Totò Cuffaro: «Non rinnego nulla del passato Ma non farò né la Dc né il consigliori»

Di Umberto Teghini / 17 Gennaio 2016

CATANIA. «Sia chiaro: non rinnego nulla. Rifarei tutto alla stessa maniera e sarei pronto a scontare altri 5 anni di carcere. Sono orgoglioso di aver rappresentato il popolo siciliano… ».

 

Esclama queste parole Totò Cuffaro davanti ai cronisti che lo bloccano all’ingresso di Palazzo Platamone. Si tratta infatti della prima uscita catanese, in occasione della presentazione del libro che parla della sua vicenda giudiziaria, scritto da Simone Nastasi dal titolo “Cuffaro, tutta un’altra storia”. Dopo 5 anni di detenzione a Rebibbia, per una condanna a 7 anni per favoreggiamento a Cosa nostra e violazione di segreto, Cuffaro ha solo voglia di voltare pagina, di ricominciare. Ma da dove?

 

«Ricomincio dalla mia famiglia – afferma deciso – dalla quale non sono mai andato via, anche se siamo stati distanti: mi spiace che il il magistrato di sorveglianza ha ritenuto che non potesse esserci corresponsione di sensi fra me e mia madre, non mandandomi a vederla; ricomincio dal ricordo di mio padre, a cui non ho potuto tenere la mano mentre moriva. Ricomincio da mia moglie e dai miei figli che hanno bisogno di me. Ricomincio da coloro che mi vogliono bene».

 

Cuffaro si presenta in maglione rosso, camicia bianca e pantaloni color marrone: quasi informale il suo look, ravvivato da un sorriso provato, ma sincero. Troppo soft le sue parole, lo stimoliamo così sul discorso politico. Cuffaro sorride il suo volto s’illumina: «La politica è stata la cosa più bella della mia vita. La mia passione. Ripeto, sono orgoglioso di essere stato il presidente dei siciliani e che ho avuto qualcosa come un milione e 800 mila voti, ma questa vicenda appartiene a un’altra vita… ».

 

Qualcuno sussurra che Totò potrebbe anche raccogliere i moderati, riunendoli in una sorta di vecchia Dc. Cuffaro sgrana gli occhi ed esclama: «Io? Giammai. Se fossi un santo, se riuscissi a fare miracoli, farei rivivere la Democrazia Cristiana perché è stato un grande partito, questo sì, ma questa politica non mi appartiene, farò altro, non ne ho voglia». Scuote il capo Cuffaro prima di entrare nella sala Marchesi di Palazzo Platamone dove è già cominciata da un pezzo la presentazione del libro: «Nei cinque anni in cui sono stato in carcere – svela – la politica è cambiata, non la riconosco più. No, non tornerò. Anche perché la mia politica abbracciava la gente ed è quella che mi ha portato in carcere… ».

 

E il presunto feeling con Gianfranco Miccichè? Si blocca Cuffaro, ci guarda dritto negli occhi e spiega: «Non farò il consigliori di nessuno, né tantomeno di Miccichè… ». E sul dopo Crocetta? «Non ho idea. Spero ci sia qualcuno che ami la Sicilia almeno come l’ho amata io. Ma deve avere il coraggio di rischiare. Se fosse una donna? perché no?, non abbiamo mai avuto una donna presidente». E se il futuro presidente della Regione fosse un grillino? Cuffaro annuisce: «I grillini sono siciliani, gente che ama questa terra, anche loro hanno il diritto di esprimere idee e valutrarle… ». Una volta all’interno della sala gremita, è tutta una serie di abbracci e strette di mano. Più che la presentazione di un libro, sembra una convention politica.

 

L’avvocato Giuseppe Lipera lo tiene sottobraccio e non lo molla. Scoppia un applauso fragoroso. Lui sorride e allunga le braccia a tutti, rotea la mano per salutare coloro che gli fanno un cenno da lontano. Incrocia e saluta il senatore Giuseppe Firrarello, il senatore Salvo Fleres e l’ex assessore regionale Mario Torrisi ed esclama: “Non siamo qui per una giunta regionale, vero?… ”, e giù un sorriso. Cuffaro prende posto in prima fila e non tra i relatori e siede accanto a Mario Torrisi e Guglielmo Scammacca. Prova ad ascoltare i relatori, ma spesso deve abbassare lo sguardo per autografare i libri appena acquistati dai numerosi estimatori. In platea scorgiamo Mario Coppa (che con l’ex presidente della Regione ha tenuto una lunga corrispondenza durante la detenzione), poi Gianni Villari, il sindaco di Tremestieri Santi Rando («Non lo conosco, ma lo stimo… »), Elio Tagliaferro, Salvo Giuffrida e Angelo Spina. Fuori programma di Pippo Lo Curzio, senatore di Siracusa, che parla di amore per la politica, riscuotendo larghi consensi.

 

Ad un certo punto l’avvocato Piero Lipera, organizzatore dell’evento, interrompe il moderatore (Nicola Savoca) afferra il microfono e invita tutti ad alzarsi e applaudire «Facciamolo senza vergogna – quasi arringando la folla – Cuffaro ha scontato una pena malvagia, non abbiamo vergogna di manifestare il nostro pensiero, applaudiamo… ». A chiudere gli interventi è lo stesso Cuffaro, che sul processo è perentorio: «Non parlerò mai più del mio processo. Il mio processo appartiene alla mia coscienza e a quei siciliani che mi hanno conosciuto. E una vicenda chiusa, che mi ha procurato tanta sofferenza, quella sofferenza che poi è diventata paradossalmente feconda. La revisione? Non ha senso: il verso della storia non è scritto dalle sentenze ma solo di quello che hai nel cuore».

 

Poi Cuffaro si sofferma sull’ipocrisia: «In carcere non è possibile essere ipocriti: ti sgamano subito». Il finale non è a sorpresa: «Farò il volontario in Africa e aiuterò chi soffre nel Burundi, in un villaggio: dal 30 maggio al 20 dicembre sarò in Africa con mia moglie, che poi è quella che ha pagato più di tutti… ». Dopo i saluti si brinda con il vino di Franz Cannizzo, prodotto a Passo Pomo, e qualcuno sussurra ironicamente… «dai cannoli al vino, i tempi cambiano… ».

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Pubblicato da:
Redazione
Tag: libro processo salvatore cuffaro