusa dai sanitari per via dell’alto rischio di vita alla quale la paziente sarebbe andata incontro. La presenza dei requisiti per l’utilizzo della nuova metodica hanno quindi convinto i cardiochirurghi a preferire la via estremamente micro-invasiva dell’Angiovac.
La perfetta collaborazione e la stretta sinergia tra professionisti di specializzazioni diverse ha garantito, ancora una volta, il perfetto esito delle manovre. Dopo pochi giorni dalla procedura Angiovac la paziente ha potuto affrontare una procedura di elettrofisiologia con uno “stand by chirurgico” a cura dei cardiologi specialisti del Policlinico, per l’asportazione di altri cateteri del pacemaker, con esito positivo.COPYRIGHT LASICILIA.IT © RIPRODUZIONE RISERVATA