Sicilia, il bluff dei “Patti” miliardari: Regione e Città metropolitane al palo

Di Mario Barresi / 09 Marzo 2017

Si può sognare a costo zero, soprattutto quando le cifre in questione sono significative, seppur non proprio inedite visto che in gran parte si tratta di rimescolamenti di fondi già assegnati alla Sicilia negli scorsi anni. La cifra finale è pari a circa 3,3 miliardi di fondi “freschi”. Questo, in estrema sintesi, il dettaglio. Il Patto per la Sicilia, compreso nel cosiddetto “masterplan per il Sud” varato dal governo Renzi, indica un plafond di oltre 5,7 miliardi di euro, di cui – al netto dei 2,4 miliardi che Palazzo Chigi definisce «risorse già assegnate» nel documento firmato lo scorso 10 settembre sotto il Tempio della Concordia di Agrigento dall’allora premier assieme al governatore Rosario Crocetta – i “nuovi” fondi ammontano a 2,3 miliardi, tratti dal Fsc (Fondo sviluppo coesione), più altri 994 milioni di «altre risorse disponibili». E poi ci sono i tre Patti con le Città metropolitane, firmati sempre da Renzi con i sindaci di Palermo e Catania (il 30 aprile, in un tour de force nell’Isola che con in mezzo anche l’“inaugurazione” del viadotto Himera) e di Messina, il 22 ottobre. Per ognuna delle tre realtà lo stanziamento di nuovi fondi è di 332 milioni (in tutto un miliardo), a fronte di investimenti totali di 2,2 miliardi, comprese le «risorse già assegnate» e i «altre risorse disponibili». Dunque, per restare soltanto al flusso di finanziamenti Cipe “sbloccati” nel Fsc sull’asse Palazzo Chigi-Sicilia, siamo sull’ordine di 3,3 miliardi.

 

Ma a che punto è l’iter dei progetti che il governo nazionale pretendeva fossero «cantierabili»? Fermo. O quasi. La Regione ha compiuto un paio di passi propedeutici alla spesa delle risorse. Il primo, importante, è l’approvazione in commissione Ambiente dell’Ars, con la “benedizione” di Crocetta e dell’assessore Giovanni Pistorio, della cosiddetta legge sblocca-appalti. Fra le norme più importanti: l’ampliamento del numero dei possibili presidenti di gara, che dai 18 attuali diventano 300 (allargando la platea oltre che ai presidenti e vicepresidenti dell’Urega, ai dirigenti del genio civile, della protezione civile e altre categorie), oltre a una serie di sulla base della valutazione dei curricula; misure di incentivo o di penalizzazione per sull’espletamento delle procedure; inoltre, la possibilità di elevare la soglia degli appalti col criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa  dal milione attuale 2,5, in linea con la proposta dell’Anac.

 

In nome della «continuità» rispetto alle procedure del Patto per la Sicilia, il governo regionale ha motivato anche il prolungamento (fino al 2019) di cinque dirigenti regionali. E s’è sciolto, nonostante un paio di delibere contraddittorie il nodo sulle competenze degli interventi ambientali (oltre un miliardo, quasi la metà dei fondi del Patto per la Sicilia): sarà il presidente Crocetta, in quanto commissario del governo sul rischio idrogeologico, a essere Cdr (Centro di responsabilità) sugli interventi dell’area tematica “Ambiente”. Eppure, in una delibera di giunta dello scorso 11 gennaio si indica in capo al Dipartimento Ambiente la responsabilità sui progetti. Tant’è che il dirigente generale, Rosaria Barresi, ha chiesto di rivedere la delibera 5/2017 «per assicurare omogeneità e congruenza alle determinazioni del Governo precedentemente assunte».

 

Al di là delle competenze, il settore del rischio idrogeologico resta centrale. E l’assessore Maurizio Croce, in attesa degli ultimi aggiornamenti degli uffici, è tutt’altro che ottimista: «Al momento è stata avviata una ventina di gare su tutto il Patto per la Sicilia». Crocetta, nel corso dell’ultima visita del ministro della Coesione territoriale, Claudio De Vincenti, il 21 gennaio scorso, aveva detto: «Sono stati appaltati i primi 30 cantieri, già una decina erano partiti nel 2016 e in poche settimane saremo in condizione di mandare in appalto decine di altri cantieri, i cui lavori inizieranno in primavera».

 

De Vincenti tornerà lunedì in Sicilia. In mattinata sarà a Catania, per un “tagliando” col sindaco Enzo Bianco sul Patto di Catania anche per rompere quei «colli di bottiglia» ammessi dallo stesso premier Paolo Gentiloni nella recente visita a Palazzo degli Elefanti. Ma Croce scuote la testa: «Rispetto all’ultima visita del ministro non è cambiato nulla, né sul Patto con la Regione, né, a quanto mi risulta, in quelli con le Città metropolitane».

 

Ad onor del vero la colpa non è da addossare per intero alla Regione. «Palazzo Chigi non ha concesso l’anticipazione del 10% sulle risorse chiesto dal governo Crocetta e adesso il Dipartimento Bilancio sta cercando di reperire una parte delle somme per far partire lo stesso i progetti». La richiesta a Roma era di circa 230 milioni, l’obiettivo di Palazzo d’Orléans è di trovarne almeno 150. Che sembrano bruscolini, se paragonati ai fantastiliardi sbandierati nelle cerimonie di firma dei Patti. Il che, in filigrana, svela la distanza fra i soldi veri e quelli virtuali. E ci pone davanti a un dubbio, enorme, sul potenziale bluff dei Patti nell’Isola. Aspettando i «mille cantieri della rinascita». Finora evocati. Ma ben lontani dall’avvio.

Twitter: @MarioBarresi

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Redazione
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