Politica
Viaggio nei Comuni al voto: a Bronte l’ultima sfida di “zio Pino”, il De Mita dell’Etna
BRONTE – Macché pistacchi. Qui sono i giorni delle “bottiglie di salsa”. Da ogni casa fuoriesce un conturbante profumo di pomodoro fresco, che ribolle su enormi padelle prima di finire sotto vetro. Provviste per l’inverno, con un “vaffa” ai pelati industriali.
E anche Pino Firrarello è una conserva imbottigliata. Appena riaperta, sprigiona lo stesso gusto (che può piacere o meno) di prima. Soltanto così si spiegherebbe perché un arzillissimo ex “contadino al Senato” (per citare il titolo del suo bestseller) vuole di nuovo fare il sindaco di Bronte. Ed è lui il protagonista della contesa elettorale. Costretto, ma con una certa soddisfazione, a usare i social, quando Firrarello legge le statistiche di un video appena postato, interroga il nipote Carlo Castiglione (figlio del genero Giuseppe, ex sottosegretario alfaniano che auspica «la pacificazione del paese, parlando di progetti»), candidato in consiglio comunale in una lista di giovani e incallito spin doctor della campagna 2.0: «Ma significa che questo filmato l’hanno visto 9mila persone?». Alla risposta affermativa lo sguardo dell’ex senatore è fra il compiaciuto e il lusingato. Poi prevale la vecchia formazione dc: «Io, comunque, l’incontro con i venti artigiani lo faccio. Quelli possono essere voti veri, i clic no…».
Lo “zio Pino”, a cui non piace la sconfitta nemmeno quando gioca a tombola in famiglia, stavolta non ha nulla da perdere. E soprattutto nulla da dimostrare. In mezzo secolo di carriera (Dc, Forza Italia e Ncd) è stato un reuccio della politica regionale e un influencer di quella nazionale. Pigmalione di Angelino Alfano, persino da Arcore, talvolta, gli arrivavano richieste di consigli. Ha affrontato e superato anche i suoi guai giudiziari: dall’accusa di concorso esterno alla mafia (autorizzazione a procedere negata alla Camera) alla tangentopoli etnea (prescrizione), fino all’archiviazione del voto di scambio nel 2015. Firrarello, è ovvio, ha fatto pure il sindaco di Bronte. Tre volte: nel 1984-86 e per un decennio dal 2005. Ora ci riprova. Un ritorno al futuro.
L’incubo della restaurazione per l’altra metà di Bronte che non lo ama; il ritorno alla grandeur del pistacchio per chi continua a invocarlo come salvatore. E lui, dopo aver sondato la disponibilità di due brontesi doc (il magistrato Piero Martello e l’architetto Gigi Longhitano), già prima del rinvio per il Covid ha deciso di scendere in campo. Lo fa con l’amarcord dei vecchi accordi Dc-Psi (con lui, vicesindaco in pectore, Antonio Leanza, figlio di Turi, storico leader socialista), sostenuto da tutto il centrodestra. Da Forza Italia (in cui lui e Castiglione sono tornati), a FdI e DiventeràBellissima, in una civica anche un paio di simpatizzanti della Lega.
Sarà una sfida con il sindaco uscente Graziano Calanna. Che, al contrario, a 49 anni ha la frenesia di dover dimostrare tanto. Di aver «cambiato il paese», portandolo in cima alla lista dei beneficiari siciliani dei soldi del Patto per il Sud, oltre ad aver «risanato il bilancio». Su Calanna ci mette la faccia (e non solo) il segretario regionale del Pd, «Vinceremo questa sfida all’ultimo voto», pronostica Anthony Barbagallo. Amico di Calanna sin dai comuni trascorsi giovanili con Raffaele Lombardo. Barbagallo è stato vicinissimo al sindaco anche nella vicenda giudiziaria che ha macchiato il quinquennio: l’arresto (con 100 giorni ai domiciliari, poi cassati dalla Cassazione) per istigazione alla corruzione nell’inchiesta “Aetna”. Calanna ha chiesto e ottenuto il processo con giudizio immediato. E ora il sindaco vuole dimostrare ai suoi concittadini, prima che in in tribunale, la sua onestà.
Con lui c’è tutto il centrosinistra al completo, compreso l’Udc del commissario etneo Alessandro Porto, con il renziano Luca Sammartino che, dopo il patto di sangue sotto il Vulcano con Barbagallo, schiera le sue truppe cammellate. Unica defezione , importante nel pallottoliere locale, è quella del gruppo di Enza Meli , segretaria provinciale della Uil, schierato con Firrarello. Per l’uscente una sfilata di ministri (Peppe Provenzano e Francesco Boccia), ma anche di icone della sinistra, come Pietro Bartolo e Claudio Fava, che in piazza ha ammonito i brontesi: chi vota ancora per Firrarello è «servo del padrone». Calanna ostenta i cinque anni di buon governo e taglia nastri, reintestando il parco Nelson Mandela a San Giovanni Bosco. C’è pure lo scontro in stile don Camillo e Peppone, con la sonora cazziata di un monaco di San Vito per l’inopportuna cerimonia nel convento restaurato. E oggi si replica: riapre la chiesa del Rosario, ci sarà il vescovo.
La sfida vera è fra Firrarello e Calanna. Ma in molti si aspettano grandi cose anche da Giuseppe Gullotta. Avvocato 52enne, fratello di Salvatore (candidato sindaco nel 2015), Gullotta fu giovane assessore di Firrarello, ma soprattutto segretario particolare di Castiglione. Ora s’è messo in proprio e sta facendo la campagna elettorale più vivace all’insegna dell’«orgoglio brontese», sfidando (invano) gli altri a un confronto col suo «programma vissuto». La candidatura di Gullotta, oltre che delle simpatie del deputato regionale forzista Alfio Papale, è bardata soprattutto dal sostegno forte e chiaro di Lombardo, con l’ex sindaco Mario Zappia (commissario all’Asp di Agrigento) pancia a terra, così come gli ex grillini di Attiva Sicilia, con una delle poche liste “griffate” presentate in Sicilia. C’è lo zampino della deputata regionale Angela Foti, ma anche di Davide Russo, candidato pentastellato che cinque anni fa sfiorò il 20%.
Un altro fattore che indebolisce il M5S, che s’è subito tirato fuori – per ammirabile principio di coerenza, dopo essere stato all’opposizione – da qualsiasi tentazione di modello giallorosso con Calanna e i suoi. E adesso i cinquestelle vanno da soli, con Valeria Franco, di fatto l’unica candidata davvero di rottura, stimatissima dal viceministro Giancarlo Cancelleri. «Mi candido perché mi piacerebbe che mio figlio (un bel bimbo di 10 mesi, ndr) trovasse un paese diverso». E agli affetti più cari il M5S ha dovuto ricorrere, con i parenti a completare una lista comunque monca: 11 candidati su 16.
Una questione di famiglia. E di anagrafe. Firrarello vuole governare sotto il Castello di Nelson per il prossimo quinquennio, alla fine del quale avrà compiuto 86 anni. «Ma De Mita ne ha 92 e Mattarella 79 e Trump si ricandida a 74 anni a guidare l’America», dice con sguardo torvo a chi gli rinfaccia la carta d’identità.
Twitter: @MarioBarresi
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