Un discorso che, come lui stesso ha precisato, indica al Paese e al Parlamento «alcuni orientamenti ed avvisi» sulla strada da seguire per una ricostruzione post-pandemica dell’Italia. Sergio Mattarella parla a Montecitorio per 40 minuti, interrotto da 55 applausi, e si capisce subito che si tratta di un intervento programmatico che segnala come il neo-eletto presidente per ora non pensa minimamente alle dimissioni anticipate. Un discorso ben meno prudente di quello pronunciato nel 2015: il presidente ha acquisito esperienza e consapevolezza.
Soprattutto è stato richiamato a furor di popolo ad un secondo mandato che non chiedeva ("sono stati momenti travagliati per me") e questa volta la sua impronta è marcata. A partire da quell'elogio del Parlamento e del parlamentarismo che tanto è piaciuto all’Aula gremita e che tanto inciderà nel dibattito ormai decennale sul presidenzialismo. Mattarella non entra nel merito ma chiede in più passaggi riforme per tenere al passo dei tempi la democrazia italiana.
Si limita solo a fare la voce grossa sulla Giustizia e – ancora più grossa – sulla riforma del Csm: «occorre che la magistratura ritrovi un rinnovato rigore», ha detto fulminante il capo dello Stato. Il presidente si pone come l’unico ponte solido tra le spinte di una società che si evolve più velocemente degli apparati ed una politica che stenta a reggere il passo. Mattarella chiede più diritti per i cittadini interpretando il cambiamento del Paese. E' lui a pretendere uno sforzo di comprensione ai partiti. L'anziano presidente si presenta in questo suo bis con argomenti forti e popolari, quasi come si potrebbe immaginare la «prima" di un presidente eletto dal popolo. Incalza e conquista l’Aula con un discorso progressista attraverso il quale rimette in cima all’agenda le ferite sociali aperte, dai morti sul lavoro al necessario dialogo con gli studenti che proprio in queste ore ribollono per un uso eccessvo dei manganelli e per la riproposizione delle stagionate prove scritte alla maturità. Ma non solo. Mattarella cerca la coscienza della politica per le diseguaglianze inaccettabili, il ritardo culturale sul ruolo delle donne, l’arretratezza del sistema carcerario. Niente di nuovo, per carità. Ma fa impressione sentirlo almanaccare i disagi del Paese in un crescendo di applausi. Eppure non si ripete l’imbarazzante scena del Napolitano bis quando gli italiani videro un Parlamento plaudire «re Giorgio» che li fustigava in diretta televisiva. No, il cattolico democratico Mattarella ha fede granitica nel Parlamento e lo lusinga, lo sfida e lo motiva: proprio per tutte queste disuguaglianze, questi ritardi e colpevoli mancanze «è cruciale il ruolo delle Camere, come luogo della partecipazione. Perchè è qui – insiste il capo dello Stato – che si costruisce il consenso attorno alle decisioni che si assumono. Il luogo dove la politica riconosce, valorizza e immette nelle istituzioni ciò che di vivo cresce nella società civile». Sergio Mattarella con lucida abilità va poi a cercare il nervo scoperto dei deputati, la coscienza profonda dei tanti peones vilipesi dalle segreterie dei partiti e ridotti troppo spesso all’irrilevanza: dovete contare di più, afferma in un passaggio che alcuni hanno letto come l’unica critica al governo di Mario Draghi. E’ «necessario che, sugli atti fondamentali di governo del Paese, il Parlamento sia sempre posto in condizione di poterli esaminare e valutare con tempi adeguati. La forzata compressione dei tempi parlamentari rappresenta un rischio non certo minore di ingiustificate e dannose dilatazioni dei tempi». non manca neanche un accenno alle troppe disposizioni viste in questi due anni: sarebbe "necessario un ricorso ordinato alle diverse fonti normative, rispettoso dei limiti posti dalla Costituzione». Fin qui il bastone, ma per l’esecutivo Draghi c'è anche la carota perchè l’impianto stesso del discorso del presidente poggia solido su un europeismo senza se e senza ma. E chi meglio del premier può incarnare questo europeismo riformista che è la cifra di Mattarella? Ovviamente Mario Draghi che è fortemente impegnato, riconosce Mattarella, nella proiezione estera dell’Italia, nel superamento dell’emergenza pandemica e, soprattutto, nel «porre le basi di una nuova stagione di crescita sostenibile». Perchè è l’ora di «costruire il ruolo futuro dell’Italia, di un’Italia più giusta, più moderna e questo va fatto senza ritardi, né incertezze». L’impressione è che questa volta il presidente non abbia alcuna intenzione di fare sconti. E non abbia fretta.