Palermo – La condanna del sindaco di Catania, Salvo Pogliese, per le spese pazze all’Ars quando era deputato è solo l’ultimo “siluro” che ha colpito i Comuni siciliani. C’è infatti una sfilza di primi cittadini condannati o finiti sotto inchiesta. L’allarme è scattato da tempo e nelle ultime settimane sta diventando qualcosa di più del solito “incidente di percorso” che può capitare a chi amministra.
Dalle indagini giudiziarie in giro per l’Isola emerge lo spaccato di una pubblica amministrazione permeabile alla corruzione e alle lusinghe della mafia o di certi personaggi (imprenditori, faccendieri ecc…) che hanno gioco facile ad indurre la politica in tentazione. Prendiamo il caso di Favignana, dove il sindaco Giuseppe Pagoto (frattanto sospeso dal prefetto), l’ex vicesindaco Vincenzo Bevilacqua, il comandante della polizia municipale Filippo Oliveri, e una dipendente della compagnia di navigazione Marnavi sono finiti ai domiciliari nell’ambito di un’inchiesta sull’aggiudicazione della fornitura di acqua potabile nelle isole minori, mediante navi cisterna autorizzate dal ministero della Difesa. I reati ipotizzati, a vario titolo, sono pesanti: corruzione, peculato, falso ideologico in atti pubblici, frode in pubbliche forniture, turbata libertà degli incanti e turbata libertà del procedimento di scelta del contraente, corruzione elettorale, abuso d’ufficio, smaltimento illecito di rifiuti pericolosi. A Favignana, secondo la procura di Trapani, il servizio il servizio idrico ha alimentato «un sistematico scambio di favori», con un presunto danno erariale stimato in 2 milioni di euro. Le accuse, naturalmente, saranno riscontrate in un’aula di Tribunale, ma bastano ad accendere i riflettori sulla miriade di servizi gestiti direttamente o indirettamente dai Comuni.
È qui che girano i soldi ed è qui, nella maggior parte dei casi, che si annida la corruzione. Come a Santa Caterina Villarmosa, dove il sindaco Antonino Fiaccato avrebbe creato «una gestione feudale che funzionava con appalti concessi col sistema del sotto soglia a imprese amiche dell’amministrazione». Per gli inquirenti, Fiaccato (che si è dimesso) si comportava come «un signore di epoca medioevale» distribuendo benefit e agli «amici» e «minacce velate» a chi non rispettava la sua volontà. Il sindaco di Barrafranca Fabio Accardi è invece indagato per un tentativo di corruzione con l’aggravante mafiosa. Nel Comune dell’Ennese – ha rilevato il comandante del Ros, generale di divisione Pasquale Angelosanto – l’indagine condotta, che ruota attorno all’aggiudicazione della gara per lo smaltimento dei rifiuti, «è paradigmatica dell’agire mafioso con rapporti collusivi con la pubblica amministrazione». Tra gli altri annotiamo anche i casi dei sindaci di Castellammare del Golfo e Casteldaccia, sui quali sono piombate rispettivamente le accuse di concorso esterno e corruzione.
C’è di più. In Sicilia ci sono 13 Comuni sciolti per mafia (Bompensiere, Camastra, Maniace, Mezzojuso, Misterbianco, Mistretta, Pachino, San Biagio Platani, San Cataldo, San Cipirello, Torretta, Trecastagni, Vittoria). Si tratta del numero più alto dagli anni ‘92-‘93, quando stragi e morti ammazzati erano all’ordine del giorno. Storie diverse, che in alcuni casi hanno fatto intravedere ipotesi di complotto e hanno scatenato la reazione di sindaci che si ritengono estranei alle fattispecie contestate. Storie che però s’innestano in contesti locali, dove «spesso si giocano “partite sporche”, soprattutto in campagna elettorale». È anche in questa fase che secondo Paolo Amenta, vicepresidente dell’Anci Sicilia, «si dovrebbe intervenire». Come? «Riformando il sistema delle elezioni e innovando la pubblica amministrazione. La selezione della classe dirigente è fondamentale, così come è necessaria la verifica dell’operato dei burocrati. Oggi ci sono ancora procedure medievali: la tecnologia ci può venire incontro, ma nei Comuni serve anche un turn over dei dipendenti». Nel frattempo bisogna aumentare la soglia d’attenzione sugli appalti banditi dai Comuni: «Il decreto Semplificazioni – avverte Amenta – innalza gli affidamenti sotto soglia e consente procedure negoziate senza pubblicazione di bandi. È infatti prevista la consultazione di almeno cinque operatori economici e l’applicazione del principio di rotazione degli inviti per l’affidamento di servizi e forniture pari o superiori a 150 mila euro. Ciò rende più fragile la linea di demarcazione tra la velocità d’esecuzione dei servizi e la corruzione».