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Su TaoArte una guerra di secessione: “Scateno” in uscita dalla Fondazione

A Palermo l’ipotesi incompatibilità del sindaco-presidente perché deputato all’Ars. E la Regione pensa al “trasloco” degli eventi 2024

Di Mario Barresi |

Sabato sera sono saliti entrambi sul palco di Taobuk. In momenti molto diversi, grazie alla diplomatica accortezza della scaletta: uno all’inizio, l’altro alla fine. Cateno De Luca e Renato Schifani, però, si sono incrociati nella zona vip del Teatro antico. Un «distaccato saluto istituzionale», raccontano, prima dell’evento. E nemmeno quello ci sarebbe stato, se il governatore avesse saputo che il rivale alle ultime elezioni, fissandolo con sguardo di sfida, poi avrebbe detto: «Ho realizzato il sogno di fare il sindaco di Taormina, il prossimo che realizzerò è diventare presidente della Regione». Nessun accenno allo scontro in corso, anche perché «non c’è peggior sordo di chi non vuol sentire», ironizza “Scateno” con un assessore.

La secessione

La tensione è altissima. Su due diversi fronti che s’incrociano. Il primo è Taormina Arte Sicilia. Fallito il ribaltone sui pesi nel cda (finora tre consiglieri indicati dalla Regione, uno dal Comune e uno dai privati, mentre De Luca ha chiesto invano il nuovo schema 2-2-1), è partita la secessione. Il sindaco s’è ripreso i prestigiosi locali dell’ex Pretura: interrotto il comodato d’uso trentennale alla Regione. «Non possiamo essere ospiti a casa nostra: il Comune esce dalla Fondazione». Oggi alle 18 il consiglio, convocato d’urgenza, è chiamato a votare sulla proposta. L’opposizione, con la capogruppo di “Noi, Taormina”, Francesca Gullotta (già vice di Mauro Bolognari, defenestrato da “Scateno”), annuncia le barricate. «Il Festival del cinema, erede della Rassegna nata nel 1955, è parte della nostra storia: come si può pensare di distruggere tutto ciò?». Ma De Luca è un rullo compressore. E così, fra una raffica di blitz nelle spiagge e una notte brava in discoteca, il sindaco, forte di una maggioranza blindata a Palazzo dei Giurati, prepara l’addio a TaoArte, di cui peraltro per statuto è presidente. Gli sherpa di Palazzo d’Orléans hanno però sott’occhio una legge regionale, la 29/1951, per cui «i deputati regionali non possono, successivamente all’insediamento nella carica, ricoprire ex novo, la qualità di presidente, rappresentante legale, amministratore, consigliere, dirigente, consulente di società o enti diversi da quelli territoriali, che beneficiano di sostegno economico o finanziario da parte della Regione». Quindi De Luca, seppur sindaco, da deputato all’Ars sarebbe incompatibile col ruolo in TaoArte. È anche per questo motivo segreto che vuole lasciarla?

Nuova sede per TaoArte?

A ogni modo, la rottura di “Scateno” è fra i dossier più rognosi sul tavolo di Schifani. Fino al punto di ipotizzare, in un colloquio riservato con l’assessora al Turismo, Elvira Amata, un piano B per la prossima stagione. «Se il sindaco tira ancora la corda, si spezza. E non è detto che nel 2024 la Regione non possa spostare gli eventi di TaoArte – è l’indiscrezione che filtra – in uno degli altri prestigiosi siti archeologici di cui la Sicilia è piena». Minaccia o scenario possibile? «Il brand Taormina Arte è del Comune e resterà a noi», anticipa intanto il sindaco ai suoi.Ma il caso Taormina – ed ecco il secondo fronte: la gestione del Teatro antico – è già agli atti a Palermo. “Scateno” ha inviato al governatore e al presidente dell’Ars, «dopo averlo consegnato ad alcuni assessori», un emendamento al collegato della finanziaria regionale, già votato in commissione Bilancio. Una modifica della legge 20/2000, che riguarda tutti i centri in cui ricadono Parchi archeologici regionali: riconoscere al Comune il 10% (oggi non c’è alcun provento) sui biglietti d’ingresso per le visite, «destinato al ristoro dei maggiori oneri sostenuti» per viabilità, sicurezza e decoro urbano, rifiuti. Dai dati di De Luca, per gli ingressi al Parco di Naxos-Taormina la Regione incassa 8 milioni l’anno. In atto lo sbigliettamento del Teatro antico è affidato (con un aggio del 29%) alla Aditus, la stessa società a cui il sindaco ha tolto la gestione del PalaCongressi, vincendo il ricorso al Tar presentato dai privati contro lo stop dell’affidamento. Il Teatro antico, però, è della Regione. Nella norma proposta da Sud chiama Nord (primo firmatario De Luca) c’è un altro bonus: il 20% dei proventi dei grandi eventi nei siti archeologici, da distribuire a metà fra Comuni e Parchi. A Taormina 30-40 appuntamenti, per circa 20 milioni di incassi l’anno. «La città scoppia: siamo a 20mila turisti, ma per ogni evento ci sono 4-5mila presenze aggiuntive. Come faccio – si chiede il sindaco – a gestire l’ ulteriore onere con tre vigili urbani e un bilancio in dissesto?». La norma prevede anche che i Comuni abbiano l’«utilizzo esclusivo» dei siti archeologici per 120 giorni l’anno. Scelte fin qui prese da una commissione interdipartimentale guidata da un funzionario regionale del Turismo.

La gestione “emergenziale”

Il sindaco, che minaccia un’ordinanza per vietare gli show al Teatro antico dal 1° luglio, aveva un accordo «per una gestione emergenziale» con l’assessore ai Beni culturali, Francesco Scarpinato, immortalato sui social. «Con questa esibizione – rivelano fonti influenti della Presidenza – Scarpinato s’è giocato le ultime possibilità di sopravvivere al rimpasto». L’assessore di FdI, già nella bufera per il caso Cannes fino al punto di dover cedere il Turismo ad Amata, ha marcato visita nell’ultima seduta di giunta. «Ma l’indomani stava già benissimo», annotano nel governo; e non è passata inosservata la presenza-lampo dell’assessore a Taobuk sabato sera. È sempre più una faccenda regionale. Anche perché, sostengono i fedelissimi di Schifani, «non possiamo permettere a De Luca di farsi, con le vertenze taorminesi, quattro anni di campagna elettorale verso le Regionali del 2027».Twitter: @MarioBarresiCOPYRIGHT LASICILIA.IT © RIPRODUZIONE RISERVATA

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