Se non dovessero esserci intoppi, si voterà nella seconda metà di novembre. Ma le grandi manovre per l’“arcisindaco metropolita” di Catania sono in corso già da tempo. E, anche nelle settimane in cui la politica era sotto l’ombrellone, c’è chi non ha perso un attimo a cimentarsi in questo gigantesco Risiko, con oltre mille grandi elettori (sindaci, consiglieri comunali e presidenti di municipalità: ma dove si voterà, in un palasport?) chiamati a scegliere chi governerà la quinta super–città d’Italia. Che va dai vigneti di Passopisciaro alle ciminiere di Gela, lontani fra di loro 164 chilometri e due ore e mezza in auto. Benvenuti nella Città metropolitana: 59 Comuni già dentro (i 58 etnei più Gela), con Niscemi e Piazza Armerina che bussano alla porta di Catania.
Ed Enzo Bianco – aspirante “viceré” di un territorio che potrebbe accorpare 1,3 milioni di abitanti – ad aprire col sorriso stampato in faccia. È lui il candidato “naturale” (se la legge Delrio fosse stata recepita interamente dall’Ars sarebbe eletto senza elezioni), è lui l’uomo da battere; anche perché ha cominciato a piazzare sul tappetino i suoi “carri armati” già da un bel pezzo. E nelle ultime ore ha chiuso un patto di ferro che potrebbe risultare decisivo: quello con l’Ncd di Giuseppe Castiglione, che può contare su oltre un centinaio di grandi elettori. Con Bianco, lo scorso fine settimana, hanno discusso a lungo. «Abbiamo condiviso le strategie di un’area vasta per la quale ci battiamo entrambi da anni», ammette. Barricate opposte, che adesso – a Roma già da tempo e ora pure a Palermo – convergono nella stessa direzione. E questa liason potrebbe essere sperimentata sotto il Vulcano. «Riconosco e apprezzo la verve di qualcuno dei sindaci etnei, ma non accetto – scandisce il sottosegretario di Bronte – un ragionamento del tipo “tutti tranne Bianco”».
E poi si materializza l’endorsement: «La candidatura del sindaco della città più grande, oltre ad avere una sua naturalezza implicita, è rafforzata da autorevolezza e capacità della persona in questione». L’assessore regionale Giovanni Pistorio, da leader etneo dell’Udc, è ancora più esplicito nel sostegno a Bianco: «Questi enti si muoveranno in un contesto di fortissima competitività, soprattutto in termini di risorse. E un amministratore come Bianco, con competenza e rete di rapporti istituzionali, è un asset importante nell’avvio della città metropolitana». Il Pd e gli altri alleati del centrosinistra, più Ncd-Udc: la partita sarebbe chiusa. Ma in politica, e sotto il Vulcano in particolare, la matematica è un’opinione. E quindi la corsa del sindaco di Catania sarà comunque a ostacoli. E proprio dal partito di Bianco potrebbe partire una palla di neve che ambisce a diventare valanga. Il primo paletto arriva da Giuseppe Berretta, da sempre ai ferri corti col sindaco.
«Sulla città metropolitana – argomenta il deputato nazionale del Pd – la politica è la grande assente. Realtà lontane e problematiche come Gela, Niscemi e Piazza stanno entrando. Per fare cosa? Qual è il progetto? ». E poi l’affondo: «L’altro grande assente è il Pd, perché è in sede di segreteria provinciale che si deve discutere di tutto. Anche delle candidature. Senza dare nulla per scontato». Non è un fuoco di sbarramento, ma è tutt’altro che un via libera a Bianco. E allora in soccorso arriva Concetta Raia, dei Giovani Turchi che fa capo a Matteo Orfini e al segretario siciliano Fausto Raciti: «Ci vuole un incontro con tutto il partito, ma la candidatura di Bianco è la più naturale, oltre che quella vincente». Con una postilla: «Dovrà tenere conto di un preciso equilibrio dei territori, in termini di rappresentanza e di scelte politiche: Catania città fa 300mila abitanti, tutto il resto 900mila». Come al solito l’ago della bilancia potrebbe essere il neo renziano Luca Sammartino, che assieme a Valeria Sudano e Pippo Nicotra dispone di oltre 200 grandi elettori.
