Sicilia
Regione, la Lega lavora in silenzio ma Salvini avverte: «L’ultima parola a noi»
La linea del Capitano per le candidature alla presidenza della Regione: non creare problemi ma essere la soluzione. Minardo già in preallerta. Previsto un vertice con Lombardo e il dialogo con Miccichè
Tra i due litiganti, il terzo tace. Per un riflesso condizionato pavloviano, perché Matteo Salvini ripete sempre ai suoi che «in Sicilia nulla è mai come appare». Ma soprattutto per una chiara tattica di gioco: non la “zona totale” di Sacchi, in cima al pantheon calcistico del capo, ma una più trapattoniana sequenza di difesa e contropiede.
Adesso tocca alla Lega. Che ha già negato a Nello Musumeci il green pass per la ricandidatura; e che ha reagito con freddezza alla discesa in campo di Gianfranco Miccichè. Né l’uno, né l’altro. «Per ora non è tempo di discutere di nomi», la linea ufficiale del partito. Concordata con Salvini, ancora positivo in quarantena, subissato giovedì da sms sul frullatore siculo: Forza Italia che getta nella mischia l’uomo più vicino a Silvio Berlusconi; Fratelli d’Italia che incorona in tv Carolina Varchi candidata a Palermo su mandato di Giorgia Meloni.
«Ragazzi, che sta succedendo?», si chiede (e chiede) il Capitano. Non ancora smanioso, ma di certo risoluto nel mettere mano al dossier Sicilia con una certa urgenza. Una lunga telefonata con il segretario regionale Nino Minardo, “traduttore” delle cose di casa nostra, ma anche un calendario d’impegni che, dopo il primo tampone negativo, riguarderà anche le scelte sull’Isola. Partendo sempre dalla medesima premessa: se il centrodestra manterrà l’attuale ragione sociale, la Lega rivendica il diritto di esprimere un proprio candidato per Palazzo d’Orléans. Potrebbe e dovrebbe essere proprio Minardo, che nel frattempo in silenzio ha lavorato alla pacificazione interna del partito, favorito dalla condivisione della linea ostile a Musumeci con Luca Sammartino.
Fra poco si passerà dall’attendismo all’attivismo. Innanzitutto sulla comunicazione, grazie anche ai guru dell’ex “Bestia”, da costruire in Sicilia su un doppio canale: una Lega che «agisce sui problemi concreti», con una lista di priorità da affrontare, e in contemporanea sottolineare il «valore di una classe dirigente giovane e radicata», che potrebbe anche esprimere un candidato governatore di 44 anni. Ma adesso per i leghisti siciliani ci sono alcune precise consegne: tacere, scansare i litigi, non cadere nelle provocazioni. E soprattutto, come va ripetendo il Capitano, «non creare casini alla coalizione, ma semmai diventare noi, in prospettiva, una soluzione per tutti». Persino per abbattere il muro di Cateno De Luca, che conferma di restare in lizza sia contro Musumeci sia contro Miccichè. Fra Salvini e “Scateno” il feeling non s’è mai interrotto. E magari arriverà l’ora di riparlarsi a quattr’occhi.
Poi ci sono le mosse politiche in base ai diversi scenari. Tutte, in ogni caso, con il medesimo scopo: sabotare lo sbarco trionfale di Meloni in Sicilia. Il Capitano non ha digerito la clausola non scritta dell’accordo fra la leader patriota e Musumeci («Non possiamo consegnare l’Isola a Salvini»), ma con l’alleata-nemica sarebbe disposto a stringere un unico patto di reciproca convenienza: lo scambio fra Palermo (a FdI) e la Regione (alla Lega). Per il resto, Salvini si guarda attorno. E parla con tutti. Anche con Miccichè, che ha visto per l’ultima volta poco prima di Natale. Il viceré berlusconiano racconta ai suoi di aver incassato l’interesse per «un Miccichè, uno qualsiasi, candidato», ma la versione leghista riduce la curiosità al fratello super manager, Gaetano: «Fammelo conoscere», il congedo romano di Salvini. Il dialogo c’è anche in queste ore, via sms, senza tabù neppure per il “modello Metsola” (o Ursula o Draghi, fate voi) da sperimentare magari su Palermo. Ma è un «parliamone», meno urgente dell’altro appuntamento imminente nell’agenda salviniana. Con Raffaele Lombardo, per fare il “tagliando” alla federazione Lega-Mpa. Ancor più necessario dopo la svolta in stile Partito Repubblicano di un Carroccio «partito delle autonomie nei territori». Con la consapevolezza che il peso del riabilitato Lombardo sarà decisivo nella partita a scacchi delle Regionali. Non è un caso che nel pranzo a casa del meloniano Raffaele Stancanelli sia stato proprio l’ex governatore a sondare sull’ipotesi Minardo un perplesso Miccichè. «Non è lui che dà passaporti per le candidature e non è detto che non cambi idea», sibilano in casa leghista, facendo leva sul peso che ritengono avrà il tavolo nazionale del centrodestra (o di ciò che ne resterà) sulle scelte per la Sicilia. «Al momento giusto saremo noi a dire l’ultima parola», è la certezza che Salvini ostenta. E non sembra un bluff. Twitter: @MarioBarresiCOPYRIGHT LASICILIA.IT © RIPRODUZIONE RISERVATA