Ministro Pichetto Fratin, arriva a Catania per partecipare a un evento di livello – Ecomed – che declina l’ambiente come idea di sviluppo. Ma è certo che tra gli italiani, e tra i siciliani in particolare, ci sia la consapevolezza che questi temi siano un’opportunità e non invece una fastidiosa rogna?
«La Sicilia ha pagato prezzi altissimi sul piano ambientale in tempi in cui non c’era la sensibilità ecologica oggi finalmente diffusa. L’isola ha la possibilità di diventare un hub energetico green grazie al fatto che è baricentrica nel Mediterraneo e quindi snodo di gasdotti ed elettrodotti su cui domani viaggerà l’energia rinnovabile e l’idrogeno. Inoltre, il sole siciliano è la fonte di energia rinnovabile più efficace. Bisogna utilizzarlo al meglio, senza rovinare il paesaggio ma anche senza perdere una grandissima opportunità di sviluppo».
Il Pnrr si fonda in gran parte sulla transizione ecologica. Dal Sud e soprattutto dalla Sicilia arriva però un allarme che a Roma sembra trascurato: l’incapacità di progettare e quindi di ottenere le risorse. Non c’è secondo lei il rischio di un clamoroso flop?
«Dipende da noi. Il governo nazionale è consapevole di questo rischio e sta mettendo in campo strutture e personale di supporto per gli enti locali. Dipende da voi siciliani che avete straordinarie capacità e talenti. Io sono ottimista».
A proposito di rapporti con l’Europa. Lei è appena tornato dal G7 Ambiente di Sapporo, dove s’è discusso anche della nuova frontiera Ue sulle auto elettriche. E lei ha spezzato una lancia a favore dei biocarburanti. Sono compatibili con l’obiettivo della neutralità carbonica al 2050?
«Noi siamo convinti di sì e a Sapporo abbiamo ottenuto il sostegno dai paesi più industrializzati. Ora puntiamo a riaprire il negoziato con l’Ue. Ma stiamo lavorando, con importanti risorse del Pnrr, anche per diventare leader per gli e-fuel».
Alla riconversione dei biocarburanti è legato anche il futuro del petrolchimico di Siracusa. Si ritiene soddisfatto di come s’è concluso il caso Lukoil? In Sicilia c’è ancora qualche perplessità, mista a timori…
«Non dobbiamo dimenticare cosa rischiavamo pochi mesi fa: la chiusura della raffineria e il collasso del più grande polo petrolchimico d’Italia. Abbiamo scongiurato il peggio. Ora seguiamo con attenzione la situazione per accompagnarla verso una soluzione green che assicuri assetti produttivi, livelli occupazionali e prospettive future».
Il governo ha messo una toppa su quella che nel Siracusano poteva diventare una voragine: l’irregolarità del depuratore Ias, che raccoglie i reflui di tutte le industrie, sancita anche da un’inchiesta della magistratura. Si può arrivare a un futuro in cui l’attività produttiva di quella zona sia compatibile alla tutela ambientale senza deroghe o scorciatoie?
«La vicenda del depuratore Ias viene da decenni di problematicità e criticità. Anche in questo caso il governo è riuscito ad evitare la paralisi della zona industriale e della depurazione civile dei centri attorno alle industrie. Il problema è tecnologico. Legato alle produzioni attuali e future e alle tecnologie di depurazione oggi in campo. La prospettiva ovviamente deve essere una “vera” depurazione. È questo il nostro obiettivo».
Un altro tema molto sentito, nel rapporto Italia-Ue, è quello degli edifici green. Lei ha parlato di «compatibilità sociale». Ci spiega meglio cosa intende?
«Il progetto di direttiva Ue non tiene conto delle specificità urbanistiche e storiche del nostro paese. Non si può applicare la stessa misura a un paese che ha la maggioranza degli edifici realizzati di recente e a un paese, come il nostro, che ha centinaia di migliaia di edifici antichi e sui quali intervenire è più complesso e costoso. Io dico che il nostro obiettivo è la neutralità carbonica al 2050. L’Italia deve poter gestire in questi 27 anni il processo di ambientalizzazione del patrimonio edilizio con ragionevolezza e senza che questa misura si trasformi in una patrimoniale per l’85 per cento delle famiglie italiane proprietarie della loro casa, in particolare per i meno abbienti».
Il suo ministero sta puntando molto sulle comunità energetiche come nuovo scenario dopo lo stop al superbonus, anche se sul territorio questo strumento è ancora poco conosciuto. Il decreto attende ancora l’esito dell’istruttoria da Bruxelles. Si ritiene fiducioso?
«Le comunità energetiche rinnovabili sono il futuro della generazione energetica economica, green e diffusa sui territori. Saranno oggetto anche di campagne di comunicazione per farle conoscere in tutta Italia. Sono una occasione straordinaria di evoluzione e crescita sociale oltre che economica. E per i piccoli centri sino a 5 mila abitanti ci sono finanziamenti a fondo perduto fino al 40% dell’investimento a valere sulle risorse del Pnrr. La Sicilia non deve farsi sfuggire la possibilità di autonomia energetica locale che le comunità offrono».
Le rinnovabili in Sicilia, tra criticità e opportunità, sono fonte di una polemica accesa tra Roma e Palermo. Lo stop alle autorizzazioni minacciato dal governatore Schifani, che chiede delle compensazioni “energetiche” ai grandi gruppi pronti a sfruttare le nostre risorse naturali, è un tema che merita rispetto. Gli darete l’attenzione che merita?
«Le rinnovabili sono la via maestra per la decarbonizzazione. Nessun braccio di ferro con il presidente Schifani. Io credo che si possa parlare, anche rispetto a una uniformità dei territori italiani, di compensazioni ma su ampia scala, non riferibili ad una singola regione o a un singolo comune».
La Sicilia si autodefinisce in “un’emergenza rifiuti” che dura ormai da un ventennio. Il governo regionale punta sui termovalorizzatori, ma con “stop&go” che rallentano l’iter. Li ritiene necessari per la nostra Isola?
«Mi auguro che in Sicilia vengano realizzati i termovalorizzatori. Naturalmente la competenza è della Regione Sicilia, ma vale per tutto il nostro Paese. Noi non possiamo avere una situazione dei rifiuti come quella di diversi territori, a sud e a nord, e d’altra parte non possiamo nemmeno far pagare ai cittadini italiani il trasporto dei nostri rifiuti in Germania, dove vengono utilizzati per fare energia elettrica, e poi comprare energia elettrica, quindi far pagare ai cittadini italiani due volte la stessa cosa».
Twitter: @MarioBarresi