Ancora qualche giorno di tempo, da consumare fra gli ultimi incontri bilaterali con gli alleati e il giuramento del governo nazionale, dopo di che si comincerà a fare sul serio. E a quel punto – fissiamolo: all’inizio della prossima settimana – i sonnolenti pomeriggi di chiacchierate sul sesso (politico) degli angeli (gli assessori) saranno soltanto un ricordo. Bello o brutto, a seconda dei punti di visti. Sì, perché Renato Schifani, che ieri a SkyTg24 ha confermato il suo ruolo di «garante dell’unità del centrodestra», dovrà infrangere il tabù del «per adesso non si fanno nomi» che finora è stata la sua provvidenziale copertina di Linus. Anche perché i nomi, nel centrodestra siciliano, girano.
Due questioni preliminari al toto-assessori. La prima è la formula matematica per i 13 posti (12 assessorati e la presidenza dell’Ars) fra i quattro partiti. C’è una soglia minima garantita: tre posti in giunta più Sala d’Ercole a FdI, tre assessori a Forza Italia, due alla Lega con la vicepresidenza e uno a testa a Nuova Dce Autonomisti. In sintesi, restano due poltrone per quattro contendenti: il quarto assessore di azzurri e meloniani e il secondo di Totò Cuffaro e di Raffaele Lombardo. L’altro cruccio di Schifani è trovare profili all’altezza per tre deleghe-chiave: l’ambitissima Salute (appannaggio di Forza Italia, col placet del governatore che s’è fatto garante con FdI in cambio della rinuncia di Gianfranco Micicchè a qualsiasi tentazione inciucista), ma anche Economia e Rifiuti ed energia.
Ed ecco il dettaglio. Partendo proprio dal partito del governatore. Che ha una sua wishlist. Per la delega sanitaria l’ideale sarebbe il medico ed ex presidente Ars Ciccio Cascio, meglio se da deputato regionale al posto di Miccichè che opterebbe per lo scranno al Senato. Ma ci sono due alternative in rosa: una, sponsorizzata dal sempre influente Riccardo Gallo (in assoluto il più vicino a Marcello Dell’Utri) è l’agrigentina Margherita La Rocca Ruvolo, presidente della commissione Sanità nell’ultima legislatura.
Ma gli allibratori azzurri nelle ultime ore quotano in vantaggio Luisa Lantieri. Stimata da Schifani (nonostante l’esperienza da assessora di Crocetta), convertita al berlusconismo da Miccichè, legatissima a Cuffaro e con altri ammiratori di peso fuori dal partito, dal leghista Sammartino al “Barone Rosso” Crisafulli. Se non per la Salute, Lantieri potrebbe essere un jolly rosa (al Lavoro?) nel mazzo presidenziale, visto che Forza Italia dovrebbe esprimere due delle quattro donne obbligatorie per legge.
Fra i desiderata del governatore c’è poi Edy Tamajo, il “Mister Preferenze” palermitano, raccomandato dal vecchio patron di Sicilia Futura, Totò Cardinale, ex renziano diventato grande elettore schifaniano. Un posto speciale, nel dream team di Schifani, è riservato a Marco Falcone. Sanata la frattura risalente alla fronda anti-Miccichè (quando l’assessore uscente si sentì tradito dall’ex presidente del Senato, riallineatosi al leader regionale), fra i due ora è un continuo scambio d’amorosi sensi. Falcone, per le «competenze», potrebbe restare alle Infrastrutture, che però è una delega pretesa da FdI.
E allora il deputato catanese potrebbe tornare utile da “tappabuchi” (in senso positivo) negli assessorati con meno nomi spendibili. A partire dall’Economia, sulla quale Schifani ha rinunciato all’idea di un tecnico di sua fiducia, profilo che invece vorrebbe mantenere per l’Energia. L’elenco di Miccichè, va da sé, è totalmente diverso: se stesso medesimo (o in alternativa la manager dell’Asp di Palermo, Daniela Faraoni) alla Salute, più il fedelissimo Michele Mancuso e Nicola D’Agostino. Quest’ultimo con un doppio valore aggiunto: coprire la casella etnea (e toglierla a Falcone) e rappresentare l’area degli ex renziani, se magari Tamajo si convincesse a barattare l’assessorato con la vicepresidenza dell’Ars. Quasi una decina di aspiranti per una dote che alla fine dovrebbe essere di tre assessori.
Anche perché Fratelli d’Italia non si sposta di un millimetro: «Quattro in giunta più il presidente dell’Ars» è la posizione su cui i coordinatori regionali, Salvo Pogliese e Giampiero Cannella andranno «a morire» con la piena copertura dei vertici nazionali del partito che, oltre a esprimere la premier, ha di fatto scelto Schifani come candidato. Fra i sovranisti la ressa (in apparenza) è minore. Perché sostanzialmente ci sono 6/7 pretendenti per 5 posti.
Ma ciò non significa che non ci siano tensioni in corso. La prima è legata al moto d’orgoglio dei meloniani di più lunga militanza: «Se Musumeci fa pure il ministro, i suoi “bellissimi” devono calare i prezzi», è la posizione che arriva soprattutto dai patrioti palermitani. Il posto più prestigioso in palio è il vertice dell’Ars: se davvero Alessandro Aricò fosse tagliato fuori per ragioni geopolitiche (il tabù dei due presidenti palermitani), sarà una corsa a due. Con il musumeciano Giorgio Assenza nelle ultime ore in vantaggio sul giovane etneo Gaetano Galvagno. Al deputato ibleo, alla sua terza legislatura, vengono riconosciute più esperienza e maggiore stima trasversale. A partire da quella, aumentata nelle telefonate degli ultimi giorni, di Lombardo e Sammartino, che hanno tutto l’interesse di oscurare l’ambizioso astro nascente sotto il Vulcano. Ma Galvagno si fa forte del suo legame strettissimo con Ignazio La Russa, suo principale sponsor oltre che modello politico da emulare.
