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Cronaca

L’estorsione a una ristoratrice di Scoglitti finisce in tribunale

La titolare ha denunciato di essere vittima del racket del pizzo

Di Salvo Martorana |

Riprende il 24 novembre, con la deposizione della titolare di un ristorante che insieme al marito ha denunciato di essere vittima del racket del pizzo, il processo davanti al Tribunale collegiale di Ragusa ai danni di cinque vittoriesi arrestati il 10 gennaio dell’anno scorso dai carabinieri di Ragusa per estorsione continuata in concorso, aggravata dal metodo e dalla finalità di agevolazioni mafiose, ai danni dei titolari di un’attività di ristorazione di Scoglitti.

Il marito ha già confermato in aula le accuse in risposta alle domande del pm Alfio Gabriele Fragalà della Dda e del collegio difensivo. Sotto processo Rosario Nifosì, 68 anni; Titta Ventura, 64 anni; Angelo Ventura, 38 anni, Massimo Melfi, 37 e Marco Nuncibello, 35. I due Ventura sono difesi dall’avvocato Giuseppe Di Stefano; Nifosì è assistito dall’avvocato Italo Alia; Melfi e Nuncibello sono difesi dall’avvocato Francesco Vinciguerra. Nel corso della prima udienza il collegio presieduto dal giudice Vincenzo Panebianco ha ammesso le parti civili: le persone offese e l’associazione Antiracket. A chiedere il processo la Procura Antimafia di Catania che ha chiesto il rito immediato a conclusione delle indagini. Nessuno degli imputati ha optato per i riti alternativi davanti al gup etneo. Secondo l’accusa i commercianti, marito e moglie, stanchi di pagare, nel 2020, hanno denunciato i fatti facendo scattare le indagini delegate dalla Procura distrettuale di Catania al Nucleo investigativo del reparto operativo del comando provinciale carabinieri. Le vittime in due anni avevano versato 4.000 euro.COPYRIGHT LASICILIA.IT © RIPRODUZIONE RISERVATA