Politica
Siracusa verso le urne, i partiti e la forma dell’acqua
Siracusa. C’è un ex assessore di Rosario Crocetta che sta riuscendo nell’impresa di riunire tutto il centrodestra in una gioiosa macchina da guerra (civica) per sconfiggere la fortissima carneade grillina nella capitale “gialla” di Sicilia, dove il M5S veleggia dal 39% di lista delle Regionali al 55% delle Politiche. La stessa città amministrata da un giovane sindaco dem, per sua autodefinizione «più renziano di Renzi», ricandidato eppure mollato dal Pd, che gli preferisce un suo ex assessore.
Per chi non l’avesse capito, siamo a Siracusa. Un po’ terra di mezzo, un po’ mondo all’incontrario. Dopo il letargo invernale, si sprigiona la grande bellezza di un’anima greca. Che deve fare i conti con l’imminente tragicommedia delle urne.
Quello che succede nel Pd sembra un testo di Sofocle. Il sindaco uscente, Giancarlo Garozzo, si ricandida («In cinque anni lavori per 77 milioni», l’ultimo spot di rivendicazione) ma ha già perso da tempo l’appoggio del suo partito, oltre che pezzi di giunta e di maggioranza. Il Pd ufficiale sta con un altro candidato: Fabio Moschella, noto imprenditore agricolo, assessore al suo ramo proprio di Garozzo. Lanciato da liste civiche, Moschella ha il sostegno dei big siracusani del partito, pur malconci dopo le ultime esperienze alle urne: da Bruno Marziano a Sofia Amoddio ed Marika Cirone Di Marco. Fra i big sponsor, dopo la “pax” col deputato-delfino Giovanni Cafeo, c’è anche Gino Foti, intramontabile ex dc e arzillo spin doctor del “Garozzo I”. Insomma, quelli del Pd ci sono tutti. Ma non è ancora dato sapere se col simbolo. Che spetterebbe però al sindaco uscente, tanto più per l’assenza di provvedimenti disciplinari dopo aver sostenuto un candidato di Ap alle Regionali.
Il primo cittadino va avanti a testa bassa, forte dell’asse col suo vice, Francesco Italia, e col presidente del consiglio, Santino Armaro. E con almeno due liste. Civiche. Garozzo è rinfrancato anche dall’ultima inchiesta sul “Sistema Siracusa”, che ha lo in parte riabilitato rispetto all’infamia del “Comune più indagato d’Italia”. Ma i suoi vecchi compagni di viaggio non ci sono più. Non c’è il Pd, tutto è cambiato.
Sembra un secolo fa. Eppure sono passati appena quattro anni. E questa è la stessa città che, il 5 marzo del 2014, accolse l’allora potentissimo neo-premier Matteo Renzi in una delle sue prime uscite ufficiali. Nella Siracusa dell’«amico Giancarlo» visitò una scuola elementare, dove i bambini, come piccoli balilla in un filmato dell’Istituto Luce, lo accolsero con l’ormai mitologico “Clap and Jump” per Matteo: Facciamo un salto, battiam le mani/ ti salutiamo tutti insieme presidente Renzi/ Muoviam la testa… Facciamo festa. Ma, seppur in piena luna di miele con gli italiani, già all’epoca c’era chi lo contestava. La più rumorosa, con un cartello con la scritta “In Italia per fare carriera si deve essere indagati” stretto fra le mani, era una donna di bassa statura con giubbottino nero: «Ci stanno massacrando di tasse e loro sono belli che si fanno le gite in tutt’Italia. Basta gli italiani si devono svegliare! Ogni giorno muore un imprenditore e loro se ne fregano, basta!», gridava. E quasi in lacrime, accerchiata dalle telecamere, confessava: «Mio marito due volte ha chiuso e io sto chiudendo la mia attività a quarant’anni…».
Quella signora, disperata e battagliera, risponde al nome di Silvia Russoniello. Che oggi – 43 anni, titolare di una sala ricevimenti a Epipoli, è la candidata sindaca del Movimento 5 Stelle. Fortemente voluta dal leader locale Stefano Zito, il deputato regionale che i suoi colleghi-portavoce all’Ars chiamano «il Genovese di Siracusa». Per il bottino di voti, oltre 18mila, superiore a quello del principino messinese del consenso. Un exploit ancora più forte all’uninominale della Camera, con le 32mila preferenze di Paolo Ficara, altro prescelto di Zito. Che, nella corsa per il Vermexio, s’è imposto sul nome di Russoniello superando anche le diffidenze di chi gli faceva sommessamente notare che l’imprenditrice, in lizza alla circoscrizione di Tiche, nel 2013 incassò 82 voti. «Una candidata perfettamente in linea con le nostre scelte. Nemmeno io, cinque anni fa, ero un nome noto», la difende il deputato, che ha incoronato l’aspirante sindaca proprio nel giorno della festa per la vittoria alle Politiche. Seppellendo, fra spumante e salatini, le vociferate proposte di Carlo Gradenigo (ambientalista di Sos Siracusa) e di Giovanni Napolitano, espressione del secondo meetup cittadino.
