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Sbarco Pozzallo, i naufraghi: «Ci siamo salvati aggrappandoci ai cadaveri»

Di Redazione |

POZZALLO (RAGUSA) – Aggrappati ai cadaveri per rimanere a galla. L’ennesimo racconto dell’orrore nel Mediterraneo centrale arriva dalla voce di chi è sopravvissuto e ora, sulla banchina del porto di Pozzallo, prova a lasciarsi per sempre alle spalle quei momenti. I migranti sono sbarcati ieri sera da nave Diciotti della Guardia Costiera, che ha raccolto anche i 42 che erano stati soccorsi da nave Trenton della Marina Usa al largo della Libia una settimana fa. E sono proprio loro a raccontare che, sul gommone in cui viaggiavano, c’erano 110 persone. Dunque quelli finiti in fondo al mare sarebbero almeno una settantina, compreso lo scafista, una donna incinta e anche una neonata di pochi mesi e la sua giovanissima madre. Cifre confermate da più fonti e, anche, da Lucilla Garufi, un’operatrice di Intersos – Unicef che era a bordo della nave della Guardia costiera. «C’erano delle nigeriane – rivela – che hanno detto di avere perso amici e familiari durante la tragedia, e, soprattutto, li hanno visti affondare e annegare sotto i loro occhi». «Il gommone all’improvviso si è bucato al centro – hanno detto le superstiti – e si è spezzato in due… è stata la fine… abbiamo visto le nostre sorelle annegare davanti ai nostri occhi, senza potere fare alcunché per salvarli…». I sopravvissuti resteranno insieme in un centro specializzato del ragusano per avere la necessaria assistenza psicologica.

E intanto i dettagli del naufragio arrivano nel giorno di un’altra tragedia del mare in Libia dove sono stati recuperati dalla marinale libica i corpi di sei migranti. Cinque sopravvissuti sono stati salvati e trasferiti all’ospedale di Janzur. Avranno gli stessi sguardi degli oltre 40 superstiti raccolti da nave Trenton, della marina Usa, che si riconoscono mentre scendono dalla Diciotti, dopo un viaggio in mare durato una settimana. Sono tutti adulti, provati. Hanno occhi impauriti e traumatizzati, e appaiono senza forza. Li ha visti così anche Teo di Piazza, coordinatore dell’équipe psicologica di Medici senza frontiere in Sicilia, il cui personale ha partecipato allo sbarco. «Alcuni di loro – afferma – ci hanno detto che questo viaggio è sembrato durare un anno. Hanno solo bisogno di aiuto e di un pò di umanità». Ne hanno bisogno i 400 uomini, due con cicatrici a un braccio e una gamba, le 71 donne, sei delle quale incinte e ricoverate, e i 36 minorenni maschi e due minorenni femmine sbarcati nella notte a Pozzallo in poco meno di tre ore. Sei bambini, tre donne e un uomo, che aveva una bronchite, erano invece stati portati a riva ieri pomeriggio con una motovedetta della Guardia costiera. Tranne i ricoverati e alcuni casi speciali tutti sono stati condotti nel vicino hotspot presente nello stesso porto del Ragusano. «Gli abbiamo dato un tetto, hanno avuto vestiti puliti – sottolinea il sindaco Roberto Ammatuna – e cibo, e tutti hanno potuto fare la doccia. Oggi ne partono cento: 50 in Piemonte e 50 in Lombardia».

E a bordo del Diciotti c’era anche il cadavere di un uomo: è morto a bordo del Vos Thalassa, il 16 giugno scorso, dopo l’ennesimo salvataggio compiuto dal mercantile nel Mediterraneo. Era insieme ad altri 33 migranti e secondo alcuni testimoni, era un giovane che sembrava molto malato e viaggiava da solo. La Procura di Ragusa sta valutando se disporre l’autopsia o se sarà sufficiente l’esame medico legale esterno. Tra tante storie di “viaggi della speranza” c”è quella di un bambino di otto anni partito da solo dall’Eritrea perché i suoi genitori non avevano i soldi per potere andare con lui e che, dopo avere attraversato diversi Paesi africani è arrivato in Libia, riuscendo a partire dopo sei mesi di permanenza in un centro del luogo. A otto anni ha già l’esperienza di un adulto, ed è riuscito nel suo intento: arrivare in Italia. Ma il sogno è incompleto: adesso spera di potere avere presto i soldi per potere fare arrivare nel nostro Paese anche i suoi genitori. COPYRIGHT LASICILIA.IT © RIPRODUZIONE RISERVATA