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In terra Iblea il petrolio è ormai finito, ma il gas ancora no

Di Michele Barbagallo |

Adesso il nuovo allarme: “Zero produzione dalla concessione petrolifera di Ragusa, per Enimed occorre un piano di sviluppo serio”. E come pensare ad una nuova idea di sviluppo sempre legata allo sfruttamento dei giacimenti? C’è una possibile ricetta?

“Transizione dal petrolio al gas, verso un’idea di sfruttamento dei combustibili fossili sempre più rinnovabile”, dichiara la segreteria Uiltec con Andrea Bottaro, Maurizio Castania e Peppe Scarpata, rispettivamente segretario generale e territoriali della Macro Area per il sud est Sicilia, alla platea dei delegati e dei dirigenti sindacali riunita a Ragusa per l’attivo Eni provinciale. “I giacimenti delle concessioni minerarie di Ragusa sono stati sfruttati al massimo della loro capacità nominale e non coltivati, invece, come avrebbero dovuto, con il risultato contabile di una perdita che va oltre i 7.000 barili al giorno in meno nel nostro territorio. Il greggio di Ragusa passa da una produzione straordinaria di 9.200 barili/giorno nel 2014 a quella di 2.400 registrata al 31 dicembre del 2017. La concessione storica di Ragusa, oggi, non produce più: è ferma. In attività, per l’estrazione di olio, rimane solo Tresauro, lì dove Eni è in partnership con Edison e Irminio per la concessione Sant’Anna. Entrambe le concessioni necessitano di interventi straordinari di manutenzione al fine di salvaguardare i pozzi e, dunque, la risorsa che non è solo mineraria. Basta dare un’occhiata ai numeri: da 340 milioni di euro di ricavi nel 2014, il petrolio ragusano oggi si attesta ad appena 50 milioni. Misure che ci fanno preoccupare e non poco se guardiamo anche alle attività di estrazione di Gela, in cui Eni perde nel triennio 2014-2017 più di un terzo della produzione originaria. Il petrolio siciliano è dunque a rischio”.

Da quasi un miliardo di chili di petrolio prodotti nel 2014 in terraferma, ai 460 milioni di chili estratti nel 2017. “Occorre intervenire e subito; cabine di regia, tavoli programmatici, protocolli di settori divenuti oramai carta straccia e politica dell’attesa non bastano più”, dicono i sindacalisti.

Per il sindacato di categoria che fa capo alla Uil occorre dunque prendere atto della situazione e capire che si deve intervenire anche suggerendo dei cambiamenti di produzione ma evitando di abbandonare il settore perché si perderebbero vari posti di lavoro oltre che si verrebbero a determinare meno introiti per l’area iblea e per la Sicilia.

Ma perché si sta arrivando verso queste problematiche? “Enimed, la società di estrazione e produzione petrolio, paga lo scotto di una politica industriale di Eni fortemente ancorata a un prezzo del greggio superiore agli 80 euro al barile. Bisogna mettere mano al portafoglio e tornare a investire sul petrolio che in questi ultimi mesi è tornato a un prezzo medio di 50 euro per barile estratto. La Sicilia rischia di perdere una fetta importante di prodotto interno lordo – spiegano ancora dalla Uiltec – Basti pensare che nei flussi export della bilancia commerciale dell’Isola, petrolio, chimica e produzione di raffinati contano più dell’80%. Intervenga, quindi, il governo regionale, a tutela degli interessi dei siciliani; dalle minori produzioni di Eni arriveranno minori entrate fiscali per la regione, minori risorse, pari a zero o quasi, per gli enti locali, Comuni, che non incasseranno royalties: il sindacato farà la sua parte, indugiare non serve più».

Sul fronte della Versalis, intanto, ci si prepara alla fermata generale di manutenzione, programmata per tutto il mese di marzo, in cui saranno revisionate centinaia di apparecchiature sensibili, con aumento significativo di affidabilità per linee di produzione e sistemi di sicurezza, congiuntamente a una spesa complessiva che supererà gli 8 milioni di euro per il 2018.

“Serve anche conoscere nei dettagli il progetto di Versalis per la chimica –chiosano i segretari della Uiltec – in attesa di un piano industriale che consolidi gli assetti e parli finalmente di sviluppo per un settore fondamentale dell’economia del Paese. Versalis da due anni registra utili record che sfiorano il miliardo di euro: trainante, la chimica di base.

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