Politica
Tra intese (poche) e lunghi coltelli (tanti) in Sicilia è ressa per un posto alle Europee
CATANIA – I giochi si sono aperti. E, al netto di ciò che succederà in questa settimana (che in ambienti grillo-leghisti definiscono «cruciale») a Roma con la manovra, anche in Sicilia è già tempo di Europee.
Tutti i partiti sono in movimento. Ma ci sono prima due nodi da sciogliere. A loro volta intrecciati a vicenda. Perché riguardano entrambi la legge elettorale.
A fine mese, infatti, la Corte costituzionale si pronuncerà su un ricorso di Fratelli d’Italia contro lo sbarramento nazionale del 4% sulle liste per eleggere eurodeputati. Sul tema la Consulta si è già espressa nel 2010 e nel 2015 ritenendo inammissibili i ricorsi, ma stavolta è stata investita dal Consiglio di Stato il quale, dopo che il Tar aveva rigettato il ricorso, ha dichiarato «rilevante» la questione di legittimità costituzionale. La cancellazione, o magari l’abbassamento, del quorum cambierebbe lo scenario a livello nazionale, prima ancora che siciliano.
Eppure, anche se la Corte costituzionale dovesse bocciare il ricorso sulla soglia di sbarramento, a Roma c’è più di qualcuno convinto che ci sia bisogno di un “tagliando” per la legge elettorale. Il primo di tutti è Matteo Salvini che, forte del riscontro dei sondaggi, spinge per un sistema con le liste bloccate e, di fatto, eletti “nominati” dai leader. Il che è una tentazione per una parte di Pd e Forza Italia; con il Movimento 5stelle che frena, disponibile semmai a un compromesso: capolista blindato e gli altri seggi in palio con le preferenze. «Ma non è nel contratto di governo», ribatte qualcuno fra i grillini più ortodossi. Il tempo stringe. E non è detto che si arrivi a cambiare le regole delle Europee.
Le due variabili esterne condizionano anche lo scacchiere siciliano. Di tutti i partiti. Tranne il M5S. Che, come sempre, sceglierà i suoi candidati sulla piattaforma Rousseau, «con una selezione qualitativa con criteri più stringenti», dicono a Roma, ma anche con «un’attenzione maggiore all’espressione dei gruppi locali», dicono a Palermo. In questo mix c’è l’obiettivo di arrivare al 40% in Sicilia e di incassare almeno tre seggi. Uno dovrebbe essere scontato per l’uscente Ignazio Corrao, nuovo punto fermo di Luigi Di Maio in Sicilia, accanto a Giancarlo Cancelleri. Se non dovessero esserci “chiamate” romane, Corrao punterebbe al secondo (e ultimo, secondo gli attuali dogmi grillini) mandato a Bruxelles. I suoi compagni di viaggio? L’unico nome che filtra è quello dell’ex sindaco di Ragusa, Federico Piccitto. Una bella suggestione, nell’espressione dei territori, sarebbe la catanese Matilde Montaudo. Per il resto, al momento giusto, ci sarà la gara di “click”.
Ma in Sicilia è la Lega a voler giocare una partita nuova. Muscolare. E solitaria. Sembra infatti andato a male il “patto del tonno” fra Salvini e Nello Musumeci in un ristorante di Pozzallo. Non solo e non tanto per i sondaggi che nella circoscrizione delle Isole danno il Carroccio ben sopra il 20%. Il treno politico, rivelano autorevoli dirigenti siculo-leghisti è passato. Stefano Candiani, viceré salviniano di Sicilia «ha proposto un accordo programmatico al governatore, a partire dalla Regione» e la risposta percepita è che DiventeràBellissima «vuole usare la Lega come un autobus per prendersi un seggio». Ognuno per la sua strada, dunque. A meno di colpi di scena. Tant’è che si comincia a parlare di candidati. Con Salvini capolista-simbolo e in pista Fabio Cantarella (braccio destro di Candiani e assessore a Catania), ma anche altri. A partire dall’ex grillino Igor Gelarda, consigliere a Palermo, dove un nome potrebbe uscire dall’area Alemanno con Sabina Bonelli. Sfumata l’ipotesi Angelo Attaguile, ma anche quella ben più accreditata di Carmelo Lo Monte, la lista euro-leghista avrà molte sfumature di rosa. Da Messina, semmai non dovesse scendere in campo il neo-acquisto Dino Bramanti, potrebbe esserci Daniela Bruno; piace anche l’agrigentina Nuccia Palermo.