Che, contrariamente alla tesi che li vede “colonizzatori” del Pd, sono quasi tutti consiglieri senza la tessera dem. Sammartino, legatissimo al sottosegretario Davide Faraone (che non vede proprio di buon occhio l’Opa di Bianco su Palazzo d’Orléans), potrebbe frenare. O magari, su input di Palazzo Chigi e dintorni, turarsi il naso e far votare il primo cittadino etneo, con il quale ha già qualche contenzioso aperto per gli equilibri nella Giunta comunale. Si incontreranno nel fine settimana, per un faccia a faccia decisivo. «Sono da poco tornato dalle vacanze, è presto per parlare di campagna elettorale», ironizza sornione Sammartino. L’altro gruppo in stand by è quello che fra poco darà vita a Sicilia Futura, unendo le forze di ex Sicilia Democratica, Pdr e centristi: quasi 200 grandi elettori, la stima. Nicola D’Agostino e Nico Torrisi, per ora, stanno a guardare. Non vogliono “bruciare” il loro candidato più forte (il sindaco di Acireale, Roberto Barbagallo) e magari non disdegnano l’ipotesi del sindaco di Trecastagni, Giovanni Barbagallo, sostenuto dal nipote e omonimo Anthony Barbagallo, deputato regionale dem, però negli ultimi giorni più dialogante con Bianco. Ma Sicilia Futura non ha mai detto no al sindaco di Catania.
Anche perché, ufficialmente, lui non li ha mai chiamati. «Non abbiamo affrontato la questione città metropolitana – taglia corto D’Agostino – perché in questo momento siamo impegnati a capofitto nella costruzione della classe dirigente di Sicilia Futura». Che, avverte (o minaccia?) il deputato regionale acese, «conta di avere numeri sorprendenti, anche in chiave di grandi elettori per la città metropolitana». L’altra spina nel fianco di Bianco è il Megafono. Rosario Crocetta, in tema di città metropolitana, è stato una sfinge anche prima del voto consiliare nella sua Gela. Beppe Lumia si è lasciato sfuggire una preferenza dell’identikit: «Meglio un presidente territorio-centrico, piuttosto che città-centrico».
Intanto sul display del cellulare di Peppe Caudo, coordinatore provinciale del Megafono, dopo anni di assenza, compare sempre più spesso il numero di Bianco. «Stiamo sentendo i territori, non mi pare che il sindaco di Catania sia messo benissimo, perché in molti lo avvertono come uno che ha trattato gli altri con sufficienza, quasi come sudditi». Caudo non esclude alcun finale, ma conferma un nome girato in questi giorni: Totò Canzoniere, sindaco megafonista di Grammichele. «Uno di esperienza e non carrierista, che gode di stima diffusa nel Calatino, a sinistra e non solo». Un candidato-civetta? «Io non sono abituato a mettere gente nel tritacarne – sbotta Caudo – a maggior ragione se si tratta di un galantuomo come Totò». E allora, in assenza di un candidato che possa mettere d’accordo i nemici (acerrimi o tiepidi) di Bianco, ecco che l’autocandidatura del sindaco di Belpasso, Carlo Caputo, potrebbe moltiplicare come pani e pesci i 35 consiglieri del nucleo inziale del suo movimento, Rete Comune.
«Un movimento autonomo, che vuole mettere assieme tutti all’insegna della buona politica», precisa l’ex segretario provinciale del movimento di Lino Leanza. Ascolta tutti, Caputo, «da destra a sinistra». Contatti «cordiali», con i deputati dem (nomi top secret), ma anche con il leader di #DiventeràBellissima, Nello Musumeci e il segretario di Noi con Salvini, Angelo Attaguile. Che ammette: «Siamo in pochi, una trentina, ma stiamo crescendo e vogliamo misurarci con una prova di presenza». Parla con molti, Caputo. Ma non con tutti. Né con Sammartino («se lo facessi deturperei la memoria di Lino»), né con Bianco, «che non ho mai avuto la fortuna di conoscere». Ma il giovane e ambizioso sindaco di Belpasso parla anche col suo predecessore, il deputato regionale forzista Alfio Papale. E non è un caso che c’è anche l’ipotesi di un sostegno a Caputo, «come candidato trasversale di rottura», fra le quattro sul tavolo dell’incontro di domani fra i deputati nazionali e regionali di Forza Italia.
Le altre tre? Convergere su un accordo trasversale, con il sostegno «istituzionale» a Bianco, magari con l’impegno di modificare lo statuto e aprire al voto dei cittadini dopo un anno (idea che non dispiacerebbe al coordinatore regionale Enzo Gibiino); disertare le urne per protesta contro «una legge-barzelletta»; infine, lanciare una «battaglia identitaria» con un proprio candidato. E se l’europarlamentare Salvo Pogliese non esclude «nessuna delle ipotesi», il deputato regionale Marco Falcone spinge per il fai-date. Ce l’ha in casa, nella sua Mirabella Imbaccari: il sindaco Enzo Marchingiglio. E i grillini? La rappresentanza di consiglieri, pur in crescita, non è tale da essere competitiva. Il candidato naturale è l’unico sindaco a 5 Stelle: il gelese Mimmo Messinese. Ci sarebbe sintonia “No Muos” anche con un altro autocandidato già in pista: Francesco La Rosa, primo cittadino di Niscemi. «Niente nomi. Ne dobbiamo discutere tutti assieme. Ma di certo Bianco non esprime una personalità e una storia che ci affascinano», chiosa Angela Foti, deputato regionale del M5S.
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