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Sicilia assente nel governo Draghi: ed è già corsa ai posti in seconda e terza fila

Di Mario Barresi |

Catania – Dopo la lettura della lista dei ministri di Mario Draghi arriva la plastica conferma di uno scenario tanto prevedibile da essere previsto: la Sicilia è fuori dal governo. Tace il Pd, che ha perso Peppe Provenzano, non certo riciclabile con un ruolo di minore peso. E con la probabilità che il gioco delle correnti tagli fuori i siciliani anche dalle seconde e terze file, nonostante Carmelo Miceli, ad esempio, ci speri. In casa Italia Viva sfuma, com’era scontato da giorni, l’ipotesi di ministero Davide Faraone, che resterà capogruppo al Senato. L’unica, secondo i rumors romani, ad avere una chance di entrare nel governo Draghi da sottosegretaria resta la senatrice catanese Valeria Sudano. Nessun segnale di fumo dalla Lega, in cui il giorgettiano Angelo Attaguile gongola ma forse non al punto di aspirare a un posto subito. Forza Italia, sui ministri, si ferma in Campania. Ma è forse fra gli azzurri che c’è più speranza per il secondo round di nomine: circolano i nomi di Gabriella Giammanco e soprattutto di Giusi Bartolozzi.

Ma i più delusi (e i più loquaci) sono i cinquestelle. Che, oltre agli “oriundi” Alfonso Bonafede e Lucia Azzolina, perdono la ministra Nunzia Catalfo e il viceministro Giancarlo Cancelleri. Il pensiero serale di Luigi Sunseri, deputato regionale dal profilo “british”, la dice lunga sul clima: «Nessun ministro siciliano, con la nostra terra che ne esce mortificata. No, mi spiace, ma io non lo digerisco affatto». In serata ecco una posizione unitaria del gruppo dell’Ars: «Non era certo questo il governo che ci aspettavamo e che ci si aspettava soprattutto in Sicilia. Siamo delusi sia dal nome dei ministri, che dalla loro provenienza geografica. La Sicilia è stata totalmente dimenticata. Se fossimo al posto dei parlamentari siciliani a Roma non voteremmo la fiducia a questo governo Draghi». Anche l’eurodeputato Dino Giarrusso, in una diretta serale sui social, si dice «non soddisfatto», criticando l’esito di «trattative che dovevano dare ben altri risultati per il movimento e per la Sicilia». Ha gioco facile il collega, ormai ex grillino, Ignazio Corrao: «In questo “governo dei migliori” non c’è neanche un siciliano: 5 milioni di abitanti e posizione strategica unica e neanche un Alfano o un Faraone di bandiera. Niente».

In alto da sinistra Giancarlo Cancelleri, Valeria Sudano, Davide Faraone e Carmelo Miceli

E così i mal di pancia del voto di Rousseau (con la deputata regionale Jose Marano, fiera del suo no, che s’interroga ancor di più sul futuro dentro il movimento) si amplificano dopo lo showdown di Draghi. Alimentando soprattutto, fra i parlamentari nazionali, una frangia di scettici. Che magari hanno votato sì turandosi il naso, ma in caso di fughe turbo-liberiste o passi indietro sul Rdc sono pronti a sfilarsi. Fra questi Alessio Villarosa, Michele Sodano e Simona Suriano. La quale esplicita: «Se qualcuno pensa che il sostegno sia incondizionato ha inteso male». Fra i lealisti l’etneo Eugenio Saitta, che confida in una «sintesi sul tema della giustizia»

E adesso è partita la corsa ai posti di seconda e terza fila. Fuori gioco Catalfo (già sacrificata nella sala operatoria in cui è abortito il Conte-ter), Cancelleri resta in pista per mantenera una poltrona. «Anche se il fatto che Luigi (Di Maio, ndr) sia riuscito a restare alla Farnesina, lo indebolisce un po’ nel trattare posti per i suoi fedelissimi», maligna un parlamentare nazionale. Ma alla fine potrebbe spuntarla, anche al dicastero del Sud. In ballo potrebbe esserci il vicecapogruppo a Montecitorio, il messinese Francesco D’Uva, mentre crescono le quotazioni della catanese Laura Paxia, senza “sponsor” eppure molto apprezzata a Roma. E poi il “mattarelliano” Giorgio Trizzino. «Questo governo è una novità assoluta, non ci sono i vecchi canoni della territorialità», continua a ripetere il medico palermitano a chi lo chiama. Eppure, se Trizzino trovasse posto nel “governo dei Presidenti”, non sarebbe una sorpresa.

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