Il deputato di Paternò corre però un rischio: puntare tutte le fiches sull’Ars, restando senza assessorato col contentino del ruolo di capogruppo. Anche perché la concorrenza è serrata per le quattro deleghe chieste da FdI a Schifani. L’incrocio più semplice fra domanda e offerta riguarda la musumeciana Giusi Savarino, che, da ex presidente della commissione di merito, dovrebbe andare al Territorio e Ambiente. Con Aricò confermato alla Formazione e altri due assessorati pesanti da assegnare: le Infrastrutture, altro pallino dei meloniani assieme al Turismo (che però rivendica pure Forza Italia), in alternativa alle Attività produttive. Qui c’è in palio il premio di consolazione per lo sconfitto (Turismo a Galvagno o Attività produttive ad Assenza) del derby per l’Ars, oltre che un posto per la capogruppo uscente Elvira Amata, seconda donna che il partito con più assessori dovrà quasi di certo esprimere.
Ma il dilemma più pesante riguarda Ruggero Razza. Sul quale ci sarebbe una “clausola di salvaguardia (vistata da Via della Scrofa) nel passaggio di consegne fra Musumeci e Schifani. Valida anche in caso di nomina dell’ex governatore a ministro. Se il postulato che tiene l’equilibrio della maggioranza è la Salute ai forzisti, l’assessore che ha gestito l’emergenza Covid potrebbe “accontentarsi” dei Trasporti. Ma le resistenze, anche dentro il partito, sono forti. «Se Renato conferma Falcone non ha scuse per dire no a Ruggero», sbottano dal Pizzo Magico.
Più scorrevole, ma non del tutto liscia, la situazione nella Lega. Con Luca Sammartino, “gemello diverso” dell’acchiappavoti palermitano Tamajo, dato per certo in giunta. Il sogno dell’ex renziano sarebbe un maxi-asessorato che unifichi Formazione e Lavoro (proprio come nella commissione presieduta all’Ars), ma serve prima un passaggio legislativo. Molto più probabile, allora, che Sammartino prenda l’Agricoltura da vice di Schifani. Una delega dal forte valore simbolico (oltre che con molti fondi e tanto potere) per chi non ha mai fatto mistero di essere un ammiratore di Cuffaro, che dal “trampolino agricolo” arrivò dritto a Palazzo d’Orléans. I leghisti dovrebbero confermare i Beni culturali. Lo stesso Sammartino gradirebbe una delle deroghe alla regola degli assessori deputati per il siracusano Giovanni Cafeo. Ma è alquanto difficile che Nino Minardo, se dovesse cedere l’Agricoltura che vorrebbe per l’ex deputato Orazio Ragusa, lasci l’altro spazio ai sammartiniani: per questo è quotato Vincenzo Figuccia, l’eletto più vicino al segretario regionale. Di fatto l’unico.
Se tutti gli alleati fossero risoluti e diretti come lo stesso Cuffaro, la giunta sarebbe già pronta da tempo. Il leader della Nuova Dc vorrebbe proprio l’Agricoltura da «affidare a un tecnico d’area di alto profilo», ma Schifani gli propone le Attività produttive. E allora l’ex governatore trova una soluzione praticabile: prenderà Famiglia e Lavoro (per Nuccia Albano) e Autonomie locali (per l’ex sindaco di Modica, Ignazio Abbate). E il cerchio sembra essere chiuso con due mini-assessorati, ma comunque strategici nella logica cuffariana.
Più cervellotico, anche per indole esistenziale, è l’approccio di Lombardo. Che, dopo aver perso il quinto deputato (nientepopodimeno che Luigi Genovese a Messina, per un riconteggio che ha premiato De Luca), è opinione diffusa che rischi di dover rinunciare a uno dei due assessorati che gli spettavano con lo stesso numero di eletti di Lega e Dc. Schifani, con una mossa di notevole raffinatezza, ha proposto al leader autonomista un “piatto unico” ma di grande sostanza: l’Economia, da destinare a uno dei pochissimi deputati col pedigree giusto. Ovvero Roberto Di Mauro, veterano di Sala d’Ercole (alla sesta legislatura), profondo conoscitore di conti e scartoffie finanziarie. Ma l’ex governatore, che comunque punta anche a una vicepresidenza Ars (magari per il nipote Giuseppe Lombardo), non vedrebbe nell’Economia un assessorato friendly dal punto di vista elettorale.
Da qui la controfferta a Schifani: un solo assessorato pesante, ma dev’essere Rifiuti ed Energia. Da assegnare proprio a quel «tecnico di alto profilo» che il governatore cerca e non trova (quasi subito sfumata l’ipotesi del dirigente Arpa Marco Lupo), che risponde all’identikit del magistrato Massimo Russo, già assessore alla Sanità. Una forte tentazione, per l’inquilino di Palazzo d’Orléans, che a quel punto forzerebbe su Falcone all’Economia. Per Miccichè, forse, lo smacco più pesante. Si vedrà.