PALERMO – Dopo la breve ma intensa visita a Palermo, il presidente cinese Xi Jinping è decollato questa mattina dall’aeroporto Falcone e Borsellino, a bordo del Boeing 747-8L dell’Air China, alla volta di Nizza, da dove proseguirà per il Principato di Monaco. Xi Jinping, che viaggia con la moglie Peng Liyuan, era arrivato a Palermo ieri pomeriggio. Stanotte ha alloggiato a Villa Igiea, dove 80 delle 110 stanze dell’albergo sono state occupate dalla sua delegazione impegnata ieri non solo in una visita turistica della città, ma anche a gettare le basi per possibili accordi commerciali con la Sicilia. Ma cosa resta della visita di Xi a Palermo?
Portare in Sicilia merci da lavorare e turisti: è questo l’obiettivo ormai chiaro del progetto della Nuova Via della Seta. «La Cina viene in Sicilia solo per fare business, non per comprare e governare i nostri asset strategici. Del resto, noi sovranisti della Lega non lo permetteremmo. E come ha richiesto il Capo dello Stato, saranno scambi alla pari». Il sottosegretario all’Internazionalizzazione, il palermitano Michele Geraci, il “padre” degli accordi Italia-Cina firmati ieri, prima simpatizzante del M5s e da poco ufficialmente organico al Carroccio di Salvini, nello stile di Hide Park Corner ieri ha convocato all’improvviso una conferenza stampa ai piedi della statua di Ruggiero Settimo in piazza Politeama a Palermo, per spiegare il senso della “visita privata” di Xi Jinping. «Ha ricambiato una cortesia istituzionale al presidente Mattarella, che in Cina aveva visitato la città natale di Xi», chiosa Geraci, insistendo sul fatto che oltre alla visita istituzionale a Palazzo dei Normanni la coppia presidenziale avrebbe fatto solo turismo in città, in maniera discreta. Sul come e dove, massimo riserbo.
Ma, sciolta la conferenza stampa, è arrivato il momento di tracciare un quadro concreto. Ieri non si sono svolti incontri fra la delegazione cinese e gli enti e le imprese siciliani interessati agli accordi, perchè una delegazione più tecnica del governo cinese era già stata nei giorni scorsi a Palermo, dove ha incontrato i soggetti già selezionati e ha ritirato i dossier da esaminare. La trattativa, quindi, sta andando avanti per arrivare alla scelta degli obiettivi sui quali focalizzare gli investimenti cinesi e le modalità dello scambio con tecnologie e prodotti made in Sicily.
E mentre ieri la tv di Stato cinese intervistava proprio i protagonisti di quegli incontri precedenti (fra i quali, pare, il presidente della Camera di commercio Palermo-Enna, Alessandro Albanese, e il presidente della Fondazione Sicilia, Raffaele Bonsignore, che aveva ospitato la presentazione del fondo di Shanghai interessato alla realizzazione del megaterminal merci al porticciolo della Bandita), secondo fonti bene informate il leader cinese sarebbe salito su Monte Pellegrino, indisturbato e non visto grazie alle strade blindate della zona, per osservare dall’alto l’area portuale. Perchè il principale business attorno alla Nuova Via della Seta dovrebbe svilupparsi proprio qui.
Del resto, i dossier presi in consegna dalla delegazione tecnica riguarderebbero principalmente i porti di Palermo e Porto Empedocle, gli aeroporti di Palermo e Catania e i siti nei quali realizzare resort adeguati agli standard del turismo cinese di fascia alta.
In dettaglio, gli interessi degli investimenti cinesi ricadrebbero sul terminal crociere del porto di Palermo (o per la sua completa realizzazione o per ottenerne in concessione uno slot) in cambio del know how sviluppato a Palermo per la gestione degli attracchi da mutuare nei porti di partenza in Cina; un nuovo terminal merci, a scelta fra il porto di Palermo e il megaprogetto dell’Eurispes alla Bandita; ottenere concessioni per slot o per creare hub in un aeroporto fra Palermo e Catania; spazi nello scalo navale di Porto Empedocle dove si farà un terminal per le forniture di gas naturale liquefatto. Oltre agli investimenti turistici, industriali e commerciali di minori dimensioni.
