LA COALIZIONE SPACCATA
Salta il summit di centrodestra sulla Sicilia: Meloni pronta al sì a Lagalla (senza intesa su Musumeci)
La Lega gela le speranze di La Russa. «No a forzature arroganti, si decide in Sicilia». E Forza Italia si allinea. «Tutti con Cascio, di Musumeci se ne riparla»
Sul finire di una giornata in apparenza stagnante (ma decisiva dietro le quinte), nella palude incantata del centrodestra piomba un barlume d’ottimismo. Fonti vicine a Matteo Salvini dettano alle agenzie l’inaspettata disponibilità a «un incontro» che «si può fare anche domani per superare divisioni che aiutano la sinistra». Sembra la svolta: il vertice (prima annunciato e poi smentito) con i leader di Forza Italia e Fratelli d’Italia Silvio Berlusconi e Giorgia Meloni torna all’orizzonte. E ci casca, in buona fede, anche Ignazio La Russa: «Bene la disponibilità al vertice espressa anche da fonti della Lega dopo la telefonata tra Berlusconi e la Meloni. Ora dalla disponibilità occorre passare ai fatti concreti nell’interesse dell’unità del centrodestra, a partire dalla Sicilia. Giorgia è pronta a incontrare Berlusconi e Salvini anche in conference call domani (oggi per chi legge, ndr) o, se preferiscono, giovedì mattina».
Ma la speranza di ricucire lo strappo nella coalizione sui candidati a Palermo e alle Regionali dura giusto il tempo di un chiarimento da via Bellerio: «La Sicilia in questo discorso non c’entra». Le medesime fonti leghiste scandiscono: «La nostra linea è che all’unità del centrodestra teniamo più di tutti ma siamo autonomisti e per la Sicilia decidono i siciliani, le sorti di Palermo non si decidono a Roma, Milano o Genova».
Il confronto a tre magari ci sarà, ma non riguarderà i temi siciliani. «Il cielo è azzurro», si lascia scappare nel pomeriggio un gongolante big regionale del Carroccio. La strategia di “devolution” decisionale del Capitano (sempre più indispettito dalle oscure dinamiche sicule, fra cui «i tatticismi» attribuibili agli Autonomisti, federati ma non sempre fedeli) sarebbe infatti condivisa in un asse rinnovato con Forza Italia. Fondato su un concetto: «Non si può chiudere alcun accordo che preveda il via libera oggi al bis del governatore».
In serata, dopo un lungo colloquio a Roma con il Capitano, anche il segretario regionale della Lega ci mette una pietra sopra. «I siciliani meritano rispetto: nessuno può imporre candidature senza il coinvolgimento del territorio», sillaba Nino Minardo. Con un «grazie» a Salvini, che «per primo, da vero autonomista, ha chiarito che non ci possono essere forzature arroganti». Traduzione: per la Lega non c’è alcun tavolo nazionale sulla Sicilia, né tanto meno l’ipotesi di un contemporaneo “scambio di prigionieri” che coinvolga Ciccio Cascio e Nello Musumeci. «Andiamo tutti uniti su Francesco Cascio, così vinciamo a Palermo e poi ragioniamo sulle Regionali…», l’ultima offerta di Minardo a nome di Salvini. Condivisa da Forza Italia, che ieri ha rinviato il vertice interno a Roma sul nodo candidature.
Tant’è che Gianfranco Miccichè, in attesa di istruzioni da Arcore, s’è rintanato nella sua villa di Sant’Ambrogio, presso Cefalù, per tessere con ottimismo la sua tela. Ricevendo, fra le altre, la gradita visita di Mirello Crisafulli. Altri test trasversali? «Macché, solo una chiacchierata utile a sventare alcune porcherie in corso sulla sanità», il chiaro alibi che trapela.
In FdI si prende atto che gli alleati chiedono l’uovo-Cascio oggi senza offrire alcuna garanzia sulla gallina-Musumeci domani. Meloni ne ha discusso, ieri a pranzo, con La Russa. Esito: «Giorgia s’è riservata l’ultimo giorno di tempo per decidere». Su Palermo, con ripercussioni sulle Regionali. La prospettiva, sempre più concreta, è annunciare – fra oggi e domani – l’appoggio di FdI, assieme a DiventeràBellissima, a Roberto Lagalla, in ticket con Carolina Varchi. Con lo scenario di un derby di centrodestra contro Forza Italia e Lega. E c’è chi ci spera: «Il professore, già da solo, è davanti a Cascio nei sondaggi e col nostro apporto può vincere. Se non al primo turno, di certo al ballottaggio».
Ma dentro la pausa di riflessione che s’è concessa Meloni c’è di tutto. Dalle resistenze di parte della base palermitana all’esigenza di nascondere il renziano Davide Faraone dentro l’armadio della campagna elettorale di Lagalla. Ma soprattutto una consapevolezza: quella di rompere il centrodestra, seppur indotta dalla trappola degli alleati, sarebbe una strada senza ritorno. Verso Palazzo d’Orléans. Ma anche oltre.
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