Salva Sicilia, tutti i paletti di Roma: ecco i compiti a casa per la Regione

Di Mario Barresi / 24 Dicembre 2019

CATANIA – Più che un “salva Sicilia” è quasi un “commissaria Sicilia”. Il Consiglio dei ministri, dopo un lungo e tormentato travaglio, partorisce il decreto legislativo che consente alla Regione di ripianare il disavanzo di 2,2 miliardi in 10 anni. Ma, dopo che Italia Viva s’impunta sulla necessità di «riforme senza cambiali in bianco», il percorso si complica. E il risultato finale, dopo una seduta di Consiglio dei ministri “ballerina” ma durata poco meno di un’ora dopo l’accordo di maggioranza, è un compromesso in cui l’Isola viene di fatto messa sotto tutela dal governo nazionale.

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C’è dunque il via libera alla spalmatura in dieci anni (e non di più) del «disavanzo derivante dagli effetti del riaccertamento straordinario». Ma ad alcune condizioni. La “rateizzazione”, infatti, diventerà triennale se il governo regionale entro 90 giorni non farà i compiti a casa. «Il termine più lungo di ripiano, rispetto a quello ordinario, è funzionalmente collegato – scrive Palazzo Chigi – a un accordo Stato-Regione contenente specifici impegni di riequilibrio strutturale dalla parte corrente del bilancio, in particolare attraverso la riduzione della spesa corrente. È altresì previsto – precisa la nota – che il beneficio del maggior tempo di risanamento perda efficacia laddove l’accordo di cui sopra non sia definito entro 90 giorni dall’entrata in vigore del decreto attuativo».

Ma negli otto articoli del decreto legislativo votato all’unanimità dal Cdm ieri sera ci sono anche altre restrizioni. Già previste dallo schema approvato il 21 dicembre dalla Commissione paritetica Stato-Regione, tenendo conto – si legge nella relazione tecnica – «delle osservazioni della Corte dei conti». Eppure le misure non erano state rese note in questi giorni. E, sopratutto, sono inedite nella lunga storia dell’Autonomia siciliana.

Nel contesto delle «norme di attuazione dello Statuto speciale in materia di armonizzazione dei sistemi contabili, dei conti giudiziali e dei controlli», vengono infatti introdotte due novità. La prima l’istituzione di un Collegio dei revisori dei conti, «quale organo di vigilanza sulla regolarità contabile, finanziaria ed economica della gestione della Regione Siciliana». Come se fosse un Comune qualsiasi, anche la “specialissima” Sicilia (così come le altre Regioni a statuto ordinario) sarà sottoposta a un controllo esterno. Una scelta che, si legge nella relazione, «non è più procrastinabile». L’organismo sarà composto da tre membri, sorteggiati da un albo regionale, in carica per cinque anni.

Anche le competenze di controllo della Corte dei conti regionale si allargano: oltre che rendiconto, regolamenti e attuazione di norme comunitarie, ora anche «sugli atti normativi a rilevanza esterna» e «sugli atti di programmazione comportanti spese». E poi l’obbligo, per la Regione, di avvalersi «sino al 31 dicembre 2021, di un Cassiere a cui il servizio è affidato mediante esperimento di una gara ad evidenza pubblica».

Nello Musumeci si mostra soddisfatto: «L’intesa col governo Conte ci consente di proseguire nell’azione di risanamento, avviata già due anni fa, e di contenimento della spesa, tanto che non abbiamo contratto alcun debito sin dal momento dell’insediamento. Anzi, abbiamo ridotto l’indebitamento di ben 700 milioni di euro, rispetto agli otto miliardi che abbiamo trovato. Eviteremo così – sottolinea il governatore – di effettuare tagli pesanti, che graverebbero sulle fasce più deboli della popolazione». Per il ministro degli Affari Regionali, Francesco Boccia, «la Regione autonoma siciliana e i siciliani avevano il diritto di una risposta dello Stato e la risposta e arrivata con impegni reciproci chiari. Si fa così tra persone serie che rappresentano le istituzioni indipendentemente dai colori politici di appartenenza».

Twitter: @MarioBarresi

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Redazione
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