Ed è quella che viene definita «l’ultima dimostrazione oggettiva di disponibilità e di apertura» da Palazzo d’Orléans. Dove ieri Nello Musumeci ha limato il testo nei minimi dettagli, assieme al dirigente del dipartimento Rifiuti, Salvo Cocina (che lo coadiuva anche nella gestione commissariale) per dare «un segnale di leale collaborazione» dopo le contestazioni di alcuni sindaci e dell’Anci Sicilia. Tanto più che la “rivolta delle fasce tricolori”, capitanata da Palermo e Catania, ha aperto un contenzioso amministrativo. E non a caso l’ordinanza-bis di Musumeci risponde anche alla parziale sospensiva del Tar di Palermo, che – in attesa di entrare nel merito dei ricorsi di Leoluca Orlando e di Salvo Pogliese – aveva stoppato l’ipotesi di decadenza di sindaci e giunte dei Comuni che non avessero attivato i contratti con le ditte individuate dalla Regione per l’invio dei rifiuti all’estero. Nel nuovo testo, dunque, viene sospesa la “ghigliottina anti-sindaci”, che per il Tar «potrebbe determinare una gravissima situazione di conflitto istituzionale e amministrativo». Ma restano in piedi gli altri strumenti previsti, anche perché era stato lo stesso Tar a legittimare Musumeci nel «disporre tutte le misure ritenute più appropriate per realizzare, in sostituzione dei Comuni inadempienti, gli obiettivi perseguiti con l’ordinanza regionale». Il governatore-commissario, quindi, potrà ancora commissariare i sindaci. Ma a questo punto la deadline si sposta al 10 novembre. Con tre mesi di “tempi supplementari”, in cui i Comuni dovranno mettere nero su bianco il loro piano d’azione per incrementare la percentuale di differenziata ed eventualmente per smaltire, fino a quando non raggiungeranno il fatidico 30%, la quota mancante di rifiuti fuori dall’Isola. Il cronoprogramma delle amministrazioni comunali sarà sottoposto alla valutazione del dipartimento regionale dei Rifiuti.
Ma nel testo dell’ordinanza si fa anche un esplicito riferimento all’incremento degli impianti pubblici. Citando due piattaforme di raccolta già in costruzione (una a Gela e l’altra a Enna), ma soprattutto altre sei discariche per le quali è stata «avviata la progettazione esecutiva»: Palermo (Bellolampo), Castellana Sicula, Vittoria, Casteltermini e due siti a Trapani.
Un chiaro «investimento sull’impiantistica pubblica» (al quale si aggiunge l’accelerazione sul centro di compostaggio previsto a Ragusa) che dalla Presidenza, così come nei piani alti di Viale Lazio, viene considerata anche «la migliore risposta con i fatti» alle polemiche degli ultimi giorni. Con particolare riferimento all’allarme lanciato dai 5stelle sul boom di richieste di autorizzazioni ambientali per impianti privati: «Depositate centinaia di richieste sganciate dal piano rifiuti e dalla programmazione e numerose nascondono potenziali inceneritori». Un caso, rivelato ieri da La Sicilia, che s’è ingrossato anche per le ammissioni di Alberto Pierobon, che in un’audizione in commissione Ambiente all’Ars ha parlato di «Far West» nelle autorizzazioni della Regione. L’assessore ai Rifiuti ha ammesso di aver scoperto «per caso, ed è grave» delle 8-9 richieste per impianti di produzione di energia dai rifiuti, per cui «rischiavamo non solo di soddisfare la domanda interna ma anche di dover importare rifiuti addirittura dai Paesi dell’Est. Ma l’esponente del governo regionale ha anche parlato di «mascheramento tecnologico di impianti», alimentando i sospetti grillini. Nessun commento ufficiale, da Palazzo d’Orléans. Né sull’attacco del M5S, né sull’uscita di Pierobon. «Quando ha qualcosa da denunciare o segnalare, sarebbe preferibile che l’assessore lo facesse prima nelle sedi più opportune», è l’unico (gelido) spiffero che trapela, fra le secche smentite di contrasti con Musumeci. Che ai suoi chiarisce: «Differenziata e impianti pubblici, queste sono le due mosse per uscire dall’emergenza».
Twitter: @MarioBarresi