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Peculato, assolto l’ex senatore Minardo

Di Franca Antoci |

«Sono vittima di un gravissimo errore giudiziario»: il senatore Riccardi Minardo non perde il sorriso nemmeno mentre pronuncia queste parole. Pesanti. Da pochi minuti i giudici del Tribunale di Ragusa hanno emesso una sentenza che ha chiuso l’affaire Copai: tutti innocenti. Sono venti gli imputati, comprese le società Arké Kronu e Copai, assolti dai reati di associazione per delinquere finalizzata alle truffe aggravate ai danni dello Stato, di altri enti pubblici e della Comunità europea, alle malversazioni e al riciclaggio.

Per la malversazione gli imputati sono stati prosciolti perché il reato è prescritto. Giuseppe Barone, Nives Barone, Maria Chessari, Giorgio Di Martino, Carmelo Emmolo, Angelo Giannì, Giovanni Moncada, Raffaele Nifosì, Francesco Palumbo, Giuseppe Ruta, Valerio Tidona, Nadia Zago, Giovanni Digiacomo sono stati indagati, accusati e processati.

Il senatore Riccardo Minardo e la moglie Giuseppina Zocco, la presidente del Copai Rosaria Suizzo e il marito Giuseppe Barone, Pietro Maienza sono stati indagati, accusati e il 26 aprile del 2011 arrestati. E poi processati. «Sono passato dall’aula parlamentare, all’aula giudiziaria – dice Minardo che non ha mai perso un’udienza e mai rilasciato dichiarazioni di astio verso chiunque – perché è così che ho trascorso questi 6 anni in cui non ho avuto altro obiettivo che dimostrare la mia assoluta estraneità al Copai e ai reati contestati da un’accusa assurda». Minardo era un deputato regionale in carica quando un’alba di aprile si vide portare in carcere con la moglie.

Quello sì è un momento di cui non vuole parlare. «Ho subito un intervento serio per il quale nessuno mi ha detto che rischiavo la vita – ricorda Minardo – ma quando a pericolo scampato mi hanno spiegato il pericolo che avevo corso, ho pensato che non potevo morire se prima non chiudevo questa storia. E allora ho pregato ogni giorno per vivere e dimostrare alla gente che mi ha sempre votato, di essere un uomo onesto e un politico trasparente e corretto. Adesso, posso morire tranquillo». E ride perché sa che questo è il momento in cui chiusa una pagina, è pronto a riaprirne un’altra. Come geometra o come politico? Non si esprime. Ma il suo sguardo la dice lunga sulla voglia di tornare a riprendere un posto rubato e gridare a tutti: «Ricordate? Io lo avevo detto che non c’entravo nulla». Vero. Lo aveva detto quando ancora credeva che l’indagine sul Copai, almeno nella parte che lo riguardava, sarebbe stata archiviata. Poi, dopo cinque mesi di arresti domiciliari, solo un tentativo di riprendere il suo spazio nelle elezioni regionali del 2012 seguito da una sconfitta e da un dignitoso silenzio. Quindi l’attesa. Lunga, estenuante, umiliante.

Si aspettava l’assoluzione temendo una condanna o questa era una eventualità mai considerata?«Ho sempre pensato che non potevo essere condannato perché del tutto estraneo al Consorzio. Non solo l’ho sempre sostenuto io, ma anche perché lo hanno confermato tutti testimoni, e sono stati tanti ascoltati dai giudici. Sia quelli dell’accusa che quelli della difesa. Nessuno ha mai fatto il mio nome se non per la conoscenza del ruolo politico che ho esercitato per anni: da sindaco di Modica a deputato a senatore. Da uomo corretto e onesto».COPYRIGHT LASICILIA.IT © RIPRODUZIONE RISERVATA