«Gli accordi che abbiamo firmato a Roma – spiega Geraci – per la Sicilia riguardano le infrastrutture per il trasporto delle merci e i flussi turistici. Quanto alle infrastrutture, i cinesi diffidano della burocrazia isolana, sanno che qui si complica tutto, per cui di base preferiscono agganciarsi a strutture esistenti, funzionali e moderne. Il mercato cinese delle crociere è vastissimo. Il punto di partenza è stata la meganave da poco varata da Fincantieri, la “Costa Venezia”, costruita apposta per il mercato cinese, con pochissimi spazi aperti perchè i cinesi non amano il sole. Quindi, al posto dei solarium ci sono i casinò. Adesso occorre un porto con moli e fondali adatti a ricevere le meganavi e con terminal di livello funzionale e tecnologico adeguato, e Palermo si sta attrezzando per questo».
«Quanto alle merci, l’accordo per Venezia-Trieste prevede che le meganavi, che non possono attraccare lì per dimensioni, arrivino al Pireo e trasbordino i container su navi più piccole. La scelta tra il porto di Palermo già esistente e quello della Bandita da fare dipenderà dai fondali e dalla possibilità di evitare trasbordi su navi più piccole. E comunque per loro è fondamentale avere uno scalo con efficienza e tecnologie adeguate al 2030 e con ampi spazi alle spalle per lavorare le merci in arrivo». «Porto Empedocle – prosegue Geraci – rientra nella logica di sganciarci dalla dipendenza da Usa, Tap, Libia e Tunisia per il gas».
Sul turismo, due le variabili: «L’aeroporto di Catania era partito favorito perchè in zona ci sono vari resort di livello elevato come quelli asiatici, mentre in Sicilia occidentale c’è solo il Verdura. Ma credo che la visita di Xi abbia spostato l’asse su Palermo. Servono voli diretti giornalieri per portare fino a 500 turisti al giorno e 3mila la settimana. Su questo flusso stanno valutando di realizzare resort adeguati in Sicilia occidentale».
«L’idea – spiega ancora Geraci, che ringrazia il presidente dell’Assemblea regionale siciliana Gianfranco Miccichè per l’ospitalità – ora è quella di venire a Palermo, anche con altri componenti della compagine di governo, per un incontro aperto a tutti i rappresentanti delle organizzazioni di categoria e le aziende, che si occupano di industria, turismo, commercio, moda, agricoltura per iniziare un dialogo concreto ed esplorare le varie opportunità di business che possono avere in Cina grandi, medie e piccole aziende e le potenzialità a esportare verso il mercato cinese».
«Proprio stamattina, ho incontrato il presidente di Sicindustria Alessandro Albanese – conclude – per un primo contatto affinché già nelle prossime settimane, speriamo i primi giorni di maggio, si possa realizzare questo evento per rendere produttiva, per la Sicilia, la visita a Palermo e a Roma del presidente Xi Jinping».
Intanto dopo 15 anni di trattative, oltre alla arance rosse di Sicilia, sarà possibile esportare carne suina refrigerata e congelata dall’Italia in Cina, un vasto mercato finora limitato ai prosciutti crudi e ai prodotti cotti. Mentre sono stati definiti i requisiti fitosanitari per l’esportazione di agrumi freschi dall’Italia alla Cina grazie al Protocollo firmato tra il ministro delle Politiche agricole, Gian Marco Centinaio, e l’Amministratore Generale delle Dogane della Repubblica Popolare Cinese, l’Ambasciatore Li Ruiyn. Che col ministro della Salute, Giulia Grillo, ha anche siglato il Protocollo che sancisce come detto l’apertura del mercato cinese alle carni suine italiane.