Politica
Salvini apre a Draghi al Quirinale ma non al Musumeci bis
«Ma dove lo fanno il Giro d’Italia?». Sul divano della suite al quinto piano dell’hotel Nettuno, Matteo Salvini scarica la tensione torturando il telecomando. Dal balcone si abbraccia il golfo di Ognina, ma nonostante gli arrivi un sms di Nello Musumeci («è stato davvero carino»), l’orizzonte delle Regionali siciliane resta lontano. La Lega appoggia la proclamata ricandidatura del governatore? «Non mi sono ancora posto il problema», taglia corto. Pur smentendo che ci siano rapporti freddi dopo il fallito matrimonio con DiventeràBellissima. «Mi occuperò presto di Palermo e Regione, ma una roba alla volta: per ora – precisa – ci sono altre priorità. Voglio aiutare la Sicilia a fare la parte del leone sui fondi europei». Ma soprattutto ci sono quelle tre parole – il sole-cuore-amore nel tormentone salvinano dell’estate 2021 – che sembrano già slogan di una campagna elettorale che comincia proprio il giorno in cui scansa il processo a Catania: «Salute, lavoro e turismo».
La strategia, di cui parla nel colloquio con La Sicilia, è tracciata: «Lo devo sentire, chiederò a Draghi di riaprire, con rigore e prudenza, ovunque possibile». E nelle prossime ore Salvini riunirà sindaci e governatori per rafforzare il messaggio iper aperturista. «Con protocolli di sicurezza deve riaprire tutto, senza coprifuoco né vincoli di orari: ristoranti e bar al chiuso, parchi tematici, matrimoni. Tutto». Una richiesta, rivendica, che «è di tutti: io mi faccio carico dei governatori e dei sindaci del Pd, dei ristoratori del Pd…». Per la Sicilia «da lunedì per fortuna si riparte in giallo, ma c’è il turismo in difficoltà anche se ho sentito molti operatori: da luglio in poi c’è già il quasi tutto esaurito, il problema è salvare giugno dando un’immagine di salute e di libertà». Partendo dal fatto che «questo governo aveva due obiettivi: il primo è la salute e qui l’accoppiata Draghi-Figliuolo è sicuramente molto più incisiva dell’accoppiata Conte-Arcuri, il secondo è però e la ripartenza» . Un tema su cui il premier finora è stato «prudente», ma adesso l’ex ministro lo sfida: «La cosa incredibile sarebbe perdere altro tempo prezioso per non dare soddisfazione a Salvini. Perché magari qualcuno pensa che bere un caffè al bancone a Catania sia una vittoria mia e non del barista. Qui in ballo ci sono due milioni di posti di lavoro».
Ma a Roma c’è qualcuno sempre più convinto che il leader della Lega adesso punti ad accorciare la durata del governo Draghi. Per votare il prima possibile. «Non mi permetto di porre date di scadenza al presidente Draghi», frena. Ma aggiunge subito: «Se volesse fare il presidente della Repubblica avrebbe il nostro convinto sostegno». E scandisce: «Se a febbraio si candida, sa già di avere il sostegno convinto di tutta la Lega. Magari vorrà andare avanti a Palazzo Chigi». L’ex ministro giura fedeltà a SuperMario («Non ho nessuna intenzione di rinnegare una scelta d’amore fatta per il Paese, magari in casa Pd e M5S c’è chi non aspetta altro») e lo mette in guardia. Sia sull’immediato: «Le quotidiane provocazioni di Letta non sono un attacco a me, ma a Draghi, sono un problema per Draghi. Se Letta ogni santo giorno riesce a far polemica con la Lega indebolisce il governo». Sia sulla corsa al Colle: «Nel Pd hanno almeno dieci aspiranti presidenti della Repubblica. Draghi per qualcuno è ingombrante. Per me no..».
Insomma, la coabitazione con gli alleati giallorossi è sempre più complicata. Anche per i rapporti personali. «Mi ha stupito il silenzio del Pd, di Letta. Non mi aspettavo nulla sul processo, ma sulle minacce, per le quali mi ha scritto pure la Raggi, il suo silenzio è spiacevole dal punto di vista umano. Non devono dire “viva la Lega!”, ma, se ti scrivono ti faccio saltare in aria con tutta la tua famiglia, un messaggino dagli alleati (ride, ndr) di sinistra me lo aspetto, così come ho fatto io con la Boldrini sulle sue vicende di salute». Salvini interrompe il colloquio e consulta lo smartphone. «Né Conte, né di Maio, né Letta: la informo se mi scrivono, non vorrei essere smentito…».
Un altro indizio di fiato più corto del governo dei migliori? Eppure «siamo a maggio, in piena crisi economica» e «le emergenze dei prossimi mesi per me saranno sblocco dei licenziamenti, cartelle esattoriali, mutui che ripartono», depista. Anche se poi affonda, confessando: «Non è questa maggioranza che farà la riforma fiscale o quella della giustizia, sulla quale raccoglieremo delle firme per stimolare». Il lodo Cartabia già bocciato da Giulia Bongiorno? «Il ministro può avere le migliori idee del mondo, ma se sei in parlamento con Pd e M5S, per i quali chiunque passeggi per strada è un presunto colpevole, è difficile. Uno dei referendum che proponiamo è sulla responsabilità civile dei magistrati..». Ed è ovvio che anche sul tema dei migranti aumenta il potere contrattuale: «C’è una sentenza che dice che un ministro può svegliare l’Europa, adesso mi aspetto possa dare maggiore energie all’attuale ministro dell’Interno (Luciana Lamorgese, ma non la nomina, ndr) », che «magari era fin qui timoroso» e che «ora a disposizione gli elementi per intervenire». Ma come? «Faccia quello che fanno Spagna o Malta, Grecia e Francia: anche i respingimenti, se servono».
La pur smentita frenesia elettorale di Salvini potrebbe essere legata anche alla scalata di Giorgia Meloni nella leadership del centrodestra. «Son contento per lei, non soffro la sua crescita», sibila, convinto che «verrà premiata la scelta di chi si assume la responsabilità di governo in un momento così drammatico e difficile» contro «la convenienza di partito avrebbe consigliato altro». Poi rassicura: «Con Giorgia ci siamo sentiti, alla faccia dei gufi mi ha chiamato anche Berlusconi dall’ospedale: non è in gran forma, ma è stato molto carino». Insomma, il leader della Lega ostenta compattezza: «Per la festa della mamma ho fatto gli auguri alla Meloni, ci siamo sempre parlati anche nei momenti più complicati. Il fatto che ci sia stato l’ok sul centrodestra unito alle Amministrative è importante. La settimana prossima ci vediamo». Ma per le Regionali in Sicilia il tavolo del centrodestra ha il timing evocato dal segretario regionale Nino Minardo: «C’è tempo, ancora abbiamo un anno e mezzo», conferma Salvini. Che chiosa: «Ne riparleremo. Tanto io ho un processo a Palermo, quindi verrò giù più spesso…».
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