Aborto: Camusso, Ssn deve garantire diritto donne senza discriminazioni

Di Redazione / 11 Aprile 2016

Roma, 11 apr. (AdnKronos Salute) – La decisione del Consiglio d’Europa di accogliere un ricorso della Cgil sull’accesso ‘a singhiozzo’ all’aborto nel nostro Paese è “una sentenza importante perché ribadisce l’obbligo della corretta applicazione della legge 194, che non può restare soltanto sulla carta. Il sistema sanitario nazionale deve poter garantire un servizio medico uniforme su tutto il territorio nazionale, evitando che la legittima richiesta della donna rischi di essere inascoltata”. Ad affermarlo è il segretario generale della Cgil, Susanna Camusso, che sottolinea come la decisione del Consiglio d’Europa “riconferma che lo Stato deve essere garante del diritto all’interruzione di gravidanza libero e gratuito, affinché le donne possano scegliere liberamente di diventare madri e senza discriminazioni, a seconda delle condizioni personali di ognuna”.
A tre anni di distanza dal Reclamo collettivo (numero 91 del 2013) da parte della Cgil, oggi – sottolinea il sindacato – è stata finalmente resa pubblica, dopo il lungo periodo di embargo, la decisione di merito con cui il Comitato europeo dei diritti sociali del Consiglio d’Europa ha nuovamente riconosciuto che l’Italia viola i diritti delle donne che – alle condizioni prescritte dalla legge 194 del 1978 – intendono interrompere la gravidanza. “E’ stata anche accertata la violazione dei diritti dei medici non obiettori di coscienza – ricorda la Cgil – a causa dell’elevato e crescente numero di medici obiettori di coscienza e della disorganizzazione degli ospedali e delle Regioni, che dunque affrontano un insieme di svantaggi sul posto di lavoro sia diretti sia indiretti, in termini di carico di lavoro e prospettive di carriera”.
La sentenza risale al 12 ottobre 2015, “ma è stato possibile renderla nota soltanto oggi – precisa il sindacato – alla scadenza dell’embargo che poteva essere interrotto soltanto dal Governo italiano, cosa che purtroppo non è avvenuta”.
La legge 194 del 1978 prevede che, indipendentemente dalla dichiarazione di obiezione di coscienza dei medici – ricorda la Cgil – ogni singolo ospedale e le Regioni debbano sempre garantire il diritto di accesso all’interruzione di gravidanza delle donne. “Oggi purtroppo, a causa dell’elevato e crescente numero, come dimostrano i dati forniti dalla Cgil nell’ambito del giudizio davanti al Comitato europeo, di medici obiettori, molte strutture si trovano a non avere all’interno del proprio organico un numero adeguato di medici che possono garantire leeffettiva e corretta applicazione della legge”, sottolinea il sindacato.
Il riconoscimento di queste violazioni, a distanza di ormai due anni dalla prima condanna del Comitato europeo nei confronti dell’Italia, per la Cgil “è una vittoria per le donne e per i medici, ma anche per l’Italia: costituisce un’importante occasione affinché si prenda finalmente coscienza dei problemi concreti di applicazione della disciplina (definita dalla Corte costituzionale quale regolamentazione irrinunciabile), finora del tutto disconosciuti dal ministero della Salute”.

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