E i Nello-boys? «Il presidente oggi è un uomo di governo e non un politico in cerca di poltrone», dice chi prova a derubricare la rottura del patto elettorale con la Lega. Che sarebbe smentita, nei fatti, da solidi rapporti con il leader ma anche con Giancarlo Giorgetti, tant’è che il 22 ottobre sbarcherà in Sicilia il governatore della Lombardia, Attilio Fontana, per firmare alcuni protocolli con Musumeci. Ma, se davvero questo matrimonio con Salvini non s’avesse da fare, riprende quota il progetto al quale il senatore Raffaele Stancanelli lavora – in silenzio, incurante di flirt occasionali e sbalzi d’umore – da mesi. Ovvero quella «nuova casa del centrodestra». Che, contraddicendo la teoria leghista dell’autobus, ha solide radici nel progetto di Giorgia Meloni. La quale metterebbe Musumeci sul piedistallo dei fondatori, assieme a Giovanni Toti e Raffaele Fitto. DiventeràBellissima deciderà a fine novembre in un congresso dal quale dovrebbe uscire anche un nuovo nome del movimento. E se sarà della partita il nome ideale per le Europee, più che quello dell’assessore Ruggero Razza, fan dell’accordo con la Lega, è Enrico Trantino. Un candidato prestigioso e stimato, di cui s’era vociferato già per le Politiche prima che qualche manina meloniana lo sbianchettasse. In questo nuovo contenitore entrerebbero anche i fedelissimi (e non sono rimasti in pochi) di Raffaele Lombardo. Che, oltre a riproporre l’uscente Innocenzo Leontini (subentrato in Forza Italia a Pogliese e virtualmente a Miccichè), pescherebbe all’Ars con Carmelo Pullara pronto in pista e Roberto Di Mauro disponibile al sacrificio. E poi naturalmente i padroni di casa di FdI: l’idea di andare a Bruxelles non dispiacerebbe all’assessore regionale Sandro Pappalardo, ma anche Manlio Messina, il siciliano più vicino a Meloni, risponderebbe a un’eventuale chiamata, con la deputata Carolina Varchi come donna forte a occidente.
Quest’area proverà a drenare consensi a Forza Italia. Che, secondo un sondaggio Ipsos rivelato da Repubblica Palermo, è già stata prosciugata dall’idrovora leghista: poco sopra l’11%. Se questo fosse un dato attendibile, ci sarebbe una vera e propria ressa per l’unico seggio in palio. Con gli uscenti Giovanni La Via (Giuseppe Castiglione continua a smentire una sua partita personale) e Salvatore Cicu (s’allontana la sua candidatura a presidente in Sardegna) che rischiano di essere schiacciati da una concorrenza più che temibile. A Palermo il leader regionale Gianfranco Miccichè pensa di lanciare Giulio Tantillo (con Francesco Cascio come altro nome caldo), mentre l’ala catanese degli ex An, in una sorta di congresso virtuale, proverà la scalata al partito con l’ex parlamentare acese Basilio Catanoso. Ma, direttamente via Arcore (e a maggior ragione con una lista blindata) il candidato deluxe sarebbe il vicepresidente della Regione, Gaetano Armao, al quale guarda con favore un’area che va da Roberto Lagalla a Saverio Romano.
Un collo d’imbuto ancora più stretto nel Pd. Qui, oltre all’emorragia di consensi (partito al 14% in Sicilia nel sondaggio), le altre certezze sono davvero poche. Una di queste è l’uscente Michela Giuffrida, che ha incassato apprezzamenti trasversali per questi anni di lavoro a Bruxelles. Fra gli altri eurodeputati in carica, il sardo Renato Soru (il più votato nel 2014) avrebbe fatto sapere che non vuole ricandidarsi, mentre ben pochi segnali arrivano al Pd da Caterina Chinnici. Eppure per l’unico scranno teoricamente in palio gli aspiranti non mancano. Anche perché la partita delle Europee s’incrocia con quelle del congresso nazionale e della segreteria regionale. Oltre che con le aspirazioni di altri big. Nessuno, ad esempio, ha smentito la voce di un interessamento di Enzo Bianco, mentre sembra più fantasiosa – ma non destituita di ogni fondamento – l’idea di Leoluca Orlando, in panne a Palermo. La ricomposizione delle tribù in due blocchi costringe l’area renziana a smentire la candidatura della senatrice Valeria Sudano («Non è un’idea sul tavolo»), molto gradita a Totò Cardinale per sbloccare il seggio per Beppe Picciolo a Palazzo Madama. E allora sul tavolo – al netto di qualcuno che “provoca” Luca Sammartino, aspirante segretario regionale per interposta persona (Mirello Crisafulli), a misurarsi in prima persona – potrebbe esserci un altro accordo che sottintende una staffetta: Davide Faraone candidato forte di bandiera, liberando il seggio a Roma per Teresa Piccione. Per la felicità di Peppino Lupo, che contrariamente ad Antonello Cracolici (orfano di molti suoi ex sodali, ora Partigiani Dem), un’euro-fiche, su richiesta di Zingaretti tramite Franceschini, se la giocherebbe pure. Altra postilla: se l’accordo Faraone-Cracolici-Lupo per Baldo Gucciardi segretario regionale non dovesse essere vincente, il deputato regionale di Salemi potrebbe essere anche un nome per l’Europa. Fermo restando che l’area Emiliano, consistente in Sicilia, potrebbe dire la sua. Con uno a scelta (in quest’ordine) fra Giuseppe Antoci, Beppe Lumia e Rosario Crocetta.
Le dinamiche interne del Pd frenano anche i movimenti a sinistra. In attesa di conoscere il nome del prossimo inquilino del Nazareno (e di capire la fattibilità di un listone europeista “modello Cacciari”), l’unico nome che filtra è Luca Casarini, ex no global ora più che mai “marinaio” ong a salvare i migranti. Per la salvezza della sinistra, da qui a maggio, c’è qualche altro mese di tempo.
Twitter: @MarioBarresi
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