CATANIA – Nello Musumeci, in materia di rifiuti, mostra di aver maturato almeno tre profili di consapevolezza.
La prima, di più recente emersione, riguarda la discarica Valanghe d’Inverno di Misterbianco: «È stata una follia autorizzare un impianto vicino a due centri abitati, anche se all’epoca la legge non imponeva vincoli». La seconda, realistica quanto pleonastica, è che «per vent’anni in Sicilia s’è pensato più a favorire le richieste dei privati piuttosto che le esigenze del pubblico». La terza consapevolezza si trasforma in orgogliosa difesa: «Abbassamento della tensione morale sui rifiuti? È altissima. Arata non ha ottenuto alcunché da questo governo, nonostante i suoi propositi iniziali e questa è la migliore delle garanzie…».
Tre aspetti accomunati da un’unica emergenza: «Uscire dall’emergenza», in nome della quale «s’è consentito tutto e il contrario di tutto». Un tunnel lungo più di vent’anni: «La prima è stata consacrata nel 1999 dal presidente Capodicasa, del Pds, partito il cui segretario all’epoca mi pare si chiamasse Claudio Fava», è la stilettata iniziale di Musumeci. Che, per ognuna di queste consapevolezze, scandite nella conferenza stampa di ieri mattina al PalaRegione di Catania, snocciola dati, illustra soluzioni e detta la linea. Cercando conferme dallo sguardo vigile del dirigente generale del dipartimento Rifiuti, Salvo Cocina, con Ruggero Razza in tenuta da weekend, che in serata replicherà a Fava «solo dall’insediamento del governo Musumeci, sono già 11 gli impianti pubblici per i quali è stato previsto un investimento di circa 150 milioni di euro e altri ne individuerà il commissario straordinario».
La novità per certi versi più sconvolgente è il cambio di linea sulla discarica etnea di Oikos, sulla quale Musumeci rivendica «il primo atto, da deputato regionale appena eletto nel 2012 per fare chiarezza».
Ma la scorsa estate il suo governo ha allungato la vita della discarica contestata. «L’Aia era scaduta nel 2014, la Oikos aveva fatto richiesta di proroga nel 2013. La scorsa estate il dirigente, e non l’organo politico che non deve neanche esprimere parere su queste cose, l’ha concessa. La durata di dieci anni la stabilisce una legge nazionale del 2013 e non un capriccio del dirigente. Non c’è stato aumento di cubatura e l’autorizzazione vale solo per i rifiuti secchi, in modo da attenuare il disagio olfattivo».
Ma emergono dubbi sul caso Oikos, sollevato da La Sicilia alla luce delle motivazioni della sentenza con cui il tribunale di Palermo ha condannato, fra gli altri, l’ex presidente (e attuale socio) Domenico Proto, in un contesto che i giudici definiscono «vorticoso sistema di corruzione». Musumeci affronta la vicenda su due versanti. Il primo è quello della legalità. Il governatore, però, non cita la sentenza (né la richiesta di sospendere l’autorizzazione a Valanghe d’Inverno avanzata da Fava) e i tecnici del dipartimento Rifiuti ammettono che «nelle motivazioni non c’è nulla di specifico su irregolarità amministrative». Ma ci si arriva da un’altra strada: «Abbiamo costituito – rivela – un gruppo ristretto per approfondire il tema Oikos che si è insediato il 16 agosto e che è arrivato a due conclusioni. La prima è la necessità di rivolgerci all’Anac per verificare la condotta illecita accertata dalla magistratura che comporta misure straordinarie nella gestione se c’è un rischio corruttivo».
La seconda «conclusione» del gruppo ristretto (composto dal governatore, dal dirigente Cocina e dal capo di gabinetto di Palazzo d’Orleans) è che «al di là dei pareri tecnici e dirigenziali, la distanza ravvicinata dai centri abitati non può tollerare un ulteriore utilizzo dell’impianto». E dunque Musumeci che «in autotutela sono stati avviati un procedimento di revisione della Valutazione di impatto ambientale e un monitoraggio da parte dell’Arpa sulle misure olfattometriche che sarà concluso entro febbraio».
Insomma, o via Anac o via Arpa, il destino della discarica etnea (che da alcune stime di tecnici del dipartimento avrebbe comunque una “aspettativa di vita” di non più di otto mesi) sembra segnato.