I grillini qui sono forti e radicati. «Ma le Comunali sono un’altra partita», scandiscono loro stessi. Quasi un’implicita ammissione del timore di una concorrenza agguerrita. Quella del centrodestra, soprattutto. Su questa sponda il “civico” Ezechia Paolo Reale – prestigioso penalista già sconfitto da Garozzo nel 2013; apprezzato assessore regionale all’Agricoltura piazzato dal compianto Lino Leanza nella giunta Crocetta – sta compiendo il miracolo di riunificare tutto il centrodestra. E anche oltre. Molti movimenti trasversali, ma anche pezzi di giunta Garozzo (certo l’ex assessore Gianluca Scrofani, sospette le recentissime dimissioni di Antonio Moscuzza) e persino l’ex “pasionaria dem”, la consigliera Simona Princiotta è tornata con Reale, con il quale si candidò cinque anni fa. L’ex assessore regionale ha incassato il convinto sostegno di Forza Italia, rompendo l’asse che Stefania Prestigiacomo aveva costruito con Foti. Nel “club” anche Enzo Vinciullo, ex deputato regionale alfaniano, che ha ha rinunciato alla candidatura in prima persona. Abbandonando pure l’ipotesi di un accordo con altri aspiranti sindaci. Il primo è l’avvocato Massimo Milazzo, re delle preferenze in consiglio all’ultima tornata. Il secondo è Giovanni Napolitano, brillante emigrato (dopo essere stato alunno del prof. Vinciullo), titolare di un’azienda di costumi negli Usa dove ha vissuto 16 anni prima di tornare a Siracusa diventando pentastellato nel meetup “Amici di Beppe Grillo”, quello eclissato da Zito. A un certo punto Vinciullo, Milazzo e Napolitano sembravano voler lanciare Gaetano Cutrufo, potente imprenditore e presidente del Siracusa Calcio. Non è andata così. Alla fine Vinciullo e Cutrufo sono con Reale; Napolitano s’è fatto un “santino social” con il simbolo della Lega; Milazzo ha mandato tutti a quel paese.
La calamita-Reale ha attirato con sé anche Fdi e movimenti sovranisti, oltre che Italiani in Movimento (passo indietro di Giuseppe Giganti). L’unico pezzo mancante è Francesco Midolo, detto “Ciccio delle rotatorie” per la sua netta impronta urbanistica quand’era assessore comunale di centrodestra, oggi leader della Lega a Siracusa. L’imprenditore del mitico amaro “Midò”, forte di un 5% riscontrato alle Politiche in città, continua a ripetere: «Sono in campo in prima persona». Ma gli emissari del centrodestra sono al lavoro. E qualcuno, malizioso osservatore dei social, ha notato un recente cambio nel simbolo che campeggia sul suo profilo Fb: da “Ciccio Midolo sindaco” a “Ciccio Midolo Lega Siracusa”. Staremo a vedere.
Comunque, quella di Reale è una corazzata. Le liste a suo sostegno non si contano più e l’effetto-traino dei candidati consiglieri sarà forte. «A Siracusa sta facendo come ha fatto Musumeci», dicono al bar. Una coalizione vincente, anche a costo di imbarcare di tutto e di più. Certo, il profilo dell’avvocato, che è anche segretario dell’Isisc (Istituto Superiore Internazionale di Scienze Criminali), rappresenta una garanzia. Ma anche il governatore col pizzetto, in materia di onestà e rigore, lo è. E sappiamo tutti com’è finita con la storia degli impresentabili. Un fantasma che incombe su Siracusa, dove i palazzi (della politica, ma anche della giustizia) contengono un alto quantitativo di veleno. E la questione morale – in una città con decine di inchieste aperte sulla pubblica amministrazione, più la Gettonopoli in consiglio e la Firmopoli sulle liste del 2013 – non è certo da sottovalutare. Tanto più perché non riguarda solo il centrodestra. Tutti i partiti, però, sembrano quasi averla dimenticata, sciogliendosi nella forma dell’acqua civica. Garozzo ha lanciato la sua sfida: «Un pubblico giuramento sul rifiuto dei voti di mafiosi e corrotti».
A rispondergli, oltre a Moschella, finora è stato soltanto Fabio Granata. Un altro aspirante sindaco, ex vicepresidente dell’Antimafia e protagonista, da assessore regionale, di una florida stagione per i beni culturali. Granata è in campo con due liste: la sua “Oltre-Siracusa 2018” (con citazione prattiana di Corto Maltese nel simbolo) e #DiventeràBellissima. Quest’ultima su gentile concessione di Nello Musumeci, riconoscente a uno dei primi fondatori del movimento, con l’ex sindaco Roberto Visentin al lavoro con alcuni pezzi della destra sociale siracusana. Granata ha una bella squadra di assessori designati e il programma più completo e ambizioso: «Rigenerare Siracusa». Ma l’ex finiano detestato da Silvio Berlusconi è in parte vittima di un male che gli avversari invocano come cura: il civismo. Che, in tempi di antipolitica monopolizzata dai 5stelle, rischia di diventare isolazionismo se non sostenuto (anche sotto mentite spoglie) dagli acchiappavoti dei partiti.
È lo stesso rischio che corre un altro ottimo candidato: Giovanni Randazzo, fratello dell’indimenticabile Ettore (presidente nazionale della Camere penali), avvocato stimato e protagonista delle encomiabili battaglie del comitato Ortigia Sostenibile. Randazzo piace alla sinistra, piace agli ambientalisti, piace agli intellettuali, piace ai professionisti e all’alta borghesia. “Lealtà e condivisione per Siracusa”, il nome della lista. Che è tutto un programma. Meraviglioso, se non resterà confinato nei manifesti. O, peggio ancora, nei salotti.
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