COMISO – Martedì 4 dicembre. Una scuola come tante. Sono le 13,30. La campanella suona. Tutti fuori nell’atrio, pronti ad andare a casa. A un tratto uno studente diciottenne inveisce contro un ragazzino. Uno dei professori assiste alla scena e lo richiama: «Ma che fai?» gli dice severo. Lo studente lo guarda rabbioso: «Ma tu chi sei?» gli risponde. Il professore gira le spalle e intima: «Andiamo dal preside».
Lo studente lo segue, magari aspettando che nel tragitto il prof cambi idea. E la sua rabbia sale. Dicono che quel ragazzo abbia problemi. Prima di varcare la soglia del corridoio che porta nella stanza del dirigente, lo studente coglie il prof di sorpresa e lo aggredisce. Alle spalle. E giù pugni. Una raffica di pugni in testa. A scuola fanno in fretta a far uscire gli altri studenti prima che succeda il caos o che qualcun altro resti coinvolto. Un altro professore interviene e tenta disperatamente di bloccare lo studente ma lui continua a colpire alla cieca sia l’uno che l’altro. Nel frattempo, le telecamere di videosorveglianza della scuola registrano. Il professore cerca di parare i colpi. Invano. E non ha nemmeno la forza di reagire: è uno studente ad aggredirlo. Potrebbe essere suo figlio.
Minuti eterni. Arrivano altri professori, il dirigente. E’ il panico. Si susseguono urla di paura. Ci vogliono tre persone per fermare quella mitragliata di inarrestabili pugni. Il professore giace a terra intontito. Perde sangue dalla testa. «Come stai?» chiedono i colleghi preoccupati. «Cosa è successo?» chiede lui toccandosi la ferita. Il ragazzo viene allontanato, ma continua a urlare minacce contro il professore. Lo aiutano ad alzarsi. Accompagnato al pronto soccorso dell’ospedale Regina Margherita, il professore viene medicato. Dopo i controlli di rito, i medici diagnosticano sette giorni di prognosi. Lo studente viene espulso e denunciato alla polizia. Che raccoglie le testimonianze e mette sotto sequestro il video. I telefoni cellulari degli studenti sembrano impazziti: messaggi e whatsapp raccontano attimo per attimo la vicenda. I ragazzi sono sbigottiti. I professori preoccupati. Ai momenti concitati seguono i commenti del giorno dopo. E poi, il silenzio. Magari il professore ritirerà la denuncia e fra 15 giorni lo studente tornerà a scuola. Come se nulla fosse successo.