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Modica, Nifosì: “Io figlia della vittima e del carnefice”

La toccante testimonianza in occasione dell'iniziativa Unitre contro la violenza di genere

Di Redazione |

E’ stato un appuntamento di grande interesse quello che, su iniziativa della locale sede dell’Unitre, si è svolto a Modica presso la sala del Granaio, in occasione della giornata internazionale contro la violenza sulle donne. Dopo l’intervento introduttivo del presidente Enzo Cavallo, sul tema “con le donne contro la violenza di genere”, ha relazionato l’avv. Maria Grazia Biscari (nella foto da sinistra con Nifosì) che traendo spunti dalle sue innumerevoli esperienze personali e professionali, ha sottolineato come, da sempre, la donna, è stata sottomessa alla volontà ed alla prevaricazione maschile e in tanti casi è considerata come un oggetto o come un soggetto di cui potersi approfittare. Nel descrivere fatti gravissimi di cui si è occupata nel suo ruolo di avvocata, ha parlato della marcata mentalità maschilista, di ricorrente discriminazione della donna, di violenza fisica e di violenza psicologica, di leggi permissive e, richiamando il delitto d’onore, di sentenze aberranti.

Ha quindi fatto riferimento alle carenze educative e formative delle nuove generazioni ed ha sottolineato la necessità di poter disporre di forme di “educazione all’affetività” e di una mentalità fondata sul rispetto degli altri e dei valori che dovrebbero concorre alla formazione di ogni individuo. Ha infine elencato gli atteggiamenti e le espressioni che fanno capire quali sono i soggetti di cui non ci si deve fidare, ha evidenziato il valore della famiglia per la buona educazione dei figli ed ha auspicato la introduzione di metodi e nuove materie per orientare la formazione delle nuove leve  al rispetto degli altri ed alla costruzione di una società più serena. E’ quindi seguita la testimonianza della dottoressa Francesca Nifosì, modicana, orfana dalla età di cinque anni, di madre vittima di femminicidio e testimone de “Il giardino segreto”, una associazione della quale fanno parte orfani di madre vittime di femminicidio. Una associazione che si occupa dei bambini che hanno perso la mamma, per tentare di dare quella felicità di cui la sorte li ha privati. Si è quindi soffermata sulla sua vita., sul suo essere figlia della vittima e nel contempo del carnefice, senza alcun sostegno psicologico, per un lutto negato e per essere stata costretta a portarsi dietro tanto dolore da sola.

Toccante  la testimonianza dei momenti di grande tristezza vissuti a scuola  per  non poter scrivere biglietti e messaggi alla mamma e al papà come facevano i compagni in occasione dei compleanni dei genitori, per il piacere di fare una sorpresa o per fare gli auguri in prossimità delle feste. Dopo aver dichiarato che a distanza di cinquanta anni non è riuscita ancora a trovare un aggettivo per qualificare l’orrore vissuto, ha parlato dell’incontro avuto col padre senza riuscire a farsi dire le ragioni del suo gesto e si è dichiarata orgogliosa di essere figlia di una madre che ha avuto il coraggio di lasciare il marito “maschilista”. Ha concluso affermando che il femminicidio è un problema culturale che va affrontato principalmente dalle famiglie e dalle scuola (fin dalla materna). Fermo restando che nelle scuole la formazione dei giovani non può essere affidata a professori che non siano mentalmente convinti di contrastare il femminicidio.COPYRIGHT LASICILIA.IT © RIPRODUZIONE RISERVATA