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L'intervista

Siccità in Sicilia, la strategia da 800 milioni dell’assessore “tecnico” all’Agricoltura Barbagallo

Le somme dal piano idrico nazionale. E il professore che ha sostituito Sammartino dall'Expo DiviNazione di Siracusa risponde all'ex presidente della Regione: «Le accuse di Musumeci? Non so cosa volesse evocare...»

Di Mario Barresi |

Lunedì, a Siracusa, nel corso di uno dei 150 (numero ufficiale, ma saranno molti di più) eventi di Expo DiviNazione, «il professore» era proprio accanto a Nello Musumeci mentre il ministro, nonché ex governatore, si sciacquava la bocca sui siciliani, «un popolo che soffre di amnesia» in materia di siccità. «La colpa delle classi dirigenti – la tesi – è palese, ma è mancata la spinta dal basso degli agricoltori». Al Vermexio l’assessore regionale all’Agricoltura, Salvatore Barbagallo, non ha fatto una grinza. «Mi sono insediato lo scorso 5 agosto. Ma sulla materia ritengo di essere preparato…», ci dice – 24 ore dopo, a freddo – il docente universitario di Idraulica agraria, appena uscito dalla riunione della Commissione politiche agricole che unisce tutti gli assessori regionali.

Si tira fuori dal banco degli imputati?«Sulla siccità non si può improvvisare. È un evento ricorrente: negli ultimi 60 anni ci sono stati almeno sei eventi siccitosi. Uno nel 1988-90 addirittura più grave finora di quello attuale, non ancora concluso. Gli unici interventi che le istituzioni pubbliche, a tutti i livelli, possono fare sono i sostegni economici: i volumi idrici che mancano sono talmente elevati che è impossibile recuperarli. Le faccio un esempio: per una sola irrigazione completa alla Piana di Catania ci vogliono 15 milioni di metri cubi, senza acqua negli invasi è impossibile farla. Quindi il governo Schifani sta innanzitutto mettendo in campo gli aiuti, a partire dallo sgravio delle cartelle esattoriali 2023: il 50 per cento è stato già dato con la manovra d’agosto, conto di arrivare all’intero importo. Poi ci sono pure i voucher per il fieno e l’indennità per i cerealicoltori».

Sono interventi-tampone. Ma quelli strutturali?«Siamo già intervenuti sul lago di Lentini, grazie all’azione del mio predecessore, l’onorevole Sammartino, con il mio apporto da consulente: in sei mesi è stato realizzato un impianto di sollevamento e a luglio scorso l’acqua dell’invaso è stata distribuita. Ma non in emergenza: con un intervento pianificato per tempo».

Ma Lentini non può dissetare tutte le campagne siciliane.«Si pongono due aspetti. Uno è di tipo organizzativo: i Consorzi di bonifica. L’altro, ovviamente, è infrastrutturale».

Sui Consorzi Musumeci le ha “augurato” che la sua riforma non venga affossata dal voto segreto all’Ars.«Nel 2014 fu fatto un tentativo, peraltro sbagliato perché divideva la Sicilia in due Consorzi, che restò lettera morta. Anche il precedente governo regionale fece una proposta di riforma, a mio parere inaccettabile. Prevedeva un’unica governance, il che significa non capire cos’è un Consorzio di bonifica. Era impensabile pensare di mettere assieme tutti gli operatori siciliani in un unico ente: una riforma sbagliata, anche perché prevedeva che i debiti venissero pagati a fronte dell’annullamento in dieci anni di qualsiasi contributo ai Consorzi. Una previsione insostenibile per i conti, ma anche in contrasto con il ruolo di interesse pubblico degli enti».

La vostra riforma è differente…«La nostra è una riforma su basi diverse. Abbiamo identificato quattro comprensori omogenei, con confini fondati sull’unitarietà di sistemi idrici e bacini idrografici. Quattro Consorzi autonomi che consentiranno di raggiungere delle economie di scala».

Non teme imboscate all’Ars, vendette fredde col voto segreto?«Non so cosa volesse evocare il ministro Musumeci. Io non voto e le regole sul voto segreto le stabilisce l’Ars e non l’assessore. Il mio compito sarà spiegare la bontà della riforma, poi l’Ars è sovrana e deciderà nel modo migliore. Dopo il passaggio, ai primi di ottobre, in commissione Attività produttive il testo sarà pronto per l’aula. Io non temo nulla».

