Viaggio nei Comuni al voto: Enna, l’ombra della Concorsopoli nella prima volta senza Crisafulli

Di Mario Barresi - Nostro inviato / 02 Ottobre 2020

ENNA – Doveva – e stavolta poteva davvero – essere una campagna elettorale “normale”. Non più, come cinque anni fa, un referendum (sì o no a Mirello Crisafulli) sugli ultimi trent’anni di storia della città. Ma non è così. Perché se il Barone Rosso (che è pure dimagrito e se la spassa facendo «il manager universitario» con la facoltà di Medicina romena) è di fatto uscito dal palcoscenico, pur non disdegnando il ruolo di suggeritore nel retropalco, la prima tornata elettorale dell’Enna “decrisafullizzata” piomba nell’incubo della Concorsopoli. Due fascicoli sono stati aperti dalla Procura di Enna sui concorsi all’Asp e al Comune. Da settimane non si parla d’altro. Col risultato di trovare pozzi avvelenati ovunque. E se c’è qualcuno che prova a cavarsela con un assolutorio “così fan tutti”, altri cavalcano l’onda del sospetto.

 

Senza girarci troppo intorno: il combinato disposto di queste due embrionali vicende giudiziarie è diventata la principale arma elettorale contro il sindaco uscente, Maurizio Dipietro, che punta dritto alla riconferma facendo trapelare la speranza di riuscire a vincere al primo turno. Dipietro non è neanche sfiorato dalle indagini, ma gli schizzi di fango gli arrivano per un doppio sillogismo. Il primo, scontato, è che il concorso in municipio s’è svolto sotto la sua attuale sindacatura. «Ma, al di là dell’autonomia della commissione esaminatrice, nessuno degli esclusi – è la linea difensiva dei suoi sostenitori – ha presentato ricorso, come spesso avviene in questi casi».

 

Il secondo nesso è politico-sanitario. A capo dell’Asp di Enna c’è Francesco Iudica, cognato di Raffaele Lombardo, nominato in quota Autonomisti e per forza di cose in buoni rapporti con Paolo Colianni, storico ex deputato regionale Mpa, fra i principali sponsor del “civico” Dipietro, col figlio Paolo fra gli assessori designati. Iudica, indignato per gli attacchi, rassicura tutti sulla «terzietà dell’Asp rispetto alla campagna elettorale», che doveva essere il tema di una conferenza stampa convocata ieri, poi rimandata per «impegni istituzionali» del manager.

 

Un potenziale falla in una navigazione in cui Dipietro viaggiava col vento in poppa. Tant’è che il sindaco, davanti ai cronisti, ha provato a ribaltare la prospettiva additando i tanti «figli della Enna bene» assunti alla Kore. Altri, fra i suoi, citano nomine recenti, attribuite a “fratelli di” e “mariti di”, nello schieramento avversario, all’Ersu e all’Urega. E se andassimo a ritroso? Ci sarebbe materiale per una riscrittura trasversale di mezzo secolo di storia ennese, fra entti locali, consorzi idrici, partecipate pubbliche e postifici vari. Ma la giustizia si occupa del presente e del passato prossimo. E dunque dal fronte delle ultime indagini emerge una «grande attenzione» per tutte le vicende, ma anche l’evidente scelta di non condizionare la campagna elettorale. Del resto, quella, eventuale, di voto di scambio è un’ipotesi di reato talmente complicata che ci vorrà dell’altro tempo. E i potenziali sviluppi si avranno, semmai, a risultati acquisiti.

 

L’effetto più evidente è che si sta parlando ben poco di politica e quasi per nulla di programmi. E dire che la partita di Enna è davvero gustosa, per le dinamiche e per i protagonisti. A partire da Dipietro, che si ripropone anche perché «non si lasciano le cose a metà». Chiede un altro mandato per cambiare Enna dopo averla «liberata da Crisafulli», come proclamò dopo il clamoroso ribaltone al ballottaggio nel 2015. L’avvocato è da sempre stato un uomo di sinistra (ex Ds ed ex Pd), minoranza silenziosa nella Stalingrado crisafulliana. Un nuovo flirt, da sindaco , col Pd renziano ma non se fece nulla; resta un certo feeling con Iv. Il paradosso è che, per quanto si sforzi di essere un purista del civismo, qui viene percepito come un moderato di centrodestra. E in effetti qualche pezzo dello schieramento sta con lui. A parte gli autonomisti di Colianni, nelle liste di Dipietro c’è ciò che resta di Forza Italia (con l’assessore uscente Biagio Scillia), esponenti di destra (come l’altro assessore Dante Ferrari) vicini a DiventeràBellissima, in cui l’ex forzista Ugo Grimaldi, già deputato nazionale e assessore regionale, è stato incaricato da Nello Musumeci di curare il movimento a Enna. E poi ci sono anche i renziani dell’ex deputato Mario Alloro, col figlio Francesco (coordinatore provinciale) in campo.

