TREVISO – E’ morto Iroso, l’ultimo mulo che era stato in forza alle truppe alpine. Aveva 40 anni, equivalenti a 120 per un uomo, che erano stati festeggiati nel gennaio scorso dalle “penne nere” e dai proprietari, che lo avevano preso all’asta quando l’Esercito “pensionò” i muli per passare ai mezzi cingolati. Per Iroso c’era stata una festa di compleanno con tanto di alza bandiera e fanfara in stile adunata alpina, a Cappella Maggiore (Treviso), dove viveva. A dare la notizia della morte di Iroso è stato Francesco Introvigne, presidente della sezione Ana di Vittorio Veneto.
Iroso, numero di matricola 212 scolpito sullo zoccolo e in forza alla disciolta Brigata Cadore, era ormai quasi cieco e acciaccato dal peso degli anni. Era solito seguire passo dopo passo Gigliola, cioè quella che da almeno una decina d’anni era stata la sua compagna, morta prima di lui, raccontano gli alpini che lo custodiscono, tanto che per il dolore ha ragliato, inconsolabile, per due giorni. Così il proprietario, Antonio De Luca (ex alpino), aveva trovato per fargli compagnia ‘Winie’, una giovane asina concessa in “comodato d’uso perenne” da Marzio Bruseghin, ex campione del ciclismo e proprietario di un allevamento del vittoriese.
Zaia, il generale Iroso resta nei nostri cuori. “Come tutti i veri alpini, anche il generale Iroso non è morto, è semplicemente andato avanti, per restare comunque sempre nei nostri cuori”. Così il presidente della Regione del Veneto, Luca Zaia, ricorda l’epopea del mulo Iroso, l’ultimo mulo alpino rimasto in vita, con la matricola 212 ancora stampigliata sullo zoccolo, che oggi, a 40 anni, è “andato avanti”, come usano dire gli alpini di un loro commilitone che non c’è più. “Tante volte ci siamo incontrati con Iroso – ricorda Zaia – e ogni volta era come ritrovare un vecchio amico, non solo un animale di accarezzare e rispettare. Un amico degli alpini, di noi grandi come dei tanti bambini che se ne innamorarono incontrandolo, all’adunata degli alpini di Treviso 2017, come in occasione del suo compleanno che festeggiammo a Vittorio Veneto. In lui c’è stata una fierezza straordinaria, con la quale ha rappresentato tanti valori: l’alpinità, la storia del nostro territorio, l’identità del Veneto e delle genti di montagna”.