E le infrastrutture?«Ci sono delle forti criticità sulle dighe».Come si risolvono?«Non certo, come ha proposto qualcuno, cioè ripulendo tutte le dighe siciliane: non fattibile, perché i costi della pulizia dei fondali sarebbero talmente elevati che converrebbe realizzare nuove dighe. Chi ci ha provato, nel mondo, ha sostenuto costi fino a 20 volte superiori».Allora ce le teniamo così come sono?«Cosa diversa è la pulizia delle opere di scarico e di derivazione: qui non ci sono i 5-10 milioni di metri cubi dei fondali, ma 50-100mila metri cubi che si possono dragare, facendo un’attività che in passato non è stata mai fatta. Con il presidente Schifani a breve ci confronteremo per avviare un piano di pulizia straordinaria. Poi ci sono degli interventi importanti di cui nessuno parla: quelli sulle opere di presa per aumentare il volume immesso nei serbatoi. Queste opere non sono di fatto funzionanti ed è una delle cause per cui si invasa poca acqua».

Scusi, assessore: le dighe non sono una sua competenza…«Sì, ma io dico che per distribuire acqua ho bisogno delle dighe, quindi mi interesso al loro funzionamento pur non essendo competente il mio assessorato».Però le competono le reti irrigue.«Su questo il mio predecessore ha fatto un grandissimo lavoro: allo stato attuale ci sono 250 milioni di opere in appalto o in fase di realizzazione, altri 50 milioni del programma Fsc. E poi nel piano irriguo nazionale la Sicilia ha un elenco con tutti i progetti approvati, non rigettati al mittente come accadde col precedente governo. Tutti i progetti che abbiamo presentato sono stati approvati: 800 milioni di opere finanziabili, i primi 100 milioni verranno erogati dal ministro Salvini entro 10-15 giorni».

Ma, oltre l’emergenza siccità, cosa c’è in cima alle carpette sul suo tavolo?«La siccità implica anche scelte di programmazione: entro 15-20 giorni, lo annuncerò a Siracusa, uscirà un bando per le imprese agricole con a disposizione 100 milioni, 50 della vecchia programmazione e 50 della nuova, per realizzare impianti dì desalinizzazione e laghetti aziendali per superare future siccità. Naturalmente siamo molto impegnati nel completamento del Psr e nell’avvio dellla nuova programmazione, che ora si chiama Psp: a breve decine di bandi».

E con i forestali a che punto siamo? La riforma Sammartino s’è arenata?«L’onorevole Sammartino aveva già portato avanti un disegno di legge che è stato oggetto di confronto con sindacati e organizzazioni: l’iter è un po’ più indietro rispetto a quello, più maturo, dei consorzi di bonifica. Ho già convocato i sindacati perché, appena chiudiamo l’altra legge, porterò avanti il ddl del mio predecessore. C’è una bozza ma poi bisogna fare un percorso un po’ più lungo»

Com’è la vita da assessore tecnico? Lei è stato indicato dalla Lega: sente addosso la pressione della politica?«Sono assessore da un mese e mezzo, fra siccità e G7 non ci ho fatto caso. Conosco la macchina amministrativa: nel 2010 fui direttore generale, sono stato consulente di Sammartino e ciò mi ha facilitato, ho trovato molte cose avviate. La sfida ora è quella della Sicilia “Regione della gastronomia europea 2025”: voglio realizzare una rete con Turismo e Beni culturali per mostrare al mondo non le emergenze, ma le nostre eccellenze».

A proposito: la sua nomina è frutto di una, chiamiamola così, emergenza politica: le dimissioni di Sammartino per l’inchiesta giudiziaria. Ha messo in conto che a un certo punto, magari nel 2025, la sua esperienza potrebbe concludersi perché la politica si riprenderà il posto di assessore all’Agricoltura?«Guardi, questo è l’ultimo dei miei pensieri. Sono stato chiamato dalla politica a svolgere questo ruolo, quindi, evidentemente, so bene quali possono essere i limiti di un tecnico. La mia professione è quella di docente universitario, quindi fino a quando il mio servizio sarà utile per la Regione e per il governo Schifani, sarò ben lieto di dare il mio apporto, quando e se le condizioni muteranno sarò ben felice dell’esperienza che sto svolgendo, che mi arricchisce. Alla fine sicuramente non avrò nessun rammarico».

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