Rosario Crocetta: “Non mi dimetto e voglio una commissione d’inchiesta”

Di Redazione / 22 Luglio 2015

PALERMO – O diffonde una nota, o parla con le agenzie di stampa, o concede interviste ai giornali, oppure sfrutta radio e tv: Rosario Crocetta in questi giorni non riesce a contenere la sua rabbia esplosa dopo la pubblicazione da parte de l’Espresso di una presunta intercettazione tra lui e il suo medico Matteo Tutino in cui quest’ultimo riferendo alla Borsellino dice che «deve fare la fine del padre». E in questo momento in cui tutti chiedono le sue dimissioni, lui continua a ribadire: «Non mi dimetto». Perché – spigea – «ho un dovere di fronte agli italiani: voglio capire se questa è una democrazia compiuta o no». Lo ha detto durante la trasmissione “Effetto Notte le notizie in 60 minuti” su Radio 24.  Il presidente della Regione ha aggiunto: «Voglio capire se si dà più fiducia alle parole di un Tribunale e dei magistrati o agli eversori che vogliono far crollare la democrazia. Questa è la mia sfida. E su questo credo che ormai nel nostro Paese ci si debba mobilitare».

 

«È venuto il momento di insorgere contro queste schifezze – ha detto ancora. In un Paese democratico chi decide se una persona è colpevole non può essere un giornale che magari non vuole ammettere una bufala soltanto per mantenere la reputazione». «Se il Pd vuole partecipare al massacro di un innocente, allora vuole dire che non è in grado di tutelare le garanzie democratiche di questo Paese. Io al Governo chiedo di istituire una Commissione d’inchiesta su questa vicenda», ha concluso.

 

 Ma poi alla radio, durante la trasmissione “La zanzara” su Radio24, ha rafforzato il ragionamento:  «Qualcuno ha capito male. Non mi dimetto, manco per idea. Non posso dimettermi perchè se lo facessi darei ragione ai miei carnefici, a quelli che hanno ordito un complotto verso un Presidente che ha fatto denunce per miliardi di euro di truffe, che da sindaco ha contribuito all’arresto di centinaia di mafiosi, uno che è stato condannato a morte dalla mafia». Allora arriva fino al termine della legislatura, chiedono i conduttori Giuseppe Cruciani e David Parenzo?: «Resto fino in fondo, se qualcuno mi vuole cacciare lo faccia ma se ne assuma la responsabilità di fronte alla storia, se il Pd mi vuole cacciare lo faccia in modo istituzionale, ritiri la propria delegazione. Oppure presenti una mozione di sfiducia».

 

E poi ha parlato dei momenti di sconforti seguiti all’uscita della presunta intercettazione. «Non mi sono suicidato perché è intervenuto un procuratore perbene, Lo Voi, uno che si batte per la verità, uno apolitico. Lo ringrazio», ha raccontato ancora Crocetta a La Zanzara. «Oggi – ha aggiunto – sarei un uomo morto, infangato e forse tra qualche anno si sarebbe scoperto che avevano assassinato un uomo innocente. Ho pensato davvero di ammazzarmi e lo avrei fatto subito dopo l’uscita della notizia. Ma è arrivato il mio avvocato che mi ha preso in albergo, mi ha portato nel suo studio e mi ha detto che il procuratore stava verificando la notizia. Altrimenti sarei già un uomo morto. Piangevo, non mangiavo, non dormivo, non mi affacciavo alla finestra perché pensavo che qualcuno mi potesse guardare e mi insultasse, ho avuto paura di uscire di casa. Qualcosa di ignobile. Senza quel  giudice sarei una larva umana, è moralmente possibile tutto questo? Possiamo vivere in un paese così?». «Avevo trovato su internet – conclude – un modo veloce, sicuro, in modo che nessuno mi potesse salvare. Visto che non possiedo armi, mi sono chiesto: come mi ammazzo in modo che nessuno mi salvi? Pensavo alle tecniche che dovevo adottare per evitare l’arrivo di qualcuno, ho anche i militari sotto casa e un collaboratore vicino a me. Ma ho trovato un metodo facile, semplice. Lo avevo trovato ma non lo dico per paura delle emulazioni».