 

In questa pantagruelica corazzata voleva entrarci anche la Lega. Con o senza simbolo. Ma la risposta è stata un secco no. E dunque il Carroccio (che a livello regionale non l’ha presa bene) balla da solo. Candidando un consigliere uscente, Giuseppe Savoca, che, ironia della sorte è un ex del Pd (eletto in una delle liste di Crisafulli) folgorato sulla via di Matteo Salvini. Savoca, dipendente dell’Asp, rivendica l’imprimatur di «unico vero candidato di centrodestra», eppure in città pronosticano che «prenderà più voti della sua lista» per ragioni non ideologiche: «È una persona perbene».

 

Nell’intreccio di paradossi si arriva al cosiddetto candidato di centrosinistra: Dario Cardaci, ex vicesindaco e assessore, oltre che consigliere. Che ha un passato su tutt’altre sponde simpatie An, militanza nel Pdl e vicinanza all’Udc) prima di essere diventato il risolutore dei problemi di uno schieramento che s’era impantanato. Enna infatti è uno dei pochi comuni in cui s’è tentato il modello giallorosso con un tavolo ufficiale fra Pd, M5S e liste civiche. Una trattativa partita male e finita peggio. Si cercava un nome «super partes di alto profilo».

 

Sfumato il corteggiamento su Cataldo Salerno (ex presidente della Provincia, da sempre tutto anema e Kore) e senza entusiasmo unanime su Elio Galvagno (ex deputato e attuale sindaco di Centuripe), alcuni aspiranti alleati hanno provato a puntare sui propri cavalli. E così i grillini spingevano sulla consigliera comunale Cinzia Amato, mentre il presidente di Ci.Ves, Maurizio Bruno, fra i fondatori del Patto per Enna di Dipietro, riteneva di avere il curriculum perfetto di candidato civico. Com’è finita? Che il giocattolo s’è rotto prima di cominciare a giocare. E in campo ci sono sia Amato (brillante avvocata pentastellata in trincea sui temi ambientali, che sogna una città «forte, libera e donna»), sia il civicissimo Bruno, che fa suo il dolente tema dell’«emorragia della migrazione giovanile».

 

E allora il Pd? I maligni sostengono che avesse già in tasca il nome di Cardaci nel corso del conclave giallorosso. Dopo la fumata nera s’è subito materializzata la candidatura di «una persona che deve dare il senso della discontinuità con Crisafulli», la strategia sussurrata, al netto dei pettegolezzi che parlano del docente di Lettere come uno degli assessori “secretati” da Crisafulli al ballottaggio 2015. La sua matrice è moderata, con un forte legame con l’ipercuffariana Luisa Lantieri, deputata di Piazza Armenina, ex dem transitata all’Ars nel centrodestra con Ora Sicilia. Non a caso Lantieri, che i grillini mal sopportavano seduta al tavolo unitario, ha messo il suo uomo di fiducia, Antonio Cammarata, a gestire una lista. E c’è anche l’Udc, con il simbolo (pur raccogliticcio, in coabitazione con uno civico) concesso dal commissario ennese Gaetano Di Maggio.

 

La corsa di Cardaci, seppur partita in ritardo, ora impensierisce i propositi di vittoria al primo round del sindaco in carica, a cui tutti riconoscono soprattutto il “miracolo della munizza”: raccolta differenziata dal 2 al 60%, porta a porta spinto e città più pulita. «Andiamo oltre», è il refrain del professore rivale. Oltre Dipietro, che «ha amministrato senza governare», ma anche oltre il crisafullismo. Un’era dalla quale lo stesso protagonista si tira fuori: «Largo ai giovani», va ripetendo. Ma è più forte di lui: non riesce a nascondersi. Nemmeno quando in piazza si spellava le mani per applaudire il suo amico-nemico Claudio Fava, venuto a comiziare per Cardaci. Denunciando una «questione morale» di cui Mirello è esperto interplanetario. «Io sono intercettato da quando c’erano le cabine a gettoni», è una delle sue frasi-cult.

Twitter: @MarioBarresi 

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Redazione
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