Poi l’altra sfida. Titanica. «Nel sistema dei rifiuti in Sicilia dobbiamo impedire il monopolio, l’oligopolio». Un business che prolifera (non sempre esente da fenomeni di corruzione) nei ritardi della Regione. Il risultato è che oggi il 70% dei rifiuti siciliani viene conferito in impianti privati, ma Musumeci conta di «capovolgere le sorti dell’equilibrio pubblico-privato, con il 60% di impianti regionali e il 40% di discariche private».
Come? Dove? Quando? Il presidente della Regione rivendica di aver completato le procedure» per tutti i siti «ereditati dal precedente governo». Tra le operazioni già eseguite il governatore ha ricordato la sesta vasca di Bellolampo a Palermo e i due impianti già aperti a Gela e Enna e ha annunciato che sarà attivo anche quello di Melilli dopo il superamento del problema legato alla compatibilità con Piano paesaggistico. Tra i lavori annunciati, finanziati con 147 milioni, il presidente della Regione cita la settima vasca di Bellolampo e nuovi impianti a Castellana Sicula, Vittoria, Casteltermini, Trapani Nord e Sud, Ravanusa, Sciacca, Castelvetrano e Calatafimi-Segesta.
Una mappa evidentemente sbilanciata a ovest, con la Sicilia orientale orfana di alternative pubbliche per i Comuni, costretti a “bere” le condizioni (e i prezzi) dei signori delle discariche per non affogare. Ed è anche per questo che il governo regionale, «dopo aver atteso invano che ci indicassero ha commissariato le Srr, nominando Sebastiano Conti Nibali con poteri di decidere dove realizzare gli impianti in aree pubbliche, ma se c’è qualche privato, compatibilmente con i criteri tecnici, siamo pronti a verificare la fattibilità a norma di legge eventuali proposte».
C’è già un’idea sulla localizzazione dei centri di compostaggio: «Un sito nel Messinese, uno a Ragusa e uno a Siracusa e forse fra un po’ un altro a Enna». Nel Catanese previsti due impianti, per uno dei quali «guardiamo a un sito pubblico nell’area industriale, per il quale il Comune di Catania ha adottato delibera d’intesa». L’obiettivo è «che nessun camion di rifiuti debba uscire dal proprio territorio provinciale», anche perché nella riforma dei rifiuti sono previste nove Autorità di gestione.
Sulle scadenze Musumeci è laconico: «Stiamo agendo con procedure ordinarie – aggiunge in conferenza stampa Catania – e non ci vorranno sei anni come già avvenuto, pensiamo di realizzarli in tre anni. Ma le procedure sono estenuanti nelle attese». Perché, aggiunge il governatore, «il tempo è un nemico, tanto quanto la mafia».
E il cerchio si chiude con i termovalorizzatori? «Non ho pregiudizio alcuno, e più vado al Nord e meno ne ho… Ne sono previsti due nelle osservazioni del ministero dell’Ambiente, se ce li chiedono li prevederemo».
«Gode della mia incondizionata fiducia politica». Sull’inchiesta Arata Musumeci difende Alberto Pierobon, non ancora sentito dai pm che stanno svolgendo «importanti approfondimenti», a partire da un legale dello staff messo a disposizione del faccendiere leghista.
«Gli approfondimenti della magistratura sono garanzia per tutti, anche per il presidente della regione e per il governo, ma il coinvolgimento è cosa diversa», dice Musumeci. E se l’assessore ai Rifiuti fosse fra gli indagati? «La responsabilità penale è personale». Dalla giunta, comunque, al di là del j’accuse di Toto Cordaro (sentito dai pm palermitani), restano convinti che «Alberto non ha fatto nulla di penalmente rilevante», pur ammettendo che «talvolta il suo approccio da tecnico, senza la malizia politica, può far apparire un suo interesse una disponibilità di altro tipo».
E, sempre nell’ambito dell’inchiesta di Palermo, c’è una precisazione di Aurelio Angelini sul Piano regionale rifiuti. «È vero che da consulente ho contribuito alla sua redazione, ma poi, nominato presidente della commissione regionale Via-Vas, per una questione di scrupolo, mi sono astenuto dal partecipare alla sua istruttoria e alla deliberazione della Vas». Come dire: la forma è sostanza.
Twitter: @MarioBarresi