 

Nel pomeriggio poi il presidente Crocetta ha diffuso una nota: «Chiunque può sognare persino di condizionare le mie scelte, ma rimangono sogni, castelli in aria».   Crocetta commenta così le accuse di avere subito pressioni dal cosiddetto cerchio magico, di cui faceva parte il medico accusato di truffa Matteo Tutino, per le nomine del manager della Sanità.   «Il manager di Agrigento Ficarra – aggiunge – aveva molte ragioni di risentimento nei confronti di Sampieri, se è vero com’è vero che ha avuto contro di lui ben due cause che aveva già vinto di fronte al tribunale di Gela. La commissione di valutazione dei manager era composta da tre personalità indiscutibili, un magistrato, un professore della Normale di Pisa, un rappresentante dell’Agenas. Con tale  commissione io non ho mai interloquito. La selezione che viene effettuata riguarda 38 aspiranti manager. La legge ci consentiva, ed era persino opinione diffusa in Parlamento, di scegliere al di là della valutazione della commissione, all’interno della lista di diverse centinaia di ammessi dove qualche amico escluso, onestamente c’era. Non solo mio ma di tanti politici».

 

«Con Lucia (Borsellino, ex assessore alla Sanità ndr) decidiamo di attenerci rigorosamente ai risultati della commissione – spiega – e persino di restringere i criteri di selezione, escludendo dall’attribuzione dell’incarico tutti coloro che avevano ricoperto incarichi manageriali precedenti, per dare un segno di discontinuità, salvo un paio di eccezioni derivate dalla supervalutazione della segreteria tecnica dell’assessorato».


«Può essere accaduto che qualcuno si sia rivolto inutilmente e persino stupidamente a tanti, magari non intercettati, e anche al mio medico ritenendo che questi potesse condizionarmi; il Crocetta presidente, che non ascolta le sirene di alcuno, è improvvisamente nel gioco surreale degli inganni, dopo essere stato accusato di agire per due anni e mezzo in totale autonomia, diventa prigioniero del cerchio magico di potere del suo medico. – conclude – Nessuno può pensare che io abbia tradito Lucia Borsellino, per non avere riferito i desiderata di tanti, segno chiaro invece che non intendevo affatto tradirla poiché delle tante sollecitazioni pervenute, e sicuramente non dal mio medico, non ne abbiamo tenuto conto né io né lei».

 

«I rapporti di amicizia con Matteo Tutino a Palermo li hanno avuti in tanti. Anche Totò Cuffaro si rivolse a lui per dimagrire. Solo che nessuno
teorizzò che Tutino potesse influenzare le scelte di quel presidente, non essendo Totò gay. Nel mio caso, c’è l’irragionevole dubbio» ha scritto ancora Crocetta. «Ci sarebbe da morire di risate se non fosse una vicenda tragica e persino golpista – aggiunge – A Totò Cuffaro infatti rimproverarono ben altri rapporti, compreso quello della famosa clinica di Bagheria riconducibile alla mafia siciliana, che suggeriva le tariffe della sanità. Coloro che si indignano oggi, allora non si indignarono fino a chiedere la mozione di sfiducia, anche in presenza di una condanna penale. Oggi la magistratura continua a smentire tutto e ad affermare che la politica non può utilizzare inesistenti fatti giudiziari per regolare i propri conti».

 

«Non ho commesso reati, non sono influenzabile da alcuno, ho denunciato miliardi di malaffare, ho destituito dirigenti inquisiti per corruzione, ne ho persino denunciati diversi, ho abbassato gli stipendi dei dirigenti riportandoli al minimo in Italia e poi il resto verrà spiegato in Assemblea», dove giovedì il governatore riferirà ai deputati siciliani.